Beata Irene Stefani, promulgati i Decreti

Da sempre Anfo vive sospesa la vicenda di una sua illustre cittadina, suor Irene Stefani, alla quale la comunità ha dedicato anche una via.
Ebbene, Giovedì scorso Papa Francesco ha ricevuto in udienza privata il cardinale Angelo Amato, che è il prefetto della Congregazione delle cause dei Santi ed ha autorizzato la promulgazione dei decreti riguardanti due miracoli, attribuiti all’intercessione di altrettanti Venerabili.

C'è Ludovico Eduardo Cestac, instancabile diocesiano dell’Ottocento, fondatore di Opere nei bassi Pirenei francesi, e Irene Stefani, la suora valsabbina che dedicò le sua vita alle missioni africane in Kenya.

La notizia ha fatto capolino nel centro lacustre venerdì ed è stata annunciata ufficialmente ieri in occasione della messa delle 17 dal parroco don Fabio Peli: «Sapevo con quanta attenzione ad Anfo si seguivano le vicende di suor Irene – ci ha detto -. Per l’intera comunità, quindi, si tratta di un bel momento di fede. Ancora però non sappiamo nulla in merito ai tempi necessari per fissare la data di beatificazione e neppure al luogo prescelto».

Ci vorrà il tempo necessario, come sempre senza fretta.
L’avvio della causa di beatificazione risale infatti al 1985 e suor Irene Stefani è stata proclamata venerabile il 2 aprile del 2011.
Da giovedì scorso hanno dunque preso il via tutta una serie di necessarie e meticolose verifiche, al termine delle quali la Congregazione chiederà al Papa di fissare tale data.

Nata ad Anfo il 22 agosto del 1891 col nome di Mercede, suor Irene era la quinta di dodici fratelli e fin da giovanissima manifestò la volontà di partire per missioni.
Ci riuscì prendendo i voti a 21 anni nell’Istituto delle Missionarie della Consolata a Torino e partì per le missioni in Kenya alla fine del 1914.

La sua esperienza missionaria, che l’impegnò tutta la vita, si può dividere in due fondamentali tappe, in cui maggiormente si manifestò la sua personalità umana e religiosa.

La prima, durata sei anni dal 1914 al 1920, fu quella passata nei cosiddetti ospedali militari, dove gli ammalati, soprattutto portatori africani di materiale bellico, erano ammassati senza alcun criterio in grandi capannoni, abbandonati a se stessi.

La seconda tappa della sua vita, dal 1920 al 1930, la trascorse nella missione di Gekondi, dedita all’insegnamento scolastico in un ambiente non proprio entusiasta.
Qui con la sua vivacità, correva ‘volando’ su e giù per le colline della regione, incontrando gente, invitando alla scuola e al catechismo, curando i malati, assistendo le partorienti, salvando i bambini abbandonati, prodigandosi sempre con una sconcertante delicatezza.

Accorreva ovunque, incurante della fatica, a volte delle offese e così per anni.
Finché curando un ammalato di peste, contrasse il micidiale morbo e morì.
Era il 31 ottobre 1930 e suor Irene aveva solo 39 anni, dei quali 18 trascorsi in Kenia.
I suoi resti mortali sono tumulati nella cappella della Parrocchia di Mathari, a Nieri, affidata ai Missionari della Consolata.

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