15 Settembre 2016, 07.42
Valsabbia
Tradizioni

Un mestiere antico: la raccolta del fieno

di Valerio Corradi

La vita rurale, fino a qualche decennio fa, segnava il tempo coi ritmi della fienagione, praticata a mano, con attrezzi di secolare tradizione. Ora prevale lo scoppiettio del decespugliatore e della motofalciatrice


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Secondo il calendario agricolo tradizionale, nelle zone alpine e prealpine, a settembre, cade l’ultimo taglio del fieno chiamato per questo “settembrino”. Esso fa seguito a quelli di agosto e di maggio-giugno.
La fienagione di settembre consente la sistemazione e un ultimo utilizzo dei prati e ha lo scopo di accumulare scorte per nutrire il bestiame nei mesi invernali.

Oggi la fienagione è un’attività che in prevalenza viene condotta mediante macchinari, tuttavia in alcune località e su piccola scala, essa viene ancora svolta a mano.
Questi ultimi esempi testimoniano oggi di un lavoro impegnativo che un tempo coinvolgeva più persone, a volte interi gruppi di famiglie e comunità, e che si delineava come un rito collettivo fatto di tempi, tecniche, pratiche e attrezzi suoi propri. 

Immancabile compagno del contadino era la falce fienaia in molte località chiamata semplicemente “ferro”, "ranza" nel dialetto valsabbino.
Uno strumento comparso in epoca medioevale costituito da un lungo manico (inizialmente di legno poi metallico) sul quale era fissata una lunga lama curva e appuntita che veniva minuziosamente preparata prima della falciatura mediante battitura su un supporto di metallo o legno conficcato nel terreno e poi affilata, durante il lavoro, con una pietra detta "cote".

Dopo il taglio, che iniziava alle prime luci del giorno, nel corso della giornata si passava a girare e a spargere (anche più volte) l'erba con la forca in modo da distribuire omogeneamente il foraggio appena tagliato sul terreno per favorire una sua più rapida essicazione al sole e al vento.
Con forca e rastrello si realizzavano poi file regolari e parallele sulle quali veniva fatto confluire il fieno che, una volta pronto, era poi faticosamente accumulato in mucchi a forma di cono.
Infine il contadino, trasportava a mano o con l’ausilio di carri trainati da animali, il fieno nel fienile dove veniva conservato.

La fienagione si basava su una meticolosa suddivisione dei compiti tra uomini e donne, bambini e anziani e su una atteggiamento di attesa e timore per quello che la natura e il tempo avrebbero potuto riservare.
Oltre che alle rogazioni, nel periodo della fienagione non era inusuale bruciare l’ulivo fatto benedire il giorno della Palme o suonare le campane per scongiurare gli effetti del temporale o della grandine che avrebbero compromesso il raccolto.

Malgrado le fatiche e le difficoltà, oggi da più parti si sente la mancanza di questo mondo fatto di rispetto dei ritmi della natura, di contatto diretto con la terra, di aromi naturali, di collaborazione, di frugalità e senso della comune intrapresa.
Si avverte una nostalgia che alcuni cercano di placare sfruttando le sempre più numerose opportunità offerte da agriturismi e aziende agricole di condividere il momento della fienagione oppure riavvicinandosi a un’attività agricola che non a caso è definita “primaria” perché fondamentale per la nostra vita.
 
 



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