Rinvio a giudizio

L'accusa è stata formulata dal sostituto procuratore Isabella Samek Lodovici: morte come conseguenza di altro reato.
Il 20enne del lago di Garda avrebbe venduto droga sintetica e marjuana ad Emanuele Ghidini, che aveva 16 anni e che proprio sotto l'effetto della droga chimica, si lanciò nelle acque del fiume Chiese a Gavardo

Il gesto, assurdo, arrivò al termine di una festa tra coetanei consumata a Muscoline.
Erano tutti giovanissimi ed Emanuele era tra i più giovani. Quel francobollo allucinogeno provocò in lui una reazione devastante.

Con un amico si recò in riva al fiume, a Gavardo, poco distante da casa, e sul cancello che porta all'Isolo, dopo aver gridato che voleva buttarsi nel fiume, si inabissò.
Sembrava uno scherzo. Invece, privo ormai di ogni inibizione, il 16enne venne inghiottito dalle acque turbinose e gelide e venne trovato solo il giorno dopo, ad alcune centinaia di metri, senza vita.

Per la Procura di Brescia quel comportamento non poteva che essere stato dettato dall'uso della droga chimica.
A fatica i carabineiri della Compagnia di Salò, rompendo il muro di omertà fra i ragazzini, sono riusciti a risalire al 20enne che quella sera li aveva riforniti.

Il giovane, rinviato a giudizio, comparirà in aula il prossimo 17 novembre, per difendersi dall'accusa di "morte come conseguenza di altro reato".
 
«Sono pronto a perdonarlo» ha detto Giampietro Ghidini, il padre di Emanuele, che è pronto in queste settimane a dare alle stampe un libro che aveva cominciato a scrivere proprio con suo figlio: "Hope, la speranza" sarà il titolo.
E dentro cosa c'è?: «Un viaggio alla ricerca di un mondo migliore».

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