Mercato internazionale per la siderurgia bresciana

«Sono della stesse opinione di Amato Stabiumi e di Ettore Lonati. La recente evoluzione del mercato siderurgico mondiale rende le integrazioni tra gruppi una necessità. Soprattutto se i produttori italiani vogliono rivestire un ruolo all’interno del mercato nei prossimi anni».

E’ l’opinione di Giuseppe Pasini, leader del gruppo Feralpi e presidente di Federacciai, sollecitato al dibattito sull’integrazione dalla recente scelta del vertice dell’Alfa Acciai, che ha scelto la via internazionale per «dare futuro all’azienda».

Pasini è stato chiamato direttamente in causa da Lonati e Stabiumi, «costretti», a loro dire, a battere la strada estera, dalla indisponibilità dei tondinari bresciani (Gruppo Feralpi compreso) a ragionare sulla possibilità di un percorso di aggregazione. Un’indisponibilità che Pasini in un certo senso conferma, pur senza rifiutare aprioristicamente il dialogo.

«Apprezzo molto l’apertura dell’Alfa nei confronti del gruppo che rappresento - spiega Pasini -, ma è comprensibile che ci sia qualche difficoltà a superare la fase delle dichiarazioni di intenti. Ogni azienda ha una sua storia, un suo specifico famigliare: sono questi i vincoli che ci hanno impedito fino a ora di realizzare qualcosa insieme». Nonostante questi limiti di fondo, insiti nella storia industriale bresciana (e italiana) il leader di Federacciai non esita, però, a rilanciare la proposta Amato-Stabiumi.

«Non sono solo i bresciani a dovere affrontare questa situazione - spiega -. Vedrei bene un maxigruppo del Nord Italia. Come hanno giustamente evidenziato Stabiumi e Lonati, una produzione da 5-6 milioni di tonnellate rappresenta la dimensione corretta per dare più prospettiva al futuro della nostra impresa, e soprattutto alle nuove generazioni. I tempi sono maturi: se vogliamo avere un ruolo importante nel nuovo mercato, è un passo che senza dubbio bisogna sforzarsi di compiere».

M.M.
Da Bresciaoggi

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