Giulio Sapelli, oltre l'austerità

“L’austerità ti fa male, lo sai”. Questo è il titolo dell’incontro pubblico con Giulio Sapelli, economista e professore ordinario di Storia Economica presso l’Università di Milano, che si terrà questo martedì 12 novembre alle 20.15 presso la Saletta del Museo Archeologico di Gavardo, organizzato dall’amministrazione comunale di Gavardo, dalla Comunità montana di Valle Sabbia e dalla Pro loco del Chiese. A condurre l’incontro sarà il prof. Roberto Chiarini.

Sapelli, che affianca all’attività di docenza anche l’attività di editorialista prima presso Il Corriere della Sera e, attualmente, presso Il Messaggero, cercherà di dare la sua visione di addetto ai lavori sugli scenari socio-economici attuali e alle possibili vie da seguire per uscire dal declino economico di questi ultimi anni.

Giulio Sapelli è professore ordinario di Storia Economica all'Università degli Studi di Milano. È stato consulente di Olivetti, Eni ed altre aziende italiane. Già presidente della Fondazione Monte dei Paschi di Siena (2000-2001), dal 2002 al 2009 è stato componente del consiglio di amministrazione di Unicredit Banca. Dal 2002 è tra i componenti del World Oil Council. Dal 2003 fa parte dell’International Board dell'OCSE per il no profit.

“L’Europa deve assolutamente abbandonare l’austerità a tutti i costi – ha detto in un recente intervento pubblico Sapelli –, prendendo coscienza che quella che stiamo attraversando è una crisi economica di fronte alla quale la crisi del ’29 era ben poca cosa. Troppo a lungo la finanza ha preso il sopravvento sull’economia reale; ora bisogna invertire questa tendenza”.

“Anche mio padre, un operaio tipografo molto intelligente, sapeva bene che, in un momento di depressione, se aumentiamo le tasse finisci in recessione. Non serve studiare per capirlo: basta il buon senso. Ma gli economisti neoclassici non hanno buon senso. Sono come gli estremisti islamici”.

Eccolo qui, Giulio Sapelli, pugno di ferro, in guanto di velluto, non usa circonlocuzioni per esprimere il suo dissenso alle ricette liberiste, oggi in voga in Bocconi e dintorni “governativi”.

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