Cambio di prospettiva

Passata la Pasqua, rientriamo alle attività quotidiane, magari con quale chilo di più e qualche pensiero sul parente antipatico che non vedevamo da tempo e che invece ci è toccato incontrare per il pranzo.
Perché invece, col senno di poi, non imbocchiamo il sentiero del cambiamento?

Un po' di etimologia: il termine pasqua deriva dall'ebraico, precisamente dalla voce del verbo “passare”.
Non si tratta dunque di una commemorazione dedicata ai sedentari, bensì di un giorno speciale, al di là della ricorrenza religiosa, offerto ai viaggiatori e ai nomadi. «Sia Pasqua per voi che fabbricate passaggi dove ci sono muri, per voi operatori di brecce, saltatori di ostacoli, corrieri ad ogni costo, atleti della pace».

Il sentiero 370 collega la Valtrompia alla Valle Sabbia.
Dal Passo del Cavallo, ancora a Lumezzane, ma a  ridosso del confine con Agnosine, a piedi, in poco più di un'ora e mezza, si può raggiungere l'Eremo di San Vigilio, a 1121 metri di quota.
Incredibile come i passaggi delle montagne servano a cambiare prospettiva, a scegliere un'altra rotta, rispetto alla principale.

Dopo la salita asfaltata del “Bosco”, si giunge alla strada sterrata dei Campi Buoni, che ci porta dritti dritti all'imboccatura del 370.
Seguendo il sentiero, s'incontra poco dopo il bivio di Cocca di Bione segnalato dalle indicazioni bianco-rosse.

La salita si fa più ripida, rocciosa, zigzagante e in quaranta minuti circa si arriva a Crocette.
Da qui si inizia ad intravedere l'eremo di San Vigilio e, prima di arrivarci, ci affacciamo ad uno spettacolo naturale: da qui è possibile ammirare gran parte della Valsabbia. Nelle giornate limpide si vede bene il Lago di Garda e il suo golfo, si scorgono Capovalle col Monte Stino e il Monte Baldo.

Più a nord, lo sguardo si allarga a tutta la Valle Sabbia: si riconosce Vestone, Casto e salendo verso l'eremo, Bione e Agnosine per poi, dalla cima, riconoscere la pozza dei Piani di Lò.

Dietro alla chiesetta, le alte cime della Valtrompia.
Un non luogo, così poco battuto e così tanto nostro. Quanto più ci appartiene diventa col tempo sconosciuto, ma basta un breve attimo di ricongiungimento, per respirarne l'energia, lo spettacolo, la nostalgia.

Più fiducia alle strade delle scarpe, delle gambe e del corpo intero, più amore per il territorio, più anima: ammirare se stessi dall'alto, da molto lontano e così vicino.