18 Novembre 2013, 07.00
Racconti del Lunedì

Una giornata meravigliosa con Giovannino Guareschi

di Ezio Gamberini

Una delle più belle giornate della mia vita è sicuramente quella trascorsa a Fontanelle di Roccabianca, in provincia di Parma, il primo maggio del 2008

 
Con Grazia partimmo di buon’ora, per partecipare alle celebrazioni dedicate al centenario della nascita di Giovannino Guareschi, che avvenne nei locali adiacenti alla casa del Popolo di quel paesino della bassa il primo maggio del 1908, anche allora giorno dedicato alle Festa del Lavoro.
 
A supporto dei più giovani, per i quali forse è poco conosciuto, prima di narrare la cronaca di questa giornata meravigliosa è buona cosa informare che Giovannino Guareschi, “papà†di Peppone e don Camillo, ha venduto, e vende ancora oggi senza interruzione, decine di milioni di volumi in tutto il mondo, tradotti in un numero imprecisato di lingue, sicuramente più di ogni altro scrittore italiano di ogni tempo.
 
Oltre a ciò, i leggendari cinque film dedicati alla saga (“Don Camillo†del 1952, “Il ritorno di don Camillo†del 1953, “Don Camillo e l’onorevole Peppone†del 1955, “Don Camillo monsignore…ma non troppo† del 1961 e “Il compagno don Camillo†del 1965) sono stati visti da milioni di spettatori e tuttora, ad ogni passaggio televisivo, fanno il pieno di audience e gradimento.
 
Don Camillo e Peppone sono i personaggi che gli diedero la maggiore notorietà; con lo scrittore in vita furono stampati tre volumi: “Don Camillo†nel 1948, “Don Camillo e il suo gregge†nel 1953 e “Il compagno don Camillo†nel 1963, tutti preceduti da un “Mondo piccoloâ€, quasi a voler rimarcare, sottolineandola, l’atmosfera genuina e familiare, anche se rude e brusca, del piccolo mondo della “bassaâ€, con le sue atmosfere, il grande fiume, e “...nebbia densa e gelata che opprime d’inverno, e il sole, che picchia martellate in testa alla gente… in quella fettaccia di terra che sta fra il Po e l’Appennino…â€.
 
E Guareschi in una ventina di anni scrisse trecentoquarantasette racconti con i due personaggi quali protagonisti, proposti soprattutto sul “Candidoâ€, seguitissimo quindicinale umoristico, che furono poi raccolti e pubblicati postumi in vari volumi: “Don Camillo e i giovani d’oggiâ€, “Gente cosìâ€, “Lo spumarino pallidoâ€, “Noi del boscaccioâ€, “L’anno di don Camilloâ€, “Il decimo clandestinoâ€, “Ciao don Camilloâ€, ma soprattutto “Tutto don Camilloâ€, che in una lussuosissima edizione Rizzoli del 1998, regalatami dai miei figli e da mia moglie, racchiude tutti e trecentoquarantasette i racconti.
 
In seguito altri numerosissimi titoli sono stati pubblicati, anche a cura dei figli Alberto e Carlotta: ne ricordo soltanto altri tre, che, caso stranissimo, mi sono stati regalati in occasione dei miei compleanni: “Giovannino nostro padreâ€, del 2009, a cura di Alberto e Carlotta Guareschi e i due volumi “La famiglia Guareschi†del 2010 e 2011, sempre curati dai figli e stampati ovviamente da Rizzoli.
Tutto sommato, non è stato niente male l’utilizzo di sole “duecento paroleâ€, come lo stesso Guareschi diceva di utilizzare per scrivere i suoi racconti, per gli affezionati “ventitré lettoriâ€.
 
Nel 1936, dalla pianura parmense si trasferì a Milano, andando a vivere inizialmente in due stanzette insieme a quell’Ennia Pallini che sposerà, rinominata “Margherita†in tutti i suoi racconti, mentre il primogenito Alberto conserverà gran parte delle sue “originiâ€, comparendo nella rubrica settimanale del “Corrierino delle famiglie†come “Albertinoâ€; la secondogenita Carlotta, invece, nel medesimo contesto “familiareâ€, sarà la mitica “Pasionariaâ€, protagonista vivace, scanzonata e irriverente, soprattutto nei confronti di “quella làâ€, come chiamava Margherita, rispetto al più “serio†e riflessivo Albertino.
 
In pochi anni scrisse e concepì migliaia di racconti e vignette (Guareschi era un vignettista formidabile, acutissimo e incisivo) diffusi grazie alle collaborazioni con decine di testate, tra cui il Corriere della Sera, ma principalmente con il “Bertoldoâ€, periodico umoristico che vide la nascita in seguito ad un’idea di Angelo Rizzoli, per emulare l’enorme successo del romano Marc’Aurelio, il quale nel 1935 chiamò Cesare Zavattini a Milano per gestire il progetto.
 
Zavattini,  che era stato istitutore di Guareschi al collegio Maria Luigia di Parma, più anziano di sei anni, lo invitò a collaborare, e Guareschi divenne capo-redattore di un periodico che si avvalse del contributo, tra gli altri, di Giovanni Mosca, Vittorio Metz,  Marcello Marchesi, Carlo Manzoni, Walter Molino, Saul Steinberg, Giacinto Mondaini, alcuni dei quali successivamente lo seguiranno al “Candidoâ€, e nel giro di tre anni il quindicinale Bertoldo divenne settimanale, con un successo straordinario e tirature strepitose, superiori alle cinquecentomila copie a settimana.
 
Nel 1941 l’editore Rizzoli gli pubblicò “La scoperta di Milanoâ€, primo volume dello scrittore.  
L’anno successivo uscì “Il Destino si chiama Clotildeâ€, poi la guerra, il campo di concentramento, mentre nel 1944 fu pubblicato “Il marito in collegioâ€, e nel 1946 “La favola di Nataleâ€, struggente racconto scritto durante la prigionia che narra del figlio Albertino il quale, nella notte di Natale, si mette in viaggio per andare a trovare suo padre, accompagnato da fantastici personaggi.
Sempre dalla prigionia scaturì “Diario clandestinoâ€, pubblicato nel 1948, dopo “Italia provvisoria†e “Lo Zibaldino†del ’47 e ’48. In “Diario clandestino†è da sottolineare la grande voglia di vivere, che se ne ricava dalla lettura: “Non muoio neanche se mi ammazzano!†era il motto del prigioniero Giovannino Guareschi il quale, insieme con altri “eroiâ€, musicisti come Arturo Coppola, poeti come Roberto Rebora, attori come Gianrico Tedeschi, cercarono di tenere alto il morale dei compagni proponendo corsi e letture nei più svariati generi, compresa la messa in opera di spettacoli, tra cui la lettura animata con accompagnamento musicale e rumorista annesso della “Favola di Nataleâ€, presentata proprio la vigilia di Natale nel campo di concentramento, che commosse tutti prigionieri.
 
Nel 1945, finita la guerra, fu interpellato da Rizzoli per fondare il “Candidoâ€, degno erede del “Bertoldo†chiuso nel 1943, di cui Guareschi sarà condirettore con Giovanni Mosca fino al 1950.
In seguito, per sette anni, diresse da solo il periodico, e dal 1957 continuò a scrivere come collaboratore esterno fino al 1961, quando il giornale chiuse i battenti.
Sulle colonne di questo quindicinale, nel dicembre del 1946, apparirà il primo racconto di “Mondo Piccoloâ€, destinato originariamente al settimanale “Oggiâ€, con i due protagonisti, don Camillo e Peppone, che lo accompagneranno per più di vent’anni (e trecentoventi racconti pubblicati sul “Candidoâ€!).
 
Nel 1954 furono raccolti in volume i primi racconti della rubrica “Il Corrierino delle famiglieâ€, pubblicati settimanalmente sul Candido e la rubrica proseguirà successivamente per alcuni anni (i “pezzi†saranno poi raccolti e pubblicati postumi in vari volumi).
Quattro anni prima, nel 1950, Guareschi fu condannato a una pena di otto mesi per vilipendio al Capo dello Stato poiché, essendo direttore del Candido, era responsabile della pubblicazione di una vignetta di Carletto Manzoni che prendeva in giro Luigi Einaudi, Presidente della Repubblica, il quale permetteva che sulle etichette del suo Dolcetto di Dogliani venisse messa in evidenza la sua carica di “presidenteâ€.
 
La pena non fu eseguita in virtù della concessione della condizionale, ma fu decisiva quattro anni dopo, quando lo scrittore, che aveva pubblicato sul Candido due lettere firmate da De Gasperi, presidente del Consiglio, il quale chiedeva agli alleati di bombardare la periferia di Roma allo scopo di demoralizzare i collaborazionisti dei tedeschi, fu condannato ad altri dodici mesi, che si assommarono agli otto precedenti, obbligandolo a prendere la via del carcere.
 
Convinto di aver subito un’ingiustizia (Guareschi era sinceramente convinto che le lettere fossero autentiche, ed erano accompagnate da una perizia calligrafica e una relazione giurata di un notaio, prove che non furono ammesse al processo e successivamente, peraltro, le lettere stesse furono distrutte definitivamente), non chiese alcuna indulgenza e impedì con veemenza che i famigliari chiedessero la grazia: “Per rimanere liberi bisogna, a un bel momento, prendere senza esitare la via della prigioneâ€, fu il suo commento.
 
Il 26 maggio 1954 lo scrittore varcò la soglia del carcere di Parma e ne uscì quattrocentonove giorni dopo, il 4 luglio del 1955, senza favoritismi di alcun genere, se non usufruendo di uno sconto sulla pena prevista in diciotto mesi, per buona condotta, alla quale non si sentì di rinunciare chiedendone perciò l’esecuzione, spinto dai familiari.
La libertà vigilata dei successivi mesi, però, gli fu forse più odiosa della detenzione stessa, e non mancò mai di sottolinearlo.
 
Eppure Giovannino Guareschi era stato, soprattutto secondo la stampa europea che rimarcò i suoi meriti sulle pagine dei più importanti quotidiani, il principale fautore della sconfitta del “Fronte della Libertà†nelle drammatiche elezioni del 1948, che registrarono la vittoria della Democrazia Cristiana, partito che il giornalista sostenne con la pubblicazione di vignette celebri, che passeranno alla storia: “Nel segreto dell’urna elettorale, Dio ti vede, Stalin no!â€, oppure appellando “Trinariciuti†i comunisti, ritraendoli appunto con tre narici, in ogni vignetta in cui li prendeva in giro per l’obbedienza cieca e assoluta a qualsiasi ordine ricevuto dall’alto.
 
In una vignetta i funzionari di partito, tutti con tre narici, per la serie “Obbedienza pronta, cieca e assolutaâ€, mostrano a un dirigente del partito un ponte sul fiume; la didascalia recita: “Contrordine compagni! La frase pubblicata sull‘Unità ‘Al termine della campagna elettorale bisogna presentare i ponti all’Ispettore della Federazione’ contiene un errore di stampa e pertanto va letto:’Al termine della campagna elettorale bisogna presentare i conti all’Ispettore della Federazione’.
Secondo lo scrittore la terza narice “serve di scarico in modo da tener sgombro il cervello dalla materia grigia e permette nello stesso tempo l’accesso al cervello delle direttive di partitoâ€.
 
Forse Guareschi pagava il suo voler essere libero, sempre e comunque, circostanza che lo portò a biasimare, o meglio, attaccare e anche aspramente, De Gasperi e il suo governo poco tempo dopo la vittoria nelle elezioni del ’48, accusandolo di non tener fede agli impegni presi con la nazione e disapprovando alcune scelte effettuate dal Presidente del Consiglio; fu criticato e subì gli strali di destra e sinistra, non esclusi alcuni settori del mondo cattolico.

Ma quando uscì dal carcere, nel 1955, non era più lui.
La sua salute ne risentì pesantemente, e il mal di stomaco e le ulcere che lo assillarono in sostanza per tutta la vita, non gli lasciarono più tregua.
Sembrava anche “spompatoâ€, se non disilluso, e gli ci volle del tempo per riprendere ciò che in ogni modo, nei successivi tredici anni che gli restavano da vivere, non fu più “vita normaleâ€.
 
La sua salute subì un altro sussulto nel 1961, quando fu colpito da un infarto che ne minò ulteriormente umore e creatività, ma proseguì nella sua attività (“Il Compagno don Camilloâ€, volume del 1963 e film del 1965, “La calda estate di Gigino il Pestifero†del 1967) e infine collaborò al quotidiano “La Notteâ€, fino alla fine dei suoi giorni, pubblicando, secondo Nino Nutrizio, fondatore del giornale milanese nel 1952 e suo direttore per ventisette anni, fino al 1979, alcune vignette giudicate tra le più belle mai create dall’autore parmigiano.
 
Ma torniamo alla cronaca di una meravigliosa giornata.
Partiamo di buon’ora, come detto, e dopo un centinaio di chilometri finalmente si attraversa il Po. Io non so cosa mi succeda, ma ogni volta che si verifica questa ricorrenza sono pervaso da un’euforia insolita e travolgente.
Forse è il DNA che mi ritrovo appiccicato in ogni cellula: mio nonno Duilio Guido Gamberini nacque a Baricella, in provincia di Bologna, nel 1896; suo padre, il mio bisnonno Giuseppe, sempre a Baricella nel 1864; suo padre, mio trisnonno Giacomo, nacque a Minerbio, in provincia di Bologna, nel 1823, mentre suo padre, il mio quadrisavolo Antonio, l’ultimo Gamberini di cui conservo traccia, è nato probabilmente dopo il 1790, sempre in Emilia.
 
Soltanto mio papà Bruno è nato nel bresciano, a Toscolano Maderno nel 1922, perché suo padre Duilio Guido si trasferì da Baricella sul Garda, distaccato dall’azienda in cui lavorava come autista dei tram, al termine della prima guerra mondiale.
Insomma, nelle mie vene, e soprattutto nelle scarsissime cellule che latitano nella mia scatola cranica, scorre e risiede roba emiliana, e quando attraverso il Po, abbasso i finestrini dell’autovettura e annuso il profumo che proviene dai campi appena arati, io mi sento a casa!
 
Arriviamo a Fontanelle di Roccabianca e parcheggiamo in un campo predisposto appositamente, al limitare del centro abitato. Ci sono centinaia di persone! Il programma prevede alle dieci la messa e a seguire, verso mezzogiorno, sarà inaugurato il Museo “Il Mondo Piccoloâ€, collocato nell’edificio che fino a qualche anno fa ospitò le scuole elementari, e la statua che all’ingresso riproduce a grandezza naturale, appoggiata a terra, la figura di Giovannino Guareschi in sella alla sua bicicletta.
 
Entriamo in chiesa e, sorpresa, la messa è in latino! All’ “Ite, missa estâ€, improvvisamente si apre il portone principale e una signora con un fagotto in mano si mette a urlare: “Don Camillo, don Camillo, c’è della roba da battezzare!â€.
Dalla sacrestia esce “don Camillo†e comincia la pantomima che prosegue per alcuni minuti. I due attori sono davvero formidabili e creano un’atmosfera unica e irripetibile.
Chi ha visto e rivisto i film di Peppone e don Camillo, i quali alla fine non sono altro che la trasposizione nei due personaggi di stomaco, cervello e soprattutto cuore dell’autore che li ha creati, mentre la coscienza è esclusivamente riservata alla voce del “Cristoâ€, può ben comprendere l’emozione che questa gustosa “scenetta†ha suscitato in tutti i presenti.

Il discorso di inaugurazione del museo e della statua è stato tenuto da Vittorio Sgarbi, il critico d’arte famoso soprattutto per le sue performance televisive.
Devo sinceramente ammettere che non ho affatto compreso il suo intervento, che ha messo in relazione Enzo Biagi e Giovannino Guareschi, quasi fossero l’uno il giornalista “vero†(Guareschi), e l’altro (Biagi) asservito alla politica, dalla parte che non è evidentemente quella di Sgarbi.
Ma, e lo dico sommessamente, Vittorio Sgarbi sa che Enzo Biagi è stato uno dei pochi a partecipare ai funerali di Giovannino Guareschi e lo considerò sempre un amico, con profondo rispetto e affetto?

E parlando di politica, mi è capitato spesso di chiedermi da che parte starebbe oggi, e mi sono risposto che continuerebbe a comportarsi da galantuomo come sempre, menando “fendenti†a destra e a manca, nei confronti di personaggi squallidi e arroganti, oggi sicuramente più numerosi di allora, senza mai rinunciare a seguire gli impulsi ispirati dal suo spirito libero, e soprattutto dalla sua coscienza.
Anche oggi, ne sono convinto, sarebbe sgradito agli “uni†e agli “altriâ€.
 
Poi rivedo i figli Alberto e Carlotta (la prima volta li incontrai il 22 luglio 1998 in occasione di una messa nel duomo di Cervia, ove con la famiglia trascorrevamo le ferie,  in commemorazione del trentesimo anniversario della scomparsa dello scrittore e in seguito sempre alle Roncole); Fabio Marri, il professore-giornalista-maratoneta, con il quale ci siamo incrociati, tra le altre, alle maratone di Atene e New York, docente di linguistica italiana all’Università Statale di Bologna, che ha curato la prefazione del mio primo volume nel 2008, con sua moglie Daniela, pure lei professoressa-maratoneta; Guido Conti, scrittore parmense autore della biografia che l’editore Rizzoli ha dedicato a Guareschi nel 2008: “Giovannino Guareschi, biografia di uno scrittoreâ€.
Lo incontro per la prima volta, dopo averlo rincorso via mail e telefonicamente nel tentativo, non riuscito a causa dei suoi molteplici impegni, di portarlo alla biblioteca del mio paese, di cui sono stato presidente per quindici anni, fino al 2009, per presentare questa biografia; lo rivedrò il luglio dello stesso anno, in Piazza Duomo a Brescia, in occasione della Fiera del Libro e poi, in seguito, durante un’assemblea del “Club dei Ventitre†a Roncole Verdi. Ritengo che quella di Guido Conti sia la biografia più completa e circostanziata sullo scrittore nato a Fontanelle.
Ne segnalo altre due, bellissime e imperdibili per i “malati†di Mondo Piccolo: “Guareschi†di Beppe Gualazzini – Editoriale Nuova, 1981 e “Giovannino Guareschi, una storia italiana†di Alessandro Gnocchi – Rizzoli, 1998; impossibile invece elencare gli innumerevoli lavori prodotti da Giovanni Lugaresi ed Egidio Bandini, forse i maggiori esperti conoscitori dello scrittore.
 
Per fortuna abbiamo avuto la bella idea, prima di entrare in chiesa per la messa, di prenotare un tavolo per due all’Hostaria da Ivan, perché a mezzogiorno e mezzo non si troverà un posto libero neppure a pagarlo a peso d’oro.
Grazia ed io ci rimpinziamo con gusto di tortelli, guanciale e culatello, il tutto accompagnato da un bigoncio di ottimo Lambrusco che ci scoliamo. Che soddisfazione!
Nel pomeriggio gironzoliamo per Fontanelle e visitiamo il museo e le mostre predisposte con cura dal comitato organizzatore, godibili e stimolanti.
E’ ora di tornare a casa, e ci piange il cuore…
 
***
Estate 1968, è luglio avanzato e da qualche giorno, per il secondo anno a fila, mi trovo a Cervia, ospite in una delle grandi colonie costruite sul litorale, all’interno delle pinete, insieme con altre centinaia di figli dei dipendenti delle gloriose Acciaierie e Ferriere Lombarde Falck.
Ho compiuto otto anni, e mi godo le vacanze cortesemente offerte dalla grande azienda siderurgica che nel mio paese occupa milleseicento lavoratori, con somma gioia dei nostri genitori che per tre settimane possono ricaricare le pile…
La disciplina è ferrea e gli ordini “spartaniâ€: tutti in fila sulla spiaggia obbediamo simultaneamente alle disposizioni del direttore che con un primo trillo di fischietto ci ordina di entrare in acqua.
Trascorrono soltanto dieci minuti e poi, implacabile: “Fiiiiiitttâ€, un secondo trillo ci ricorda che dobbiamo uscire; tutti di nuovo in fila, e un nuovo trillo impone di togliersi gli slip bagnati e indossare quelli asciutti, e il resto del tempo è trascorso in spiaggia giocando con la sabbia.
 
Da due o tre giorni osservo al mattino un signore robusto, non molto alto, che sopraggiunge dalla pineta dopo aver appoggiato la sua bicicletta a un palo.
Indossa “la sua tenuta di mare, pantaloni corti, calzettine sotto il ginocchio, sandali, una camiciola qualsiasiâ€, e passeggia lentamente sulla battigia, con le mani dietro la schiena e il capo chino.
 
Ogni tanto si ferma e alza lo sguardo, scruta l’orizzonte per qualche istante, poi scuote la testa e riprende il cammino. Ha capelli ondulati, pettinati all’indietro, un bel paio di baffi parcheggiati alla base di un naso adunco e due occhi scuri, che mi fissano incuriositi quando, la quarta mattina, gli chiedo:
“Ehi, signore, perché scuoti la testa?â€.
“Eh…â€, mi risponde sospirando. All’improvviso i suoi occhi sembrano luccicare, i grandi baffi hanno un fremito e con gesto fulmineo caccia la mano nel taschino della camiciola ed estrae due piccoli oggetti, che non riesco a identificare perché li richiude all'istante uno per mano.
 
Esibisce i due pugni chiusi davanti al mio naso:
 “Scegli!â€, mi ordina con malgarbo.  
“Mhhh…questa!â€, dichiaro per nulla intimorito, indicando la sinistra. Apre la mano e lancio un urlo di gioia:
“Una bilina!â€.
“Bilineâ€, sono chiamate le castagne secche dalle nostre parti, ed io ne vado pazzo.
La metto subito in bocca e all’istante parte il lento lavorio che durerà alcuni minuti per ammorbidirla convenientemente, prima che il meraviglioso frutto possa essere masticato, mentre nel frattempo, chiudendo gli occhi, si può gustare pienamente il sentore di bosco.
 
Con l’indice gli batto sul dorso dell’altra mano, ancora stretta a pugno:
“E qui, cosa c’è?â€.
La apre lentamente: che roba è? Scorgo una cosa informe, ma riconosco, senza ombra di dubbio, delle impronte lasciate dai dentini di un bambino, uguali spiaccicate a quelle che lascio io sullo spigolo del pezzo di Parmigiano, ogni volta che mamma lo compra al mercato lasciandolo poi incustodito nel frigorifero, quando di nascosto riesco a portare a termine la marachella.
“Ma è un pezzo di Parmigiano!†gli dico convinto. Annuisce col capo e i suoi baffi sorridono impercettibilmente.
“Vieni ancora domani?â€, gli chiedo.
 “Non lo so… Ciao bambinoâ€.
 
I suoi occhi scuri ora mi osservano con intensità e trasmettono una sensazione d’infinita dolcezza.
Che volete, amici, allora avevo otto anni. Ma, a pensarci bene, anche oggi che l’anagrafe mi ricorda impietosa di aver superato i cinquantatre, ne ho sempre otto. Cinque anni fa, quando fui colpito dal secondo infarto che parve stroncarmi, e che mi costrinse a restare inchiodato ad un letto del reparto di rianimazione e poi di terapia intensiva senza muovermi per un’intera settimana, ciò che mi tenne in vita fu “in primis†l’amore della mia famiglia, e poi le millecento pagine del primo volume “Tutto don Camilloâ€, che tenevo sul comodino e che terminai prima di essere ricondotto nel reparto “ordinarioâ€; ogni mezz’ora mi ripetevo: “Non muoio neanche se mi ammazzano!â€.
 
E anche se il mio cuore si ostina a non funzionare più come un orologio perché il motore si è un po’ “grippatoâ€, sono certo che fra vent’anni ne avrò ancora otto, e conserverò nella tasca della giacca una “bilinaâ€, da poter offrire a un bambino curioso.
Giovannino Guareschi muore la mattina del 22 luglio 1968, nella sua casa al mare di Cervia in Viale Bellucci, colpito da infarto, a sessant’anni di età.
Da quarantacinque anni non c’è più, ma non è mai stato vivo come oggi.
E la prossima volta in cui farò un salto alle Roncole, ti lascerò, Giovannino, non un fiore, ma una castagna secca.
 
Ezio Gamberini
 

 

 



Commenti:
ID37990 - 18/11/2013 09:14:04 - (sonia.c) - grazie Ezio!

Guareschi era un uomo scomodo..un uomo vero. ci sono esperienze che "formano". ci sono persone che possono affrontare e superare certe esperienze traumatiche perchè,sono, "già formate" ! uomini veri..non gli ominicchi..

ID38147 - 21/11/2013 13:44:57 - (Tc) -

Ahhh come mi allietava la sua narrativa nei film di Don Camillo e Peppone...ho perso il conto di quante volte li ho visti e rivisti....talmente preso che son andato almeno 3 volte a Brescello a vederne il museo...eh..se e' lo scrittore italiano piu' venduto al mondo,ci sara' pure un motivo....;-)

ID38161 - 21/11/2013 17:35:05 - (sonia.c) - heeeeeeeeeee! ma anche i libri son fantastici!

tanti piccoli racconti di facilissima lettura ! è stato tradotto in non sò quante lingue perchè,quello che esprimeva, rispecchiava i sentimenti di tutti i popoli..e di tutti gli uomini..gli altri ,siamo noi! cerca :il breviario di don camillo. ciao.

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