Fusione tra comuni, solo una questione economica?

La Legge Del Rio (L. n. 56/2014) è il provvedimento che negli ultimi anni ha ripreso con maggiore forza il tema della fusione tra comuni in particolare fissando nuovi obblighi per le Gestioni Associate Obbligatorie dei servizi (GAO) e definendo i tratti basilari della fusione per incorporazione.

Il dibatto su questo provvedimento spesso finisce per ruotare intorno ai vantaggi o agli svantaggi organizzativi ed economici della scelta di fusione. Ma la decisione (legittimata dal voto popolare) di annettere un comune a un altro oppure di creare un nuovo comune sopprimendone altri preesistenti non è troppo semplificabile e può avere dei risvolti a più livelli.  

Sono diversi gli argomenti che vengono formulati per sostenere la scelta di fusione (al momento ancora su base volontaria), tra questi si possono citare: opportunità e vantaggi rispetto alla GAO; esigenze demografiche quali contrasto allo spopolamento e all’invecchiamento; difficoltà dei piccoli contesti nel continuare ad erogare i servizi essenziali; difficoltà nella rappresentanza; attrazione dei centri maggiori; evoluzione naturale delle Unioni di Comuni preesistenti. Tuttavia, si registrano anche aspetti critici che molti non mancano di sottolineare, quali: la diversa dislocazione degli uffici comunali; la ricollocazione del personale degli enti pubblici interessati; il parere contrario dei cittadini.

Un aspetto che spesso si perde di vista in queste analisi è quello del coinvolgimento del cittadino.

Al di là del parere richiesto mediante Referendum, qual è l’impatto della fusione tra due o più comuni sul sistema democratico e sui processi partecipativi di un territorio? La fusione rivitalizza oppure spegne ulteriormente il senso di appartenenza a un territorio e la disponibilità ad attivarsi per questo?

Sono temi di particolare attualità che sollevano interrogativi sul modo di investire nell’autogoverno delle comunità locali, di valorizzare il capitale sociale e di promuovere la rappresentanza delle comunità oltre che un nuovo il patto tra i cittadini e la propria municipalità.
Sul piano storico è interessante notare come il fenomeno delle fusioni/aggregazioni comunali non sia una novità assoluta per il nostro territorio.

56 degli attuali 206 comuni bresciani sono stati interessati (soprattutto nella prima metà del ’900) da fusioni/aggregazioni che hanno portato comuni preesistenti molto piccoli ad unirsi in un unico ente locale. Tra i comuni valsabbini coinvolti in queste fusioni dal 1861 a oggi troviamo Casto (Alone), Gavardo (Soprazzocco, Sopraponte), Pertica Alta (Livemmo, Bel Prato, Navono), Pertica Bassa (Avenone, Levrange, Ono Degno), Provaglio V.S. (Provaglio di Sopra e Provaglio di Sotto), Villanuova S.C. (Prandaglio) e Vobarno (Degagna).