21 Settembre 2016, 10.23
Racconti del lunedì

L'Aquilino

di Ezio Gamberini

Da un anno, all’incirca, sono stato nuovamente contagiato con inaspettata virulenza dalla vecchia passione della numismatica, che coltivo sin da bambino


Per ore e ore ammiravo e rigiravo tra le mie mani le monete di ogni tipo, forma e colore, che i miei conservavano in un vecchio e capiente borsellino, nel cassettone. Rame, bronzital, acmonital, alcune d’argento… sembravano trasmettermi la loro storia, mentre le stringevo in pugno. 

Vittorio Emanuele II (1861-1878), Umberto I (1878-1900), Vittorio Emanuele III (1900-1946), questi nomi e queste date mi sono familiari da sempre, proprio per la curiosità che suscitavano in me le loro effigi regali sulle monete.
Mi spiace soltanto che, a causa del loro valore, specialmente quando si tratta di monete antiche o rare, debbano essere rinchiuse in oblò, capsule o cartoncini che impediscono perfino di sfiorarle.

Per rivelare la mia atipicità di numismatico (per il quale è sempre necessario acquistare il meglio!), voglio raccontare ciò che accadde qualche anno fa, in occasione di una mostra-mercato, quando fui avvicinato da un amico che mi disse: 
Guarda l’acquisto che ho fatto: un cinque lire Vittorio Emanuele II, del 1862, l’ho pagato ducentottanta euro!”, ed era naturalmente “prigioniero” nel suo cartoncino, preservato dalla finestrella in plastica.

Anche io possiedo un bel cinque lire d’argento Vittorio Emanuele II, uguale spiaccicato, anzi, forse più bello e splendente del suo; ma il mio esemplare è del 1874 ed è stato coniato in dodici milioni di esemplari, e l’ho pagato trenta euro, lo conservo in un album e ogni tanto lo estraggo e me lo rigiro tra le mani, procurandomi sempre nuove e piacevoli emozioni, mentre il suo ha una tiratura di centoquarantamila esemplari, è una moneta “rara”, quasi intoccabile, bah…

L’episodio che voglio ricordare, e che mi ha dato lo spunto per il titolo di questo racconto del lunedì, riguarda un aneddoto che mia mamma mi ha raccontato più e più volte: era una bambinetta di sei o sette anni (è nata nel 1923, quindi si parla del 1929 o 1930), ed era stata mandata dalla sua mamma a chiamare il papà, che si trovava a pochi passi, nell’osteria del paese, per giocare una partita a carte con gli amici.

Quando nonno Luigi sentì tirarsi per la giacca, diede un bacio alla figliola, mise una mano in tasca e le consegnò una moneta.
Dopo essere uscita dall’osteria, mamma era contenta come una Pasqua, ma quando aprì la mano, restò senza fiato: sul palmo splendeva un magnifico “Aquilino”, il cinque lire d’argento Vittorio Emanuele III, una delle più belle monete, numismaticamente parlando, coniate dal 1926 al 1930 e in seguito dal 1931 al 1935 emesse soltanto per i collezionisti.

Nonno Luigi, che ci vedeva pochissimo,
aveva confuso l’Aquilino con una moneta di pochi centesimi, quasi uguale per peso e forma. Insomma, per fare un esempio concreto, è come se oggi un nonno volesse dare un euro al nipotino per comprare un ghiacciolo e il piccolo si ritrovasse invece in mano cento euro!

La mamma naturalmente rientrò seduta stante
nell’osteria e riconsegnò a suo papà il “tesoretto”…
Chissà, forse è anche per questi esempi che uno resta galantuomo per tutta la vita, e se poi gli capita di trovare un portafoglio gonfio di denaro e lo riconsegna affinché possa essere affidato al proprietario, e racconta il fatto ai suoi figli, anche questi rimangono galantuomini per tutta la loro esistenza, con l’augurio che l’evento si possa replicare con i loro discendenti.
 
Chissà se a ognuno di noi è stato affidato per sbaglio un “Aquilino”, invece di cinque centesimi; se lo abbiamo riconsegnato, se al contrario lo abbiamo utilizzato, facendolo fruttare, o piuttosto sperperato…

Cara mamma
, una tua foto è posta accanto al computer fisso, in studio, e ogni giorno mi piace salutarti. Anzi, a volte parlo come se tu fossi lì. Ti confido le mie pene, ti affido le mie speranze, quale straordinario ponte tra la terra e il cielo.

E spesse volte apro l’album delle monete, estraggo l’Aquilino e lo osservo incantato, come per magia, immerso nel tuo dolce ricordo. 
 


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