Ogni sintomo è un messaggio dal profondo di noi stessi. Viene a comunicarci che è il momento di ascoltarlo
Malessere, etimologicamente composto da “mal” e “essere”, significa inquietudine, turbamento, condizione di disagio, di scontentezza, di difficoltà.
La persona non si sente in grado di gestire come vorrebbe il proprio stato interno, non è in grado di prendere decisioni, di direzionare i propri obbiettivi, di prendersi degli spazi, di amare serenamente e di avere un buon equilibrio psico-fisico.
Questo vivere male la lacera. La mette in un conflitto che la blocca.
Il corpo trova allora un modo di manifestare il disagio. Lui, il primo generatore del linguaggio, scrive parole cifrate per comunicare il malessere che altrimenti resterebbe muto.
Può farlo investendo un organo bersaglio: il cuore, la gola, l’intestino, il fegato, la pelle.
L’ organo è scelto in base a due fattori: la fragilità e il simbolo.
Spesso viene scelto l’organo più sensibile che è già stato investito da malattie nell’infanzia o che geneticamente è predisposto. Ma viene anche scelto l’organo che rappresenta simbolicamente la funzione dell’individuo dove risiede il trauma stressogeno.
Groddeck, psicoanalista francesce, fondatore della medicina psicosomatica, diceva che il corpo è una finestra aperta sulla dimensione profonda inconscia della vita psichica dividendo gli organi in base al significato profondo degli eventi della vita psichica a cui questi ultimi erano connessi.
Nella somatizzazione è presente un contenuto lacerante: è fondamentale riconoscerlo e ripercorrere la situazione esistenziale da cui i sintomi hanno avuto origine, accettando i propri bisogni e modificando l’assetto psichico sui quale ci siamo cronicizzati.
Ogni volta che ci troviamo di fronte ad un disagio psichico e somatico, è necessario eseguire prima tutti gli esami diagnostici consigliati, e indagare sulle possibili cause organiche.
Essendo mente e corpo le due facce della medesima complessità di cui siamo costituiti, la presa in carico della patologia dovrebbe coinvolgere, in seguito, anche gli aspetti psichici che conducano alla comprensione simbolica della malattia, alla storia che ci ha indotto a manifestarla, alla consapevolezza della nostra trama di vita, al fine di far parlare l’inconscio e offrire al corpo quell’ascolto emotivo e attento che solo una cura globale può offrire.
Viviamo in un mondo frammentato dove anche la cura è spesso riduzionistica e razionalista destinata ad incatenarci ad un piccolo passato, la causa, e ad un piccolo futuro, l’effetto.
Accettare e poter vedere ad una lente ingrandita cosa ci ha condotti a manifestare un disagio ci avvicina necessariamente ad un cambiamento.
Ogni cambiamento è la perdita di qualcosa, ma è anche la conquista di altro, che in questo caso potrebbe appartenere alla riappropriazione della nostra autenticità.
Pertanto anche da un punto di vista fisiologico, e non solo filosofico, l’individuo deve essere considerato in termini olistici (olos in greco significa “tutto”, “intero”).
Infatti, è ormai da tempo provato che i sistemi nervoso, endocrino e immunitario comunicano tra loro.
Ciò significa che la mente, le emozioni e il corpo non sono entità separate, ma interconnesse.
Basti pensare che gli stessi neurotrasmettitori che operano in modo estremamente esteso sia nel cervello che nel sistema immunitario sono anche quelli più frequenti nelle aree neurali che regolano le emozioni.
La psicoterapia psicosomatica, in un'accezione ampia, rappresenta quella concezione che, oltrepas-sando il dualismo psicofisico, che separa il corpo dalla mente, guarda all'uomo come un tutto unitario dove la malattia si manifesta a livello organico come sintomo e a livello psicologico come disagio.
Adottando questo punto di vista, la psicosomatica ribalta lo schema classico, che prevedeva la lesione dell'organo quale causa della sua disfunzione, a sua volta causa della malattia, nello schema secondo cui il mantenersi di uno stress funzionale, che ha la sua origine nella vita quotidiana dell'individuo in lotta per l'esistenza, genera quella disfunzione dell'organo, causa della lesione, a sua volta causa della malattia.
Corpo e mente non sono due mondi separati, ma sono due parti, in continua influenza reciproca, di un tutt'uno: l'uomo nella sua unità somato-psichica.
In conclusione si può affermare che le malattie somatiche sono quelle che più strettamente realizzano uno dei meccanismi difensivi più arcaici con cui si attua una espressione diretta del disagio psichico attraverso il corpo.
In queste malattie l'ansia, la sofferenza, la perdita, i conflitti interiori, le emozioni non consapevoli e troppo dolorose per essere riconosciute, trovano una via di scarico immediata nel corpo, producendo il sintomo.
Non sono presenti espressioni simboliche capaci di mentalizzare il disagio psicologico così le emozioni, pur essendo presenti, non vengono percepite.
Tutti i meccanismi difensivi tendono a tener lontani contenuti psichici inaccettabili, a costo di distruggere il proprio corpo.
In questo senso una persona, incapace di accedere al suo mondo emotivo, potrebbe non percepire rabbia, frustrazione o stress per una difficile condizione rimossa e neppure immaginare una possibile connessione tra la sua ulcera, cefalea, endometriosi, psoriasi, miopia, mal di schiena, e le emozioni o i vissuti relativi alla sua storia.
Il prendersi cura di sé deve partire anche dalla presa di coscienza che noi essere umani siamo una parte del tutto e che ogni sogno, incontro, vissuto, esperienza reale o percepita contribuiscono a stendere il copione della nostra esistenza.
Costringersi a vedere solo un capitolo di questa stesura è condannarci a conoscere solo una piccola parte di noi.
Quando tutto il resto esige di essere considerato ci manda una comunicazione forte e chiara: il sintomo, il malessere.
Sta a noi volerlo ascoltare, leggere ed includere nella globalità che rappresentiamo.
L’amore di sé deve passare necessariamente dall’ ascolto delle grida che il corpo ci manda.
Dr.ssa Annalisa Bossoni.
Psicologa.
Riceve a Puegnago del Garda.
Contatti: annalisa_bossoni@libero.it
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