26 Luglio 2014, 07.27
Aiutiamoli a crescere

Quando la fatica è ad orientarsi nel tempo

di Maura Bignotti

Un genitore scrive: cosa comporta il fatto che mia figlia faccia fatica ad imparare giorni, mesi, anni e anche a leggere l'orologio?


“Ha fatto fatica ad imparare i giorni della settimana, i mesi dell’anno, le stagioni, a leggere l’orologio?”.
Questa è una delle domande che pongo ai genitori che vengono in studio a raccontare la storia del loro bambino, con sospetto DSA (Disturbo Specifico di Apprendimento): è noto, infatti, che tra questi bambini è caratteristica diffusa la difficoltà ad orientarsi nel tempo.

Ma questa difficoltà, che sembra così astratta, come si ripercuote nella vita quotidiana e sull’esperienza soggettiva di un bambino o, ancor più, di un adolescente?

Poniamo di avere 16 anni, sentiamo un’amica al telefono che ci propone un’uscita: ”Domenica alle 15 andiamo in piscina con gli altri, vieni?”.
Smarrimento... tra me e me penso: “Ma quand’è domenica? Oggi è... che giorno è oggi? E’ martedì, quindi... quanti giorni devono passare per arrivare a domenica? Le 15... ma sono le 2 o le 3? Boh, nel dubbio le dico che vado perchè ho voglia di farmi un bagno, salvo poi presentarmi alle 14, convinta tra l’altro della mia puntualità.

Se avessi avuto 8 anni avrei forse potuto chiedere alla mamma quanto manca a domenica, che ore sono le 15, a 16 preferisco magari non dirlo alla mia amica che non so quando è domenica... e finisco per trovarmi in piscina da sola.
E a 16 anni non è bello trovarmi in piscina da sola.

La cognizione del tempo ci consente di orientare le nostre azioni e le nostre relazioni con gli altri, in sostanza consente di orientare il Sè, di orientarci appunto.
In assenza di riferimenti temporali potrei sentirmi smarrita, persa nella vacuità del tempo o, al contrario, nella sua impellenza: potrei vivere barcamenandomi alla giornata o potrei sentirmi talvolta strangolata dal tempo che mi opprime; potrei sentirmi sola, in balia di qualcosa che succederà ma non so quando.

Agli amici potrei sembrare una menefreghista che arriva sempre in ritardo, che dà per scontato la loro presenza, o che non si ricorda degli appuntamenti; per i miei genitori potrei essere una figlia immatura o poco affidabile, i professori potrebbero considerarmi incapace di essere precisa.

E’ chiaro come tutto ciò si possa ripercuotere pesantemente sulla rappresentazione di me stessa che sto sviluppando (da brava adolescente!) e sul come mi sento con gli altri: per questi motivi credo che il non sottovalutare tale difficoltà e il trattarla precocemente (quando necessario e possibile) possano rappresentare passi decisivi in un’ottica di prevenzione e di promozione del benessere, anche psicologico.
 
Dr.ssa Bignotti Maura
Psicologa Psicoterapeuta



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