12 Ottobre 2016, 09.52
Vestone
Alpinismo giovanile

Nelle viscere del Buso della Rana

di Raffaele Vezzola

Avventura in grotta per i ragazzi dell’Alpinismo giovanile del Cai di Vestone nell’appuntamento con l’escursione speleologica


Un'uscita che è diventata appuntamento irrinunciabile nel programma annuale: l'escursione speleologica. Quest'anno abbiamo scelto il Buso della Rana, famosa grotta del vicentino, orizzontale, senza grossi dislivelli né pozzi ma, con la presenza di un attivo e copioso torrente che scorre nel ventre della montagna.
 
Presenti alla partenza delle ore 7.00, 29 ragazzi dell'AG, due genitori coraggiosi e 4 accompagnatori. Pioviggina, fa freddo, ma l'aspettativa è grande e il tempo meteo non ci preoccupa. Saremo comunque al coperto e l'acqua dal cielo non ci turba, neppure la temperatura: in grotta ci saranno garantiti 13 gradi costanti.
 
Autostrada, uscita a Montebello per salire fino a Monte di Malo.
Ad attenderci all'imbocco della grotta, i ragazzi del gruppo speleologico che ci accompagneranno. La distribuzione dell'attrezzatura è un poco laboriosa: tante teste su cui calzare caschi con lampade da alimentare e tanti diversi corpi su cui indossare imbraghi e "longe". 
 
Due distinti gruppi per l'escursione: ad aprire, i "grandi", a seguire i "piccoli" a cui mi accodo. Il portale d'ingresso è enorme a cui subito, a contrasto, segue una strettoia "laminatoio" che privilegia lo sgusciare esile dei ragazzi creando qualche difficoltà in più agli adulti giustificata anche dal fatto che portano dei grandi sacchi speleo nei quali abbiamo stivato acqua e cibo per ristorarci a metà strada. 
 
Subito dopo il "cancellino" (effettiva porta d'ingresso dell’antro vero e proprio) ci apprestiamo ad affrontare la ferrata che corre alta sul Lago di Caronte, che ci afferma la costante presenza dell'acqua. Siamo entrati dalla risorgenza del torrente ed è con lui che dobbiamo fare i conti. Fuori le "longe" con i moschettoni di sicurezza e via agili sulle staffe della ferrata incastrate nella forra del lago. La perizia e la pazienza degli accompagnatori del gruppo speleo dà sicurezza ai ragazzi consentendo il passaggio anche a chi ha qualche esitazione. 
Le prime due difficoltà tecniche sono alle nostre spalle anche se, ci spetteranno anche al ritorno. 
 
Procediamo ora lungo una condotta scavata dall'acqua, che sale leggermente intersecando alcuni bivi bui, che sono l'imbocco di rami secondari della grotta.
 
Il Buso è enorme: il suo sviluppo è di circa 27 chilometri; sarebbe un guaio imboccare il bivio sbagliato. Percorriamo ora il ramo delle Stalattiti, incastrato tra pareti alte e strette che ripide salgono verso l'alto perdendosi nel buio. Le concrezioni sono molto belle: meduse, cavolfiori, mammelloni, fino a scorgere anche l'affioramento di un banco di corallo e lo scheletro di una tartaruga fossili. Il superamento protetto, di una scala in metallo che agevola la salita di una paretina, ci fa rallentare permettendoci di prendere fiato, sono già quasi due ore che camminiamo e la fatica comincia a farsi sentire. Un'erta sassosa ci porta a strisciare in un'altra strettoia che accede ad una sala di crollo dove ci ricongiungiamo ai compagni partiti per primi. 
 
Via a pescare nei sacchi speleo le nostre provviste, la fame bussa e dobbiamo calmarla. Cerchiamo prima di ripartire di sperimentare il buio ed il silenzio che solo sottoterra si possono sperimentare, ma non ci riusciamo, sopire l'adrenalina che scorre nelle vene dei ragazzi più giovani risulta impossibile. Peccato, è un'occasione persa, opportunità come queste di rado, si presentano ai "comuni mortali". 
 
Bisogna ripartire, siamo un poco più tranquilli, il percorso già lo conosciamo, ma una sorpresa ancora ci attende, giunti ad un bivio, ci viene posta un'alternativa al percorso dell'andata: quella di imboccare un nuovo ramo che si chiama Corridoio delle Marmitte, alternativa per i soli coraggiosi che non temono l’acqua, uomo avvisato.… 
 
Il gruppo si divide e, chiaramente seguo i più audaci. Il meandro sale su di un fondo scivoloso d’argilla che insozza e colora i nostri "abiti da grotta". Sfrecciando su di un taboga sdrucciolevole giungiamo alla prima marmitta, una tonda vasca colma di acqua che allaga completamente lo spazio del nostro cammino, le pareti sono lisce, non ci resta che cominciare ad immergere i nostri piedi. L'acqua sale, supera l'altezza degli scarponi, riversandosi ad inzuppare le calze, sale ancora ed inizia a bagnare i polpacci, accarezza le cosce per giungere all'inguine infradiciando le mutande. Per i più grandi si ferma qui, ma ai meno alti di statura giunge fresca, a giocare anche con l'ombelico e di poco oltre. 
Sveglia, diamoci una mossa perchè l'acqua è gelata! 
 
Aumentando l'andatura il nostro corpo reagisce al freddo, e gli strilli diventano ora urla divertite ed entusiaste. È il ramo delle Marmitte, non quello della marmitta, pertanto il calvario si protrae per un quarto d'ora circa fino ad uscirne bagnati ma indenni. 
 
Una delle qualità dell'andare in grotta è che per fortuna, quasi sempre l'aria e anche la temperatura sono stabili. Nei meandri sotterranei tutto rallenta fino quasi a fermarsi, il silenzio, la luce ed il procedere dei curiosi del sottosuolo rallentano e si stabilizzano e anche l'essere fradici e stanchi quasi diventa normale, in equilibrio e non creano disagio.
 
Presto ora, che si fa tardi, fuori di corsa dove ci aspettano gli abiti asciutti e caldi. Sbucati alla luce, recuperati gli zaini, i ragazzi cercano riparo nel bosco che ci circonda per togliersi gli abiti bagnati.
Rivestiti di panni asciutti, diamo fondo al resto delle provviste scambiandoci entusiasti commenti sull'esperienza. Ma è tempo… 
 
Raccogliamo e riconsegniamo il materiale che ci hanno prestato, verifichiamo e carichiamo sull’autobus i nostri bagagli per poi partire per casa giungendo a Vestone puntuali per le ore 19.
 
A questo punto fatemi ringraziare i volontari del Club Speleologico Proteo e gli accompagnatori: Edoardo, Giorgio e Lucio del Cai Vestone, come spesso ripeto, senza di loro nulla ci sarebbe.
 
Uscita Avventura? Abbiamo forse esagerato? Io non credo, forse qualche raffreddore lo abbiamo portato a casa, ma che Storia… 
Mi torna alla mente quando in una delle prime uscite, quella a Provaglio, i ragazzi saltavano nelle pozzanghere e noi li riprendevamo, al Buso della Rana abbiamo permesso loro di infilarcisi nelle pozze, non c’era altra alternativa se volevamo uscire fuori.
 
Escursione un poco al “limite” di ciò che è l’alpinismo ma io ritengo che la montagna non sia solo sopra la crosta ma anche sotto: la speleologia mi ha dato una dimensione che a pochi è data. 
 
È stata mia intenzione fin dall’inizio dell’attività dell’alpinismo giovanile di proporre a 360° l’andare in montagna, per conoscerla, sperimentando. Chi conosce è in grado di scegliere e, se non conosci non puoi essere libero di farlo.
 
Dovrebbe essere l’ultima uscita questa, anche se abbiamo da recuperare l’attività di arrampicata in falesia e per i migliori l’uscita “speciale”. Di sicuro ci troveremo per l’Ottobrata che per noi “diversi dagli altri” chiameremo Novembrata, sarà il momento per ritrovarci tutti quanti per festeggiare sfogliando le foto scattate durante l’anno, confrontandoci, conoscendoci meglio mangiando e bevendo (ci aspettiamo cibarie e bevande portate da tutti) in compagnia di ragazzi, genitori ed accompagnatori. Troveremo anche il tempo per parlare delle attività future, cercando novità, qualità e piacere di stare assieme.
Alla prossima!
 


Commenti:
ID68792 - 12/10/2016 11:41:54 - (lz) - Complimenti!

Bella esperienza per i ragazzi e davvero bravi gli organizzatori e gli accompagnatori. E' stata descritta talmente bene che mi ha dato la sensazione di "viverla".

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