10 Novembre 2007, 00.00
O
Integrazione

Il valore della preghiera

In provincia di Treviso. Il parroco di Paderno di Ponzano Veneto apre ogni venerdì le porte della parrocchia per far pregare i musulmani. Critica la Lega. Don Aldo replica: «meglio i musulmani che pregano dei cristiani che bestemmiano».

C'è una chiesa, a Paderno di Ponzano Veneto, che di venerdì diventa moschea, per favorire l'integrazione religiosa. Il parroco di Santa Maria Assunta, don Aldo Danieli, ha deciso di riservare alcuni locali della parrocchia alla preghiera e all'incontro degli immigrati musulmani. A Ponzano, che si trova in provincia di Treviso, risiedono 11.400 abitanti mentre i nuclei familiari di immigrati stranieri sono 232, circa 650 persone, provenienti soprattutto dal Nord Africa e dall'Est Europa.

IL DIALOGO AVVIENE SE NON SI CHIUDONO LE PORTE - «È inutile parlare tanto di dialogo se poi gli sbattiamo la porta in faccia. Papa Wojtyla li ha chiamati cari fratelli musulmani, come si fa allora a chiudergli la porta? Per me sono tutti figli di Dio». Agli immigrati di fede musulmana che vivono a Paderno di Ponzano Veneto e dintorni Don Aldo, 69 anni, le porte le ha spalancate mettendo a loro disposizione per la preghiera del venerdì l'oratorio della parrocchia, con annessa cucina e palazzetto, che ha contribuito a costruire anche con le sue mani. Il venerdì sono circa 200 i musulmani che arrivano da varie parti e si riuniscono a pregare nel locale che un giorno alla settimana diventa una moschea, ma per la fine del Ramadan e la festa del montone il numero sale a 1000-1200.
«Loro me l'hanno chiesto e io ho detto di sì - spiega il parroco - Gli oratori del resto rischiano di fare le ragnatele».

CRITICHE E RESISTENZE - Una decisione quella presa da don Aldo due anni fa che all'inizio ha fatto storcere il naso a più di un parrocchiano.
E non solo visto che, come racconta lui stesso, anche il vescovo e la Curia hanno fatto arrivare all'orecchio di don Aldo le loro perplessità: «Io, ingenuamente, non avevo chiesto il permesso nè al vescovo, nè a nessun altro perché per me è come fare la carità - ha spiegato don Aldo -. Del resto sono più vecchio del vescovo e sono stato anche suo professore. Comunque se me lo avessero proibito non sarei stato disposto ad obbedire».
Don Aldo è molto convinto della propria scelta e con i suoi parrocchiani più recalcitranti è stato chiaro fino alla provocazione: «Preferisco i musulmani che pregano ai cristiani che bestemmiano.
Se pensate di farmi diventare razzista vi sbagliate». L'anno scorso a don Aldo erano arrivate alcune e-mail che lo sollecitavano a stare «con le sue pecorelle» invece di aprire le porte ai musulmani: «Qualcuno mi diceva di stare attento - racconta - perché dove vanno a pregare prima «ci sgozzano i montoni» e «poi diventano padroni loro».
Insomma le contestazioni non sono mancate, ma io ho riunito il Consiglio pastorale e ho spiegato che non bisogna avere paura. Il Papa ci invita a spalancare le porte a Cristo e Cristo sono anche i musulmani.
Adesso va meglio. È un processo lento e faticoso, ma sta cominciando».

IL VESCOVO INDAGHI -  «Mi appello al vescovo Mazzocato perchè chiarisca la posizione di questo parroco che non sono convinto sia in linea con il comune sentire della Chiesa; non mi risulta, infatti, ci siano state in Veneto altre iniziative di questo genere».
E' stato questo il commento del Vicepresidente della Giunta Regionale del Veneto, Luca Zaia, alla decisione del parroco di Ponzano Veneto. «A parte il fatto che non esiste in questo nessun principio di reciprocità - ha detto Zaia - visto che nei loro Paesi non ci prestano certo le moschee per svolgere le nostre funzioni, comunque, la mia non vuole essere una presa di posizione frutto di pregiudizi, semplicemente non mi si faccia credere che l'integrazione passa attraverso queste iniziative 'buoniste'.
Io dico che integrazione significa ben altro e il processo, semmai, deve essere inverso, deve partire dagli immigrati. Sono loro a dover dimostrare che desiderano veramente integrarsi e per far ciò devono innanzitutto cominciare a rispettare le nostre leggi, i nostri usi e costumi, le nostre tradizioni, la nostra identità e la nostra cultura.
Gli immigrati devono sapere che, a casa nostra, prima di rivendicare diritti bisogna aver adempiuto ai propri doveri».

da www.corriere.it


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