21 Settembre 2013, 12.32
Terza pagina

Determinismo: la perdita della verginità

di LoStraniero

Ho seguito su queste pagine alcuni articoli e relativi commenti e discussioni nei quali si parlava di determinismo...

 
... Allora mi è venuta in mente una conferenza tenutasi a Londra qualche tempo fa, sui personaggi dei Promessi Sposi. Voi direte: che c’entra?
In questa conferenza, lunga è barbosa, gli oratori, preoccupati di mostrare più la loro arte oratoria che la psicologia dei vari personaggi, si dilungavano sui caratteri delle varie figure del capolavoro manzoniano.
 
Trovai Don Ferrante molto interessante.
Egli sosteneva che, poiché la peste non è sostanza, né accidente, allora non esiste. E mantenne quest’assunto anche quando, ammalato di peste, fu costretto a letto e ne morì.
Alla fine della conferenza s’interpellò il pubblico per sapere quante persone avessero letto il romanzo di Manzoni. Si scoprì così che, dei presenti, nessuno l’aveva letto.
 
Allora mi accingo io a l’ardua impresa, a colmare questa vergognosa lacuna.
Parlerò perciò dei Promessi Sposi.
 
La scienza moderna nasce come prodotto di quella rivoluzione scientifica che, tra il cinquecento e il seicento, cambiò il modo di intendere la conoscenza umana.
Questa scienza è nata dall’intendere la natura dal punto di vista matematico così come sostenuto da Galilei, che fondò quel metodo sperimentale su cui ancora oggi si fonda la scienza.
 
L’universo ha una struttura matematica, come dice Galilei nel Saggiatore:
“La filosofia è scritta in questo grandissimo libro, che continuamente ci sta aperto innanzi agli occhi, ma non si può intendere se prima non s’impara a intender la lingua, e conoscer i caratteri né quali è scritto. Egli è scritto in lingua matematica, e i caratteri son triangoli, cerchi, e altre figure geometriche, senza i quali mezzi è impossibile a intenderne umanamente parola; senza questi è un aggirarsi vanamente per un oscuro labirinto”.
 
Con la scienza galileiana cambia anche il modo di concepire la natura: una grande rete di rapporti di causa ed effetto.
A completare questo quadro fu poi Newton, il quale, con i suoi Philosophiae Naturalis Principia Mathematica, pose definitivamente le basi della fisica moderna e con essa della sua concezione deterministica dell’universo.
 
In cosa consiste allora il determinismo scientifico classico?
Consiste nel sostenere che la conoscenza dello stato di un sistema fisico (posizioni e velocità) in un particolare istante, anche arbitrariamente scelto, permette di determinare con assoluta precisione ed esattezza lo stato di tale sistema in qualsiasi altro momento, sia passato sia futuro.
 
Il francese Laplace, così si esprime in proposito:
“Un’intelligenza che, per un istante dato, conoscesse tutte le forze da cui la natura è animata e la situazione rispettiva degli esseri che la compongono, se fosse abbastanza vasta da sottoporre questi dati ad analisi abbraccerebbe nella stessa formula i moti dei corpi più grandi dell’universo e quelli dell’atomo più leggero: per essa non ci sarebbe nulla d’incerto, e il futuro come il passato sarebbe presente ai suoi occhi”
 
Il determinismo scientifico classico possiede le seguenti tre caratteristiche:
la reversibilità
la neutralità del ruolo dell’osservatore
la linearità.
 
Reversibilità.
Ogni fenomeno fisico è reversibile. Se un dato sistema fisico è passato da uno stato iniziale A ad uno stato finale B, è sempre possibile farlo tornare esattamente allo stato A invertendo il segno delle forze che vi sono state applicate. Il sistema può muoversi indistintamente verso uno stato successivo o verso uno stato precedente.
La cosa non ha alcuna particolare rilevanza. In un sistema reversibile, dunque, non esiste nessuna direzione temporale privilegiata, nessuna freccia del tempo: il passato e il futuro sono perfettamente equivalenti, interscambiabili.
 
Ruolo dell’osservatore.
Lo scienziato osserva la natura in modo asettico, neutrale, oggettivo. Con l’avvento della scienza galileiana, la natura assume i caratteri dell’oggetto, cioè di qualcosa che sta di fronte al soggetto conoscente.
La presenza dello scienziato che osserva il fenomeno naturale, però, non influisce per niente sul modo in cui tale fenomeno si manifesta. Lo scienziato è soltanto l’occhio che osserva oggettivamente i fenomeni. Il fenomeno fisico non dipende dalla presenza dello scienziato, il quale si limita a osservarlo e a scoprirne le leggi.
 
Linearità.
In un sistema fisico, la variazione dello stato iniziale A produce una variazione dello stato finale B che è proporzionale ad A. Ovvero, una piccola variazione di A provoca una piccola variazione di B, così come una grande variazione di A comporta una grande variazione di B. Se si mutano le condizioni dello stato iniziale del sistema, quindi, le condizioni del suo stato finale cambieranno proporzionalmente alla variazione dello stato iniziale.
 
La crisi del determinismo consiste nella perdita delle tre caratteristiche enunciate.
 
La prima caratteristica del determinismo che fu messa in discussione fu la reversibilità.
Il premio Nobel Ilya Prigogine, a proposito delle macchine termiche introdotte dalla prima Rivoluzione Industriale, dice:
“Lo spettacolo delle macchine termiche, delle rosseggianti caldaie delle locomotive in cui il carbone brucia senza ritorno per produrre il movimento, stabilisce un abisso invalicabile tra lo spirito classico e la cultura del XIX secolo”
“La fisica credette di poter trascurare che ciò che era consumato dalle macchine a vapore spariva senza ritorno. Nessuna macchina termica restituirà al mondo il carbone che ha divorato”.
 
Il problema dell’irreversibilità dei processi fisici aveva quindi fatto il suo ingresso nella scienza.
Non era per niente vero che, per ogni sistema fisico passato da un determinato stato iniziale A a un determinato stato finale B, fosse possibile, invertendo il segno delle forze coinvolte in tale trasformazione, ripercorrere il cammino contrario, ritornando così dallo stato B allo stato A.
 
Nelle trasformazioni termiche, infatti, qualcosa si perde definitivamente, in modo irreversibile. Se si brucia un pezzo di carta, si producono cenere, calore e fumo; il pezzo di carta è perduto per sempre, e non esiste alcun processo fisico inverso capace di ritrasformare questa cenere, questo calore e questo fumo nel pezzo di carta originario.
 
Di conseguenza, cade anche la tesi dell’equivalenza tra passato e futuro: esiste una direzione temporale, una freccia del tempo, che conduce dal passato al futuro, impedendo il cammino inverso; una freccia del tempo non limitata alle trasformazioni termiche, ma che si estende a tutti i processi fisici.
“Mentre le leggi della fisica classica negavano la freccia del tempo, oggi possiamo affermare che il divenire irreversibile segna tutti gli enti fisici”
 
La seconda caratteristica del determinismo che fu messa in discussione fu il ruolo dell’osservatore. L’osservatore non è più neutrale.
Può l’atto dell’osservazione modificare lo stato dell’oggetto osservato?
Per rispondere a questa domanda occorre riferirsi alla Meccanica Quantistica.
 
Le basi della Meccanica Quantistica sono poste nel 1900 da Max Planck, il quale introdusse il concetto di quanto.
Planck ipotizzò che gli scambi di energia non avvenissero in modo continuo, bensì attraverso piccole quantità discrete di energia che egli chiamò appunto “quanti”. Il fiume che scorre davanti a me sembra un flusso continuo, omogeneo, formato apparentemente da un’unica massa d’acqua che fluisce come una sola unità in movimento.
 
Oggi, sappiamo che non è così.
Il fiume che fluisce davanti ai miei occhi non è per niente un’unica massa d’acqua, continua e omogenea, ma, al contrario, è composta di miliardi e miliardi di minuscole molecole d’acqua che procedono assieme, formando in questo modo un flusso discreto di particelle così piccole e numerose da darci, però, l’impressione della continuità e dell’unità del fiume stesso. Allo stesso modo, l’energia, secondo Planck, non è scambiata in modo continuo, ma attraverso questi piccoli pacchetti discreti: i quanti.
 
La tesi di Planck fu ripresa nel 1905 da Einstein, che la applicò nella sua spiegazione dell’effetto fotoelettrico: anche la luce, secondo Einstein, si comporta in certe situazioni come se la sua propagazione non avvenisse in modo continuo, bensì attraverso quantità discrete, veri e propri quanti di luce, cui attribuì il nome di fotoni.
 
Nel 1913, la teoria quantistica di Planck permise al danese Niels Bohr di elaborare il suo modello atomico, superando in questo modo quello del maestro Rutherford (che paragonava l’atomo a un piccolo sistema solare).
Il modello di Bohr prevedeva che gli elettroni (di carica negativa) “girassero” intorno al nucleo dell’atomo, formato da protoni (di carica positiva), in modo tale, però, che stessero sempre e solo su un certo numero di orbite “permesse”, a ognuna delle quali corrispondeva un ben definito livello energetico. Anche la disposizione dell’elettrone intorno al nucleo era adesso descritta in maniera discreta, e non più continua.
 
Con la quantizzazione del modello atomico assistiamo anche al passaggio dal concetto di “orbita atomica” a quello di “orbitale atomico”.
Non possiamo determinare in modo preciso la posizione dell’elettrone nel suo velocissimo moto intorno al nucleo (come possiamo invece fare per i pianeti in ogni istante del loro moto di rivoluzione attorno al sole), ma possiamo però individuare le zone dello spazio circostante al nucleo in cui è più probabile trovarlo: a questo spazio fu assegnato il nome di orbitale.
In tal modo, la probabilità entrava prepotentemente anche in questa nuova teoria fisica.
 
Già uno dei padri della Meccanica Quantistica, Werner Heisenberg, aveva capito che l’interpretazione probabilistica della Fisica dei Quanta, come lui spesso la chiama, stava rompendo i ponti con il determinismo di stampo newtoniano:
“Per questa ragione il risultato dell’osservazione non può essere generalmente preveduto con certezza; ciò che può essere preveduto è la probabilità di un certo evento […] La funzione di probabilità non deve, come fa il procedimento normale nella meccanica newtoniana, descrivere un certo evento ma, almeno durante il processo d’osservazione, un complesso di eventi possibili”
 
L’impossibilità di determinare contemporaneamente la posizione e la velocità dell’elettrone è espressa da uno dei pilastri della Meccanica Quantistica, il principio d’indeterminazione formulato dallo stesso Heisenberg nel 1927.
 
Per determinare la posizione di un elettrone, per “vederlo”, dovremmo “illuminarlo” con un raggio di luce, in altre parole con un fascio di fotoni. Tuttavia, l’elettrone, “colpito” dal fascio di fotoni, finirebbe per assorbirne l’energia, e ciò muterebbe la sua traiettoria, la sua posizione. In questo caso, quindi, conosceremo la posizione dell’elettrone, ma saremo del tutto incapaci di sapere dove quest’ultimo sia andato a finire dopo aver assorbito l’energia fotonica. In conclusione, quando cerchiamo di determinare la posizione di un elettrone, sappiamo che non ci sarà permesso conoscerne con esattezza la velocità; quando invece ne vogliamo conoscere la velocità, non saremo in grado di determinarne la posizione.
 
E questo perché la nostra osservazione, e gli strumenti con cui abbiamo compiuto tale osservazione, hanno influito in modo decisivo sull’evento che volevamo conoscere.
Lo stesso Heisenberg afferma che tali situazioni sperimentali sembrano “indicare che l’osservazione gioca un ruolo decisivo nell’evento e che la realtà varia a seconda che noi l’osserviamo o no”.
“Noi dobbiamo ricordare che ciò che osserviamo non è la natura in se stessa ma la natura esposta ai nostri metodi d’indagine”
 
La terza caratteristica del determinismo che è stata messa in discussione è la perdita della linearità.
Immaginatevi un campo da tennis, dove si stia svolgendo la partita del secolo. Gli spalti sono gremiti, le telecamere di tutte le televisioni del mondo riprendono l’incontro.
 
La posta in palio è enorme: il vincitore si gioca, oltre a un premio stratosferico, anche l’immortalità nella storia del tennis.
I due giocatori esausti giungono all’ultimo gioco in perfetta parità. Uno dei giocatori batte l’ultimo servizio: a questo punto, chi sbaglia, perde tutto; chi vince, vince tutto.
Mentre ognuno di loro risponde e contrattacca con determinazione agli assalti dell’avversario, la palla, all’improvviso, colpisce il nastro della rete, e si libra in aria, in direzione perfettamente verticale, finché la sua velocità non si annulla del tutto. La palla è ora sospesa a mezzo metro dal nastro, esattamente sopra la rete.
 
Quando la palla inizia la sua inevitabile ridiscesa, gli occhi di tutti gli spettatori del mondo sono ansiosamente rivolti su di essa. Un silenzio quasi sacro s’impadronisce del campo da gioco. La palla sta per ricadere nuovamente sul nastro.
 
Che cosa succederà a questo punto? Da quale parte del campo andrà a finire, decretando in questo modo la vittoria dell’uno e la sconfitta dell’altro? Il destino di ciascun giocatore è forse legato a un sottile filo di vento che potrebbe deciderne, anche di poco, la traiettoria? O è legato alle minuscole increspature del nastro consunto, che potrebbero spedire la palla, ricaduta nuovamente su di esso, da una parte anziché dall’altra? O, invece, quel po’ di terra che si è attaccata alla superficie della palla, durante l’ultimo rimbalzo sul campo, non potrebbe alterare il suo moto di ricaduta in modo infinitesimale ma sufficiente a determinare l’esito finale della partita?
 
Come vedete, una seppur minima variazione nella ricaduta della palla può avere conseguenze imprevedibili e assolutamente divergenti, decidere la fortuna dell’uno e sancire il declino dell’altro. Gli esperti chiamano questa situazione dipendenza sensibile dalle condizioni iniziali.
 
Perciò non è più vero che le condizioni dello stato finale sono proporzionali a quelle dello stato iniziale il che implicherebbe relazioni lineari. La cosa è stata scoperta negli anni ’60.
E fu così che il determinismo classico, quello di Newton e di Laplace, perse la sua verginità.
 
Come sapete Renzo e Lucia riuscirono a sposarsi ed ebbero diversi figli.
 
LoStraniero
 


Commenti:
ID36160 - 21/09/2013 15:02:11 - (Capitano) - Grazie a Lostraniero per l'articolo

Egli dimostra una cultura enciclopedica (o ha a disposizione una biblioteca da far invidia a quella di Umberto Eco e sa dove ha archiviato i volumi!) ;)

ID36164 - 21/09/2013 16:37:28 - (Dru) - bell'escursus

Pero' che l'universo è matematico lo dice Pitagora prima di Galilei e che le cose in sé sono inconoscibili lo afferma, senza alcun tipo di osservazione, prima Kant di Heisemberg.

ID36166 - 21/09/2013 16:50:29 - (Dru) - però

Come ha anche giustamente osservato Leretico, tutte queste posizioni presuppongono là fuori un mondo indipendente e indipendentemente la nostra conoscenza e conoscibilità.Serve ora capire che questo è l'impossibile.

ID36173 - 22/09/2013 10:07:43 - (Aldo Vaglia) -

Il determinismo scientifico di cui parla Lo Straniero non e' il determinismo dei filosofi. Se da Heisemberg ad oggi e nonostante la termodinamica e la fisica quantistica non si e' giunti ad una conclusione su 'determinismo e indeterminismo' significa che la questione e' irrisolvibile o malposta. Come gia' contestavo a Leretico e a Dru sono i piani su cui e' posta che non sono gli stessi. L'andare fuori tema era percio' usare piani diversi di discussione da quelli proposti da Davide nei suoi interventi. la questione del determinismo e' metafisica ed e' su quel piano che va risolta, non su quello fisico. E' lo stesso difetto del confutare la scienza con la metafisica. E' contestabile il fatto che se anche le cause sono aleatorie ed accidentali (Casualita') tutto cio' che diviene, ogni evento non abbia le sue cause?

ID36179 - 22/09/2013 11:39:33 - (Dru) - formulare un principio...

...in cui si dice che non vi è principio è contraddizione. Serve di capire questo. Il principio stesso, quello formulato, contraddice il contenuto di ciò che dice, la sua esistenza o affermazione nega ciò che afferma.Il significato più ampio sottende gli altri significati e non vedere implica il vedere, la negazione simpliciter è autocontraddittoria e ogni fatto, impossibile, ha una causa necessaria che non vediamo, per questo motivo è vista da sempre.

ID36180 - 22/09/2013 11:45:04 - (Capitano) - E' vero è incontestabile..

ma il problema sta probabilmente a monte: nello stabilire il rapporto tra casualità e causalità, cosa che ha ripercussioni sull'effetto (evento). In un sistema complesso e non in equilibrio questo esercizio pare però impossibile.

ID36181 - 22/09/2013 11:46:03 - (Dru) - la mia

È una risposta specifica e dettagliata alla domanda di Aldo, ma non pretende di essere esaustiva, serve l'intuizione e molta dedizione per capire.

ID36183 - 22/09/2013 14:41:24 - (Leretico) - Il determinismo filosofico

La distinzione tra i due piani, quello scientifico e quello filosofico, è secondo me una distinzione impossibile, tanto che i due piani, secondo me sono un unico piano. La scienza infatti si muove seguendo una sua impostazione che trae origine dalla sua epistemologia, ossia dalla meditazione, dallo studio, dalla filosofia della scienza, appunto. A me sembra che la discussione di Bondoni vertesse principalmente sulla previsione ottenuta attraverso il metodo matematico-scientifico, valido tanto quanto è valida la somma di 1 1=2. La risposta de LoStraniero, quindi, mi sembra adeguata. Se vogliamo possiamo isolare la sua portata filosofica rilevando che proprio le scoperte scientifiche legate alla fisica quantistica o al caos deterministico hanno avuto un impatto epistemologico dirompente contro il neo-positivismo e il razionalismo riduzionista, ma non possiamo scinderla dalle conseguenze scientifiche notevoli che essa comporta.

ID36186 - 22/09/2013 14:58:40 - (Leretico) - continua

La mia impressione è che nonostante il discorso sia centrato sul determinismo e sulla critica dei suoi presupposti, critica argomentata scientificamente quindi con gli stessi strumenti utilizzati per la tesi di Bondoni, si cerchi di rilevare solo la sua componente filosofica, escludendola appunto perché filosofica, senza contare invece che si è fatta una critica sostanziale e ragionevole. Sono anche convinto che tale critica, che ha di fatto aperto il campo ad una nuova scienza, e non uso il termine scienza a sproposito, nasca innanzitutto come risultato di un cambiamento prima filosofico e solo dopo scientifico, ed è un processo normale per la ricerca scientifica, in cui la visione del mondo è la luce della lanterna del cercatore sperso nel buio dell'universo mondo.

ID36311 - 27/09/2013 07:47:44 - (Dru) - Quando ho detto di Pitagora non l'ho fatto casualmente, sul concetto di universo matematico

intendo portare alla luce che detta cosi, Lostraniero, la matematica di Galilei e quella di Pitagora non differisce, è la stessa cosa, strumento alla luce del sole. Cosa muta allora durante il periodo del moderno sapere ? muta il luogo dove la matematica sta. Prima, con Pitagora la matematica era coessenziale ad ogni altro oggetto e inessenziale all'esistenza dell'universo la sua conoscenza dal soggetto pensante , con l'avvento del pensiero moderno, in specifico con Cartesio, la matematica diventa coessenziale al soggetto pensante: la matematica non è più solo relazione fra le cose ma relazione delle cose al soggetto che le pensa. Naturalmente in metafisica non si deve confondere il soggetto con l'io pensante individuale, il soggetto trascende l'io e è appunto soggetto che nell'idealismo trova la sua forma compiuta nello spirito assoluto.

ID36312 - 27/09/2013 07:48:50 - (Dru) -

Ma ciò che mi preme di farvi capire è che senza filosofia nessun passo della scienza può essere compiuto, questo è inevitabile, per la forma che le due discipline si sono date. Idem per quello che ho detto di Kant rispetto a Heisemberg, non vi sarebbe stato alcun Heisembreg se prima non si fosse espresso Kant sulle categorie dell’intelletto e l’inconoscibilità della cosa in sé.

ID36317 - 27/09/2013 08:52:06 - (Dru) - Le due forme, la Fiolosofia e la Scienza.

la filosofia nasce con questi frammenti, da Anassimandro: "da dove infatti gli esseri hanno l'origine, lì hanno anche la distruzione secondo necessità, poiché essi pagano l'uno all'altro la pena e l'espiazione dell'ingiustizia secondo l'ordine del tempo.» e Eraclito : " non dando ascolto a me ma a Logos, si deve convenire che tutte le cose sono Uno". Dunque sia il Logos di Eraclito che l'Apeiron di Anassimandro è la relazione, il nesso, il comune che della Giustizia l'ingiustizia non vuole e per il tempo che questa “crede” di avere per non esserlo. In Eraclito l'ingiustizia è quel "me", infatti dice Eraclito non dando ascolto a me, un “me” che se venisse ascoltato appunto condurrebbe le cose fuori dai limiti imposti dall’Uno, dal Logos, dalla Giustizia , cioè da come le cose si mostrano con autorità se a parlare è il comune, l’universale...

ID36318 - 27/09/2013 08:53:43 - (Dru) -

... per Anassimandro l'ingiustizia è il mondo delle cose per come in apparenza appaiono separate e finite per il tempo che gli rimane per tornare la da dove sono state prodotte, ancora l’universale.Il principio tra i due è il medesimo, il comune è la giustizia, la separazione è prevaricazione, ingiustizia. Quella relazione che ho teste scritto ad esempio tra le cose e il soggetto pensante ad esempio o solo tra le cose nei due pensatori Pitagora e Cartesio.Questa è la forma della filosofia dai presocratici ad oggi , naturalmente con tutte le peculiari differenze che in ognuno spinge la forma a diverse intuizioni.La scienza è invece quel “me” o quelle cose che si sono momentaneamente separate dall’Apeiron credendo di essere libere di contrastare Giustizia, o il comune.

ID36319 - 27/09/2013 08:54:41 - (Dru) -

La scienza è Physis o movimento che Eraclito così esprime “Nella conoscenza delle cose che pure si vedono gli uomini sono tratti in inganno al modo stesso di Omero, che fu sapiente di ogni altro fra gli Elleni: dei bimbi che uccidevano pidocchi lo ingannarono dicendogli: Quello che vediamo e prendiamo lo lasciamo, quello che non vediamo ne prendiamo lo portiamo.”Alla scienza non importa quello che portiamo, il comune o la forma della filosofia, quello che è della scienza è la pervicace e ostinata conoscenza delle cose in sé per poterle dominare, quel prendiamo e vediamo che poi lasciamo.

ID36320 - 27/09/2013 09:03:19 - (Dru) - Qualcuno ora si chiederà, e questo cosa c'entra con la disputa in corso sul determinismo...

... e sua autorità (Giustizia) sugli oggetti ?... Appunto, c'entra c'entra eccome che c'entra, nella domanda appunto c'è già la risposta se la scienza non c'entra la filosofia c'entra sempre.

ID36329 - 27/09/2013 13:53:39 - (Dru) - dove leggere i punti chiave in questo confronto che Heisemberg fa tra le nuove discipline scientifiche e le pretese verità a priori di Kant ?

La legge di causalità non è piú applicata nella teoria dei quanta e la legge di conservazione della materia non risulta piú vera per le particelle elementari. Naturalmente Kant non poteva aver preveduto le nuove scoperte, ma poiché era convinto che i suoi concetti sarebbero stati “la base di ogni futura metafisica che si presenti in forma di scienza” è interessante constatare come i suoi argomenti siano stati erronei.Come esempio prendiamo la legge di causalità. Kant afferma che ogni qualvolta osserviamo un evento noi presumiamo che esiste un evento precedente da cui il primo deve seguire secondo una certa regola. È questa, come dice Kant, la base di ogni lavoro scientifico. In questo caso non ha importanza se noi possiamo o meno sempre trovare l'evento precedente da cui l'altro seguiva. In realtà molte volte possiamo trovarlo.

ID36331 - 27/09/2013 13:55:02 - (Dru) -

Ma anche se non possiamo, nulla può impedirci di chiederci quale avrebbe potuto essere quell'evento precedente e di cercarlo. Quindi, la legge di causalità si risolve nel metodo stesso della ricerca scientifica: è la condizione che rende possibile la scienza. Giacché noi in effetti applichiamo questo metodo, la legge di causalità è a priori e non derivata dall'esperienza.È vero questo nella fisica atomica? Consideriamo un atomo di radio che possa emettere una particella alfa. Il tempo dell'emissione della particella alfa non può essere previsto. Possiamo soltanto dire che in media l'emissione potrà avvenire in circa duemila anni. Perciò, quando osserviamo l'emissione noi non cerchiamo in realtà un evento precedente dal quale l'emissione deve derivare secondo una regola. Logicamente sarebbe perfettamente possibile ricercare tale evento precedente, e non è necessario che ci si scoraggi per il fatto che

ID36332 - 27/09/2013 13:56:08 - (Dru) -

fin qui non se ne è trovato nessuno. Ma perché in questo importantissimo problema il metodo scientifico si è veramente trasformato dopo Kant?Due risposte sono possibili a questa domanda. La prima è che noi ci siamo convinti con l'esperienza che le leggi della teoria dei quanta sono giuste e che, se lo sono, sappiamo che un evento precedente, da considerare come causa dell'emissione a un momento dato, non può essere trovato. L'altra risposta dice: noi conosciamo l'evento precedente, ma non in modo del tutto preciso. Noi conosciamo le forze del nucleo atomico che sono responsabili dell'emissione della particella alfa. Ma questa conoscenza contiene l'incertezza prodotta dall'interazione fra il nucleo e il resto del mondo. Se volessimo sapere perché la particella alfa è stata emessa in quel momento particolare dovremmo conoscere la struttura microscopica del mondo intero ivi inclusi noi stessi, il che è impossibile.

ID36333 - 27/09/2013 13:56:51 - (Dru) -

Perciò gli argomenti di Kant a favore del carattere a priori della legge di causalità non possono piú ritenersi validi.Una discussione simile potrebbe farsi sul carattere a priori dello spazio e del tempo come forme dell'intuizione. Il risultato sarebbe lo stesso. I concetti a priori che Kant considerava come un'indiscutibile verità non sono piú accolti nel sistema scientifico della fisica moderna.Essi formano tuttavia parte essenziale di questo sistema in un senso alquanto diverso. Nella discussione dell'interpretazione di Copenhagen della teoria dei quanta è stato messo in rilievo che noi usiamo i concetti classici nel descrivere la nostra attrezzatura sperimentale e piú in generale nel descrivere quella parte del mondo che non appartiene all'oggetto dell'esperimento. L'uso di questi concetti, includenti spazio tempo e causalità, è in effetti la condizione per osservare gli eventi atomici ed è, in questo senso,

ID36334 - 27/09/2013 13:57:21 - (Dru) -

“a priori”. Ciò che Kant non aveva previsto era che questi concetti a priori potessero essere le condizioni per la scienza e avere, nello stesso tempo, soltanto un'area limitata di applicabilità. Quando facciamo un esperimento dobbiamo assumere una catena causale di eventi che conduce dall'evento atomico attraverso l'apparecchiatura sperimentale fino all'occhio dell'osservatore; se non si ammette questa catena causale nulla si potrebbe conoscere circa l'evento atomico. Dobbiamo tuttavia ricordare che la fisica classica e la causalità hanno solo un'area limitata di applicabilità. Questo è stato il paradosso fondamentale della teoria dei quanta che non poteva essere previsto da Kant. La fisica moderna ha trasformato l’affermazione di Kant circa la possibilità di giudizi sintetici a priori da metafisica in pratica. I giudizi sintetici a priori hanno di conseguenza il carattere d'una verità relativa.

ID36338 - 27/09/2013 14:24:32 - (Dru) - Quale paradosso ?

di essere la prassi una verità relativa ?

ID36340 - 27/09/2013 14:50:04 - (Dru) - Vedete comunque che Heisemberg

Spinge al massimo l'acceleratore sulla contingenza delle verità scientifiche...

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