Al di là del ponte

Visitiamo con la mente un tratto di via, un tempo nucleo commerciale di Sopraponte. Navighiamo nel passato, anni ’60-’70. Dal cassetto dei ricordi escono con un velo di nebbia e nostalgia il rumore dei carri prima, poi le automobili sulla strada con base in ciottolato di sassi, l’unica strada di collegamento con il nord del paese e Vallio, al tempo non era ancora Terme.

Varcato il ponte, che denominò il paese Sopraponte, inizia la leggera salita di via Vrenda che sbocca di fronte alla chiesa. Ai piedi della salita le case incastonate fra loro, con una strana ingegneria rurale, come ad abbracciarsi, sostenersi, condividere e proteggere il nucleo della vita, il remoto embrione di una galleria del “centro commerciale” del tempo, in cui i capelli lunghi erano segno di non buon costume, la moto un sogno lontano.

La biforcazione della strada che porta in via Villa, denominata Travai, in quanto faticosa da salire in particolare con le “sporte fra le mani”, favoriva i commerci e la fermata dei clienti. Nella brutta stagione un porticato a voltino, che al tempo era completo, coprendo parte delle due strade, proteggeva la sosta dei clienti.
Allineate, nei cento metri scarsi, le botteghe senza nome, salvo quello dei proprietari, per quanto ricordi e mi è stato riferito.
Il primo a incontrare nella piccola piazza, posto ad angolo, il distributore della benzina del Molinari, il primo simbolo della modernità in arrivo. L’attività predominante era il fabbro, a testa della rampa delle scale aveva sede il comune e l’ambulatorio del dott. Marzollo, famoso per le vaccinazioni; sotto scala la macelleria Belli; subito poi le famose Ani, frutta verdura in prevalenza e le Golie, tre pezzi una lira, una usciva gratis per loro bontà.
All’angolo il negozietto delle carabole e gallette; il martello batteva le suole dal calzolaio Poli che dopo il trasloco fu abitato dal Solferì, meccanico di biciclette. La Ceserina vendeva abiti; ferri di cavallo e ferrature dal maniscalco Fratelli Tani, dove l’incudine era sempre ben esposto fuori bottega. L’enoteca Borra era il fanalino di coda.
Oltre la strada la drogheria storica della famiglia Basoli. C’era di tutto: salumi inscatolati, granaglie, droghe, poi la tabaccheria Cucchi; il bar non mancava e faceva angolo; c’era l’unico telefono del paese in una cabina insonorizzata; ad angolo, affacciato sul Vrenda il laboratorio del falegname Batistì Dallavilla.
Oltre il ponte il molino Bruschi, la canalizzazione delle acque del Vrenda, mai a secco di acqua, muoveva la grossa ruota del mulino.

È calato il sipario a Sopraponte come in tanti altri posti. La ricchezza, il benessere hanno vinto; l’esigenza della richiesta commerciale assetata talvolta di voglia di comprare cose poco utili e buttare l’ancora utile; i negozi erano troppo piccoli in quel solco, non potevano crescere in quei pochi metri quadri; la viabilità dell’unica strada sempre in aumento; tanti motivi per cui le serrande sono state abbassate
Cosa è rimasto? Poco o nulla delle vecchie attività. Dare giudizi era meglio prima è meglio ora … non è cosa facile purtroppo, è la ragione del tempo.
Rimangono i ricordi: parlarne è un piacevole rievocare.

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