04 Dicembre 2007, 00.00
Salò
«Gardesani» dimenticati

Pallavicini e il Seicento della grande musica

A Salň videro la luce maestri dimenticati, e che ben meriterebbero l’onore di essere ricordati con il nome di una strada o di un luogo pubblico, fra cui Carlo Pallavicini

L’identità musicale di Salò non è rappresentata solamente dal celebre Gasparo, inventore del violino nel ’500, o da Ferdinando Giuseppe Bertoni, tra i migliori seguaci nel ’700 del musicista veneziano Baldassare Galuppi, o dal compositore e organista Marco Enrico Bossi morto nel 1925.
A Salò videro la luce altri maestri dimenticati, e che ben meriterebbero l’onore di essere ricordati con il nome di una strada o di un luogo pubblico, fra cui Carlo Pallavicini, nato sul solare golfo gardesano probabilmente nel 1630, e scomparso a Dresda nel gennaio del 1688 dove era stato chiamato dall’elettore di Sassonia Giorgio III che gli aveva conferito il titolo di Maestro di Cappella.
Giovanni Bignami, nella «Enciclopedia dei musicisti bresciani», pubblicata nel 1985 dalla Fondazione civiltà bresciana, scrive che quasi tutti lo ricordano con il cognome Pallavicino, forse perché nelle stampe delle sue opere è sovente nominato con la «o» finale. Fu maestro di cappella a Venezia e conobbe la celebrità grazie ai drammi posti in musica e rappresentati nei più importanti teatri della Serenissima.
Gli storici della musica ricordano che la sua produzione fu di 22 opere oltre ad altre composizioni apprezzate a Venezia come in molti teatri italiani e in Germania, fra cui la «Gerusalemme liberata», derivata dal poema del Tasso, rappresentata in laguna nel 1687, rappresentata a Strasburgo col titolo di «Armida».
Carlo Pallavicini predilesse in modo particolare l’Isola del Garda, luogo di meditazioni, e la deliziosa villa con cappella e basso giardino che possedeva nel territorio di Manerba, già proprietà di Silvan Cattaneo di Salò, scrittore elegantissimo dalla metà del ’500, chiamata Belvedere o Belgioioso.
Morì lontano dalla sua terra assai amata. L’anno prima della scomparsa, nel 1687, venne rappresentata nel Teatro Elettorale di Dresda la sua «Gerusalemme». La sua morte, tramandano i cronisti, fu pianta dalle fanciulle dell'Ospedale degli Incurabili di Venezia che vollero onorare il maestro cantando la solenne Messa da Requiem, appositamente scritta per la circostanza dal bergamasco Giovanni Legrenzi, figura preminente della scuola veneziana del Seicento.

di Attilio Massa dal Giornale di Brescia


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