14 Febbraio 2014, 19.00
Punti di vista

Più Alberi meno Terroni

di Aldo Vaglia

Più Alberi meno Terroni è il titolo, polemico, del libro di Pino Greco, presentato giovedì sera alla biblioteca di Vobarno, fatto di racconti, ritratti, storie della Valle Sabbia


A discuterne con l’autore, assieme al sindaco Carlo Panzera, a Marcello Zane, a Sergio Piccerillo, c’ero anch’io.
Pino non ha mezze misure e ti caccia sotto il naso i temi più ostici mantenendo quel, socratico, distacco del narratore, su cose che lo riguardano in prima persona.
Lo ha fatto con il libro ‘Tiemmeo’ sulla malattia recensito da Itu su questo giornale, lo fa ora con questo nuovo libro sulla Vallesabbia.

La conclusione del libro, con la pace fatta con il dialetto, è la conferma che la provocazione rimane a livello letterario, ma i valsabbini, che non sono tutti leghisti e anche quelli che lo sono, non possono essere confusi e compresi in un'indistinta condanna.

La scritta fa parte di quell’insulsa strategia che ha trasformato la drammatica questione, che il settentrione sta vivendo e che s’accompagna a quella cronica del sud, in un semplificatorio e consolatorio antimeridionalismo che non è più capace nemmeno di raccogliere voti, lasciando sul tappeto tutte le irrisolte questioni di una economia industriale che ha perso la bussola  e che cerca responsabilità dove non ci sono.

Questo tema s’è solo sfiorato nella serata, presentatori e platea hanno preferito la più pacifica strada del ricordo. Che forse è stato il vero modo per disarmare ancora prima del nascere la polemica politica che il libro proponeva.

E così, con un certo compiacimento del come erano belli i nostri tempi e come eravamo bravi noi a fare politica, se n’è andata una piacevole serata, che ha contribuito ad omaggiare il lavoro di Pino ed a tessere le lodi del suo dipingere luoghi e personaggi della valle, che nemmeno l’occhio autoctono più attento sarebbe stato in grado di cogliere.

 


Commenti:
ID41684 - 14/02/2014 19:46:04 - (sonia.c) - il professor Bonomi ha detto una cosa bella e importante..

La parola è un dono! si! la parola salva ,la parola cura,la parola consola,la parola ci permette di esprimere i nostri sentimenti e di poterli comunicare. la comunicazione è vita ! ma la parola può uccidere..questo mi viene in mente ,a proposito della lega:le loro parole uccidono. che tipo di società può nascere ,pensavo ieri sera,da chi sceglie sempre,la parola che fa male?una cultura e una società che non vedrebbe mai nascere un Pino Greco. noi ce l'abbiamo un Pino! un "albero "(nomen-omen hè?) che è ,e sarà,"sempreverde"! sotto i suoi rami ci riparareremo dal sole...leggendo i suoi libri. grazie Pino.

ID41689 - 14/02/2014 22:11:25 - (Dru) - Non ho letto questo libro, ma il Pino che conosco non punterebbe il dito contro i deboli e gli indifesi, coloro che scrivono quel titolo lo sono.

Pino è il più adatto a capire, in una terra inventata industriale su terreni agricoli e montani, lo straniero, che non parla la tua lingua, si impone e ti indispone con il suo linguaggio. Il leghista Valsabbino è il lavoratore delle industrie pesanti che fa levatacce e lavora e lavora e lavora. Un certo momento della sua esistenza ha conosciuto un qual benessere, certo non il benessere del posto di lavoro, quello sempre unto e bisunto, ma un portafoglio che gli ha consentito di vivere in una terra che prima ti consentiva solo di sopravvivere. Tutto questo a spese della salute, ma convinti in un futuro migliore. La storia recente del leghismo, con il suo povero linguaggio, riflesso di un codice antico che dal duro lavoro alla fucina o con la càsöla si traslittera alla politica, è solo la reazione alla storia che sappiamo.

ID41696 - 15/02/2014 08:43:17 - (sonia.c) - è il concetto che è povero in quella frase.

povero di umanità.oggi come allora. i leghisti non sono tutti uguali,come dice Vaglia,ma non sono tutti montanari "chiusi" per atavica formazione ! sono il prodotto di una in-cultura,di una scarsa elasticità mentale, che grazie alla politica si è istituzionalizzata.

ID41697 - 15/02/2014 09:04:22 - (sonia.c) - si ! Pino è il più adatto a capire..

e io mi auguro che si "formino" altre persone che "capiscono" come Pino. ma perchè a capire ,devono essere sempre "gli altri"? è questo quello che chiede una certa incultura:lasciateci cosi! con la nostra ignoranza.è questo che non può,oggettivamente gettare le basi per la formazione,di un altro Pino. e questo non vale solo per certi partiti politici.è QUESTO CHE INTENDEVO. se ammiriamo certe capacità negli altri,dovremmo anche ,ipotizzare che, non sono tutte solo inclinazioni personali,sensibilità personali ma,anche e sopratutto,"formazioni culturali".

ID41699 - 15/02/2014 10:34:51 - (Dru) - Pino può capire lo straniero, certo non può capire il Valsabbino.

Lo straniero è una sua dimensione, lui lo è stato per tutta la vita, nei suoi diversi paesi, questo carattere gli conviene e lui sa definirlo;il Valsabbino per capirlo, per comprenderlo, devi averlo vissuto, in stalle buie, negli inverni gelidi, con le mani incollate al manico del badile per il freddo, con turni di notte ai furen o a staccare billette nel primo lavoro per poi dedicarsi a cercare il modo di costruire un futuro diverso ai propri figli, magari facendo per secondo lavoro il muratore. La Valsabbia, con le sue osterie e il salame e formaggio negli intervalli sempre troppo poco decisivi per un popolo affamato di rivalsa, sono un corollario insufficiente per definirene i caratteri .

ID41704 - 15/02/2014 15:17:33 - (Dru) - Perché Pino non può capire nell'origine il Valsabbino

Ma perché semplicemente la festa, il tempo che il Valsabbino ha vissuto insieme a Pino, é motivo di riflessione sul mondo creato che, alle spalle la festa, il Valsabbino festeggia. Per Pino quel mondo non è il suo prodotto, il Vino che beve a sacrificio di quella edificante creazione é un vino amaro per lui, non é un vino dolce, perché é un vino che gli si offre come ospite e non in partecipazione, la festa invece é partecipazione rituale del tempo della creazione. Chi é ospite, certo può avere un occhio acuto sul mondo ospitante, ma per lui la memoria é un che di riportato, mai é un creato, é un che di saputo, mai di inventato. Un poco come nelle feste dei coscritti quando ad essere invitato é un ormai lontano paesano che con difficoltà, sebbene usando la creanza e l'intelligenza, partecipa delle memorie degli altri.

ID41747 - 17/02/2014 09:24:28 - (gizeta2002) -

Personalmente ritengo che la realt non sia quella riferita dal titolo n quella descritta nell'articolo e tantomeno quella un po' offensiva dei commenti di Sonia. Ciao.

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