La battaglia per l'adozione

Ci sono anche tre coppie bresciane, di cui una di Gavardo, tra le 130 famiglie in attesa di poter abbracciare e portare a casa i figli legalmente adottati nella Repubblica Democratica del Congo.
Da 22 mesi dal blocco delle adozioni internazionali indetto dal paese africano, le famiglie sono ancora in attesa di qualche buona notizia. Una frustrazione che le tre coppie bresciane hanno deciso di rendere pubblica denunciando il silenzio del Governo.

L'unico dato certo è che la moratoria del Paese africano è stata determinata da irregolarità adottive di altri Stati che hanno causato una giusta reazione del Congo su tutti gli iter adottivi.

“Ci è stato comunque ribadito dalle istituzioni che l'Italia non è coinvolta in queste irregolarità” – precisa in una conferenza stampa alla Camera dei deputati la portavoce del gruppo bresciano Alba Pavoni accompagnata dal marito Alessandro Rovida: “Chiediamo di avere la certezza che Palazzo Chigi abbia fatto tutto il possibile per portare in Italia i nostri bambini – ci spiega la coppia di Gavardo. Ma soprattutto che continui le relazioni diplomatiche con il paese africano per far arrivare i nostri piccoli a Brescia.”

Ma da Palazzo Chigi arriva solo silenzio. Nessuna notizia, nessuna informazione nuova su come procede una eventuale trattativa (ammesso che esista) del nostro Governo con quello di Kinshasa per sbloccare la situazione.

"In quasi due anni abbiamo scritto ripetutamente sia al premier Renzi che alla Commissione adozioni internazionali (Cai) – ricorda Pavoni – ma per tutta risposta abbiamo ricevuto sei mail in cui ci chiedevano di avere pazienza ed evitare iniziative singole e abbiamo incontrato una volta la Cai, che ci ha rivolto analoghe richieste. Nessuna informazione sullo stato di un'eventuale trattativa, nessuna spiegazione sul motivo per cui i nostri figli sono ancora in orfanotrofio".  

L'ultima mail della Cai è arrivata alle famiglie il 28 luglio scorso. Nella missiva gli organi istituzionali chiedevano ancora una volta di avere pazienza perché “tutti stanno lavorando senza sosta per arrivare a un risultato positivo".  

Nella lettera si chiede ai genitori di evitare iniziative mediatiche "che potrebbero far saltare le diplomazie in atto", ma le famiglie hanno esaurito la pazienza e hanno deciso di uscire pubblicamente con un appello. "Siamo solo uomini e donne con figli, si legge nel comunicato, che vivono lontano senza l'affetto di una mamma e di un papa”.

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