04 Dicembre 2016, 09.55
Filosofia della poesia

Cosa è la Poesia e perché non è sufficiente alla Filosofia

di Dru

L'altra sera ho assistito ad una squisita conversazione, in compagnia di amici, sul tema della poesia in genere e sulla figura di Montale in particolare... siamo stati tutti rapiti dal giallo dei limoni e dal cielo a pezzi, i due massimi temi della filosofia metafisica.


...siamo stati tutti rapiti dal giallo dei limoni e dal cielo a pezzi, i due massimi temi della filosofia metafisica.
 
Cercherò di mostrarne i significati, seguendo le strofe di una delle poesie  che ci hanno incantato..
 
“Ascoltami, i poeti laureati 
si muovono soltanto fra le piante 
dai nomi poco usati: bossi ligustri o acanti.” 
 
Ecco, la poesia nasce con un'esortazione all’ascolto, un richiamo che non ha l’aria del possente ..”in principio era il verbo”, ma che ha bisogno, per essere, per vivere, di un ascolto, se altrimenti è  della “mortal possanza”, se la verità è della potenza della morte.
 
Qui il poeta suggerisce il passaggio della funzione poetica della rappresentazione al più fecondo uso quotidiano, il tema del distacco che dal divino subito irrompe e è metamorfosi, questa la poesia: i laureati sono i filosofi, laureati nella poesia cioè che della poesia, o produzione del mondo, pretendo  il vero, perché sorretti là dove c’è la ragione naturale.
 
La ragione naturale si muove là dove non c’è vera vita, ma vive solo il vero arido senso, se la vera vita è rappresentabile da quel che subito segue.. da quell'io, per me.. Montale si differenzia dal filosofare, non considerando che l’unione di poesia e filosofia è, in verità, una volontà che non può trovare verità.
 
“lo, per me, amo le strade che riescono agli erbosi 
fossi dove in pozzanghere 
mezzo seccate agguantano i ragazzi 
qualche sparuta anguilla: 
le viuzze che seguono i ciglioni, 
discendono tra i ciuffi delle canne 
e mettono negli orti, tra gli alberi dei limoni.”
 
Il tema del divenire, la rappresentazione ad immagini di cosa sia la polvere, tra l’essere e il non essere, di quel mezzo seccate, di quelle anguille che si prendono ma sfuggono, di quelle strade che riescono ma sono sempre in forse ai minacciosi fossi erbosi.
 
Lo scorrere delle viuzze come scorrere ineludibile della vita che, ancorata alle certezze, si aggrappa ai significati che gli sfuggono, gli orti come struttura di senso, come dimensione del sicuro, e la vita insensata che si riempie di quei significati che gli donano gli alberi dei limoni, a me sembra di veder la struttura arteriosa e venosa che dà per ricevere.
 
L’immagine evocativa è potente e della potenza parla, per questo ci coinvolge, ci trasporta e ci piace, perché la felicità dell’uomo si misura sul valore della potenza, sulla morte e la poesia dona senso alle parole, un senso che sole non avrebbero: una sequenza, uno sviluppo che altrimenti, sole, porterebbero all’unico senso della solitudine, la morte.
 
Qui la ricerca di senso.
 
“Meglio se le gazzarre degli uccelli 
si spengono inghiottite dall'azzurro: 
più chiaro si ascolta il susurro 
dei rami amici nell'aria che quasi non si muove, 
e i sensi di quest'odore 
che non sa staccarsi da terra 
e piove in petto una dolcezza inquieta.” 
 
La parte centrale del testo mostra l’essenza del pensiero in Montale, il miracolo indica il sacro: tra i limoni, immersi nel loro odore sentiamo di esser vivi, sentiamo cosa sia la vita, questa esistenza non è per qualcuno ma è di tutti, qui tocca anche a noi, dove, badate bene, questo anche a noi non intende porre un divario di classe, non vedeteci solo una questione sociologica, ma c’è di più in gioco, c’è molto di più, quel anche a noi esprime l’esistenziale che ci tocca tutti e che quindi è il comune delle differenti esistenze.
 
Che taccia la guerra è il silenzio che scorre tra l’assolutezza del sacro e la dissolutezza del profano, dove il sacro si mischia al profano, dove lo scorrere esistenziale trova l’ancora nelle passioni.
 
“Qui delle divertite passioni 
per miracolo tace la guerra, 
qui tocca anche a noi poveri la nostra parte di ricchezza 
ed è l'odore dei limoni.” 
 
Ledopardi..
 
“Qui su l'arida schiena
Del formidabil monte
Sterminator Vesevo,
La qual null'altro allegra arbor nè fiore,
Tuoi cespi solitari intorno spargi,
Odorata ginestra,
Contenta dei deserti. Anco ti vidi
De' tuoi steli abbellir l'erme contrade
Che cingon la cittade
La qual fu donna de' mortali un tempo,
E del perduto impero
Par che col grave e taciturno aspetto
Faccian fede e ricordo al passeggero.”
 
Notate questo “qui”, che indica il mondo che conosciamo, la verità…
 
Il poeta ci mostra la sua conoscenza che è la conoscenza del mondo, il mondo è formidabile, il mondo è nel senso di spaventoso, la poesia come taumaturgica che ci indica il senso ultimo del mondo e che respirandola ci dona un seppur precario senso del vivere..
 
“Vedi, in questi silenzi in cui le cose 
s'abbandonano e sembrano vicine 
a tradire il loro ultimo segreto, 
talora ci si aspetta 
di scoprire uno sbaglio di Natura,”
 
La scoperta è superamento del contraddittorio, ma questo ..sembrano.. tradisce l’impossibilità della vera scoperta o della scoperta del vero.
 
“il punto morto del mondo, l'anello che non tiene, 
il filo da disbrogliare che finalmente ci metta 
nel mezzo di una verità.” 
 
.. anche qui in quel finalmente ci butta, la poesia, nel suo contrario, non c’è verità se solo  finalmente la possiamo avere.
 
“Lo sguardo fruga d'intorno, 
la mente indaga accorda disunisce 
nel profumo che dilaga 
quando il giorno piú languisce. 
Sono i silenzi in cui si vede 
in ogni ombra umana che si allontana 
qualche disturbata Divinità.” 
 
Di nuovo .. “repetita iuvant” il poeta propone il contrasto metafisico dell’ombra di ciò che siamo in l’essere, se l’essere è la divinità.
 
“Ma l'illusione manca e ci riporta il tempo 
nelle città rurnorose dove l'azzurro si mostra 
soltanto a pezzi, in alto, tra le cimase. 
La pioggia stanca la terra, di poi; s'affolta 
il tedio dell'inverno sulle case, 
la luce si fa avara - amara l'anima.” 
 
Dirò poco, perché tutto è stato già detto, nell’illusione della costruzione, della costruzione poetica, nel progresso delle città, sopra il cielo si spezza quell’incanto fatto di un azzurro che “si mostra soltanto a pezzi”, la verità esistenziale è la costruzione della distruzione, il consumo della vita che si aggrappa a questi incerti palazzoni dall’aspetto sicuro che, puntando lo sguardo in alto, ci mostrano la precarietà del loro esistere.
 
E’ vero chi si spezza è il cielo in Montale e non i palazzi, ma della certezza poetica si insinua la necessaria incertezza filosofica.
 
“Quando un giorno da un malchiuso portone 
tra gli alberi di una corte 
ci si mostrano i gialli dei limoni; 
e il gelo dei cuore si sfa, 
e in petto ci scrosciano 
le loro canzoni 
le trombe d'oro della solarità.”
 
C’è speranza nella poesia, nel racconto di un qualcosa che si schiude al di là di un portone, qualcosa che emana una forte luce gialla, la ginestra di Leopardi sono i limoni di Montale, come è per la ginestra, il canrto del poeta che ci allevia donandoci un senso seppur precario di ciò che possiamo essere, così i limoni.
 
La poesia è grande evocatrice, ma è mito, non sa del divenire del mondo che restituirci immagini  edificanti.
 
Questa disamina filosofica della poesia la dedico ai quanti mi fanno compagnia con le loro dolci certezze.
 
Dru
 


Commenti:
ID70155 - 10/12/2016 10:32:15 - (Dru) - Quando la filosofia parla di divinità

Non accenna mai a quei surrogati che sono il vero Fantoccio che il laicismo moderno combatte. Quando la filosofia parla di divinità dice dell'incontrovertibile senso del mondo e sua di manifestazione, sicché ciò che il laicismo di facciata (l'ateismo) combatte è qualcosa (il fantoccio) che non è l'incontrovertibile del senso manifesto.

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