25 Aprile 2016, 10.42
25 Aprile

Viva l'Italia, l'Italia liberata

di Jessica Freddi

I primi mesi del 1945 in Italia furono i mesi del fermento, della rivincita, della consapevolezza di essere ancora e poter nuovamente essere un Paese


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“...l’Italia liberata, l’Italia del valzer, l’Italia del caffè, l’Italia derubata e colpita al cuore, …l’Italia che non muore”,
canta De Gregori.

Proprio così l’Italia derubata e colpita al cuore dalla dittatura, dall’occupazione, dalla violenza stava tornando ad essere un Paese, come avrebbero voluto i nostri nonni, che hanno visto gli orrori di una guerra metterli in ginocchio, e che, proprio in questi giorni, 71 anni fa, stavano combattendo.

I primi mesi del 1945 in Italia furono i mesi del fermento, della rivincita, della consapevolezza di essere ancora e poter nuovamente essere un Paese.

I partigiani che combattevano contro l’occupazione tedesca e la Repubblica di Salò nel nord Italia erano ormai diverse decine di migliaia.
Molti soldati occupanti, nel marzo del 1945, si trovavano a sud della pianura padana per cercare di resistere all’offensiva di inglesi e americani, ma niente era più come prima: nonostante le autorità tedesche e fasciste avessero ordinato di continuare la guerra fino all’ultimo, il sentimento di sfiducia e sconfitta era radicato nelle truppe tedesche, e gli alleati ebbero la meglio.

Nei giorni seguenti gli alleati superarono il Po, e i soldati tedeschi e della Repubblica di Salò cominciarono a ritirarsi da Milano e Torino, dove anche i partigiani erano ormai arrivati.

“...l’Italia con gli occhi asciutti nella notte scura, viva l’Italia, l’Italia che non ha paura”.

Mia nonna mi racconta sempre che la paura della guerra, dei soldati, delle bombe, era tantissima, ma guardando ora a quello che la gente ha saputo fare in un periodo storico in cui tutto sembrava essersi annullato, in cui l’orrore del nazismo e dello sterminio di milioni di persone erano vicinissimi, lo stupore non ha confini.

“Cittadini, lavoratori! Sciopero generale contro l'occupazione tedesca, contro la guerra fascista, per la salvezza delle nostre terre, delle nostre case, delle nostre officine. Ponete i tedeschi di fronte al dilemma: arrendersi o perire”, così Sandro Pertini, futuro Presidente della Repubblica, proclamò lo sciopero generale il 25 aprile 1945.

Il Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia, il cui comando era presieduto da Longo, Sereni, Valiani e dallo stesso Pertini, proclamò l'insurrezione in tutti i territori ancora occupati dai nazifascisti, indicando a tutte le forze partigiane di attaccare i presidi fascisti e tedeschi, e assunse il potere in nome del popolo italiano e quale delegato del Governo italiano, stabilendo la condanna a morte di tutti i gerarchi fascisti, incluso Mussolini, che sarebbe stato fucilato qualche giorno dopo.

I partigiani continuarono ad arrivare a Milano tra il 25 e il 28 aprile, sconfiggendo le residue resistenze, fino all’arrivo degli americani in città il 1° maggio.
Entro il 1° maggio le principali città del Nord Italia furono liberate.

“...viva l’Italia, l’Italia tutta intera”.

La liberazione pose fine a venti anni di dittatura fascista e a cinque anni di guerra: nei mesi seguenti il Paese fece incredibili conquiste istituzionali.

Il 2 giugno 1946 si votava per la scelta tra monarchia e repubblica, nel 1948 fu emanata la Costituzione, e si decise che quei giorni andavano ricordati.

Il 22 aprile 1946 il principe Umberto II, su proposta di De Gasperi, allora Presidente del Consiglio, emanò un decreto legislativo in cui si dichiarava che il 25 aprile 1946 era festa nazionale.

La tradizione continuò negli anni seguenti, finché nel 1949, con la legge 260, il 25 aprile fu finalmente istituzionalizzato come festa nazionale.

“...viva l’Italia, l’Italia che lavora, l’Italia che si dispera, l’Italia che si innamora… l’Italia con gli occhi aperti nella notte triste, l’Italia che resiste”.

L’Italia e i suoi mille difetti, un Paese unico, di contraddizioni e paradossi, la nostra Italia.
E anche se oggi sono altre le cose a cui dobbiamo resistere, la tradizione continua, per ricordare la libertà, la guerra, la democrazia, i valori di un’Italia che non va dimenticata.



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