Come un terremoto

L’elicottero dei carabinieri che volteggiava sopra le acciaierie odolesi, ieri mattina poco dolo le 8, non lasciava presagire nulla di buono.
Nessuno però avrebbe mai sospettato quel che poi è accaduto: il sequestro cautelativo alla fine delle indagini preliminari per le due sedi della Ferriera Valsabbia: quella di Sabbio Chiese lungo la “strada del bosco” dove vengono prodotte reti elettrosaldate alla quale i sigilli sono stati apposti dopo poco tempo, e quella “storica” di Odolo che per un po’ ha continuato invece a lasciar uscire i “bilici” carichi di billette.

“I carabinieri mi hanno fermato mentre stavo per salire sulla pesa con il camion. Subito ho pensato all’incidente di lavoro – ci racconta Antonio Tomasi, camionista ed Rsu in azienda -. Poi i militari si sono fatti consegnare i documenti personali, quelli del camion e quelli del carico. Ho chiesto cosa stava succedendo e quelli mi hanno risposto di mettermi tranquillo, che ce ne sarebbe stato per un bel pezzo. Così è stato: ho dovuto aspettare le 13 per riavere indietro almeno la patente”.

Ore convulse: nel corso della mattinata una decina di camion sono stati posti sotto sequestro nel piazzale interno all’azienda perché il carico, ricoperto intanto con dei teli, possa essere meglio esaminato nei prossimi giorni.
Di fronte alla portineria che da sulla via Guglielmo Marconi la tensione si tagliava a fette anche se nessuno lo voleva dare a vedere, soprattutto perché non si capiva bene cosa stesse accadendo in azienda, occupata con dispiegamento di forze dai Noe e dai colleghi della Compagnia di Salò, a partire da quelli di Sabbio Chiese. Presenti anche i funzionari dell’Arpa.

Pochi i commenti: “Non so niente, mi hanno chiamato a casa e mi hanno detto che domani non dovevo venire al lavoro – ci ha detto un operaio venuto a vedere se riusciva ad ottenere qualche informazione in più”.
Fra i primi ad accorrere per rendersi conto di cosa stesse accadendo, non appena si è sparsa la voce del sequestro che di fatto lascia a piedi 350 operai, anche il sindaco di Odolo Fausto Cassetti: “E’ incredibile quello che sta accadendo. Com’è possibile che non si riesca a sapere nulla. Non dico del lavoro dei carabinieri e della magistratura perchè la riservatezza nelle indagini è comprensibile – ci ha detto -. Però riguardo ai tempi del sequestro quello sì, anche solo per poter in qualche modo rassicurare le centinaia di famiglie coinvolte nella vicenda”.

Preoccupati per il destino di un’azienda tanto importante per l’economia dell’intero comparto siderurgico bresciano, e anche oltre, si sono detti i sindacati: “Domani pomeriggio (oggi per chi legge) abbiamo programmato di incontrare i vertici dell’azienda e per le 15 e 30 abbiamo indetto un’assemblea con i lavoratori – ci ha detto Antonio Ghirardi della Fiom -. Per allora confidiamo di avere qualche elemento in più”.
Nessuno insomma si è sbilanciato nel fare previsioni sul dissequestro, nel tirare in ballo gli ammortizzatori sociali o nel commentare le indagini, anche se è parso strano a molti di vedere i sigilli nell’ex “Prosider”: “Se il problema è nella fusione dei rottami che c’entra quello stabilimento dove entrano le billette ed escono le reti elettrosaldate?”.

La cautela è d’obbligo, tanto più che in gioco ci sono interessi enormi oltre al destino di tantissime famiglie. I lavoratori nello stabilimento di Sabbio sono una settantina e circa 270 lavorano in quello di Odolo. Una cifra che è possibile raddoppiare, quasi, considerando l’indotto di fornitori, autisti, padroncini, meccaniche e altro.
C’è voluto un po’ di tempo, ma ieri sera in paese era chiaro a molti che quel che è successo per la comunità valsabbina è da paragonare ad un terremoto.

Invia ad un amico Visualizza per la stampa

Vedi anche