Una statua campeggia sin dal 1882 in una piazza bresciana. Adesso č in restauro, i fumi e le piogge acide non vanno d'accordo con gli eretici. E neanche la Chiesa cattolica, sembra.
sono visti con sospetto da chi detiene uno straccio di potere. Comunque bellissimo articolo.
Poichè Leretico sembrerebbe indicare nella chiesa il nemico della ragione allora gli dico che se ragione ha avuto un amico sempre fedele e disposto al confronto , quell'amico è la chiesa appunto. Prima era il mito con le sue finzioni, poi è avvenuto quell'evento che ha sconvolto il pensiero occidentale, la filosofia appunto , un evento che ha posto le radici più solide nel verbo della ragione e non in quello della finzione e che ha dominato il pensiero occidentale per quasi 1.900 anni grazie al compito non sempre facile della chiesa di farne divulgazione alle masse. Se l'Episteme, la verità incontrovertibile delle leggi, era appannaggio di filosofi e scienziati, la chiesa ha fatto da megafono disquisendo in largo ed in lungo per tutto il corso della sua storia di fatti di altissima speculazione razionale e con il volgo, come non dare a Dio quel che è di Dio allora.
Il cuore della chiesa è l'Episteme, minarne il fondamento è minarne la sua sopravvivenza : una verità che è controvertibile non è più una verità ma può essere solo un'opinione più o meno condivisibile, controvertibile appunto , mutabile. Quando la chiesa colpiva le eresie , come l'arianesimo o i catari lo faceva con l'intento di preservare il suo cuore, che doveva rimanere incontrovertibile, immutabile appunto , come ogni Dio che si rispetti, ma non lo faceva per puro diletto o leziosa forma di potere e spregiudicatezza, lo faceva per sopravvivere e, visto il mondo di oggi, come dargli torto.Non confonderei, gioco abbastanza in voga al giorno d'oggi , una sanissima dottrina cristiana con l'insana brama di potere, sono questi due enti diversi, assolutamente inconciliabili.
molti dei caduti sono interni alla chiesa proprio per mano dell'inquisizione, molto sagace in tal proposito è il grande inquisitore scritto da Dostoevskji... dice Severino:"Loro conoscono il dialogo del Grande Inquisitore di Dostoevskji. Con Gesù ritornato a Siviglia ed è stato incarcerato. Il grande inquisitore lo visita nel carcere di notte e gli dice molte cose e Gesù non parla. E gli dice: “Noi non siamo con te che sei venuto a proporre agli uomini la libera scelta perché non c’è nessun fardello per gli uomini della libertà come libertà di scelta. Io – dice il Grande inquisitore, un vecchio ormai vicino alla morte – sono con Lui...”. E Lui è – parola di Dostoevskji – lo spirito distruttore, lo spirito del non essere, lo spirito della morte. Allora il demonio è il nume tutelare dell’oscillazione delle cose tra l’essere e il nulla. Ma è solo Lui il nume
tutelare o – e lo dico con tutta umiltà rispetto ai credenti – nume tutelare dell’oscillazione tra l’essere e il nulla è anche Dio. Non è forse Dio quello che può creare solo in quanto considera nulla le cose – abbiamo detto prima che la creazione è ex nihilo – proprio perché le considera come originariamente nulla? Ma allora questo scontro tra il Grande Inquisitore e Gesù non è lo scontro tra due amici che solo in superficie sono in antitesi? Amici così come sono amici gli affermatori di Dio e i negatori di Dio? http://www.ritirifilosofici.it/?p=16
Caro Dru, l'obiettivo del mio discorso non era criticare la Chiesa, ma individuare come storicamente ha agito il potere. Mi dispiace, ma i fatti storici che ho indicato sono relativi a "eretici" giustiziati dal potere travestito da Chiesa. Anche per me esistono uomini di Chiesa che non c'entrano nulla con il potere ed io non parlo di quelli. Se esite un potere che si traveste, esiste allora un eretico (anzi un Leretico) che tenta di smascheralo. La considerazione che voglio però ribadire, e che aleggia in tutto l'articolo, è che ancora oggi il potere non ha abbandonato i modi dell'inquisizione. Al potere non piace chi fa filosofia perché la filosofia è pericolosa. Come sono pericolosi quelli che pensano perché il pensiero tende alla verità e con essa alla libertà: merce molto rara e molto pericolosa. È su questo piano che dobbiamo intenderci. E su questo piano che voglio ragionare. Con la ragione che non si oppone alla Chiesa in
quanto tale, ma si oppone a tutte quelle forme di potere che ottundono il pensiero per dominare l'uomo, per renderlo docile al comando, per rassegnarlo al subire senza protestare, senza parlare. Un po' di storia, un po' di esempi non guastano per ricordarci cosa possiamo e dobbiamo pretendere da noi stessi.
Era chiaro il tuo discutere e il mio intercedere non era rivolto a demolire la tua posizione, anzi, semmai a seminarne quel prato appena fuori sulla porta. Gli accenni storici vanno benissimo, come va chiarito, e tu lo hai chiarito, che il potere ha adoperato l'inquisizione come la spada affilata è del combattente. Se non c'è "ragione" il potere risulta alla deriva del più forte e non del più giusto.Se il giusto è come devono stare le cose, forte è come le cose si contrastano senza soluzione di continuità.Se hai letto con consapevolezza l'indirizzo che ti ho inviato, avrai notato che il piano sul quale poggia giustizia è scivolato per causa della volontà liberatrice nei confronti proprio della giustezza o giustizia e questo accade non per scelta, ma piuttosto per necessità, la stessa che vuole tutte le cose libere di essere come di non essere.Poi se vuoi possiamo domandarci perchè questa necessità,
anche se qui, in questa sede, l'ho scritta più volte...
Qui mi ripeto , ma mi piacerebbe un contraddittorio, iniziando proprio con la domanda che si può leggere nell'indirizzo citato... Perchè dobbiamo rispettare e amare il prossimo? Perché dobbiamo rispettare le leggi quando viviamo in un mondo in cui il prossimo è stato massacrato e le leggi sono state violate. Perché? Se non si sa rispondere a questa domanda allora ogni tipo di unificazione politica è un dogma. Dogma che intende imporsi ed intende farsi valere come violenza… eccolo il piano inclinato, filosofia prima e scienza poi hanno, per necessità, liberato il divenire(mutabile) , dalla prigione dell'essere (immutabile) per superarne la implicita contraddizione. Se il divenire delle cose, se il senso ipotetico e probabilististico che sta alla base di ogni conoscenza attuale si è potuta liberare e spiegare è grazie al tramonto dell'essere e del suo "valore", non poteva la "cosa" divenire con l'"essere" a fargli da
guardia. L'"essere" sono le leggi che hanno governato il mondo di ragione, quello fondato da Metafisica, quello che sopra la fisica, sopra la natura cangevole, dimostrava l'esistere, lo giustificava, il motore immobile, da cui trascendono le cose tutte: allora le leggi, in primis quelle politiche dettate dalla morale, erano il limite invalicabile, pena la dannazione, il peccato, la punizione, ciò che all'apparenza al più sembrava possibile , in questa vita magari, il violabile, poi risultava impossibile nell'altra, la pena sarebbe stata certa, il limite è questo, sapere che oltre non puoi andare, perché oltre ti spetta l'inatteso, la pena appunto, la paura per il dolore, l'angoscia. Liberi da questo angosciarsi, liberi dal pensiero del dolore, perché quei limiti non hanno più quel potere di respingerti, limiti caduti e oltrepassati (Dio è morto), cosa impedisce all'uomo nella devastazione e della prevaricazione ? perché il
dovere ?
...sulle pene e sui limiti, la domanda che segue, per l'indagine che ti proponi di condurre è , perché questo potere sulle cose ? e in specifico , cosa sono per noi le cose ? Senza questo minimo accenno ogni indagine e perorazione delle cause corruttive la morale, i comportamenti , convengono ad un discorso puramente storico e non filosofico e per ciò sono inscritte a quel dogma accennato nelle domande sopra.
in "La Tecnica 2.1" avevamo ulteriormente problematizzato i termini della "cosa".
che siano rimasti solo i sinistri e i laici ha difendere i valori che la chiesa ha sempre sbandierato e sempre disatteso,alleandosi con tutte le dittature del mondo,e con i potenti di ogni tempo?coltivando dentro di sè i filosofi del male e rigettandoli sempre troppo tardi??la chesa è finita! come istituzione,meno male..ma,è fatale..quando il male avanza si risveglia il coraggio del bene, che venga dalla sinistra o da chiunque altro..
Tante domande e tutte insieme meriterebbero risposte adeguate. Tento "qualche" risposta, quella che più ritengo importante in questo momento. Tu chiedi "perché dobbiamo rispettare le leggi quando viviamo in un mondo in cui il prossimo è stato massacrato e le leggi sono state violate. Perché?". Le leggi sottendono delle norme, sono atti che concretizzano le norme, derivano dall'uso della ragione. Le norme e le leggi sono poste da un gruppo sociale che attraverso di esse attua comportamenti condivisi dettati dai valori comuni presenti in un dato momento storico. Dobbiamo rispettare le leggi per aderire all'applicazione della ragione ai meccanismi di funzionamemto della società, del gruppo sociale a cui apparteniamo. Il solo baluardo che abbiamo contro gli abusi del potere è la ragione e quindi il senso critico che da essa deriva. Se non facciamo questo non possiamo resistere alla "volontà" di dominio di chi detiene il potere.
La giustizia passa per la ragione, il pensiero, la filosofia. Se il prossimo è stato massacrato, vuol dire che la ragione è stata sostituita da altro e questo altro è stato strumento egoistico non altruistico, strumento di morte non di vita, strumento di massimizzazione di un'esigenza particolare non del bene generale. La politica è differente quando non si fa corrompere dal potere, quando riesce a mantenere distinto il piano della ragione da quello della passione. Quando trasforma il "potere di" in "potere per".
A volte credo di essere solo e questo mi esalta, non lo nego, come quel soldato che accovacciato nella trincea con il suo migliore amico lo vede sparato, il primo istante del dramma è una estasi totale per lui , è toccato all'altro,l'ha scampata, ma subito dopo ? allo stesso momento mi sento perso,solo con il suo cadavere, questo è uno di quei momenti. Il perché posto in quelle domande è un perché retorico non è dialettico, non cerco risposte, le ho già e speravo che combaciassero con le tue, ma rileggendoti qui , vedo che non siamo allineati. Tu credi che possiamo tornare all'età della ragione, anche tu sei un nostalgico della tradizione senza per questo rendertene bene conto, perché la combatti , poiché allo stesso modo sei per il laicismo e il positivismo, non credo che torneresti alla scienza del determinismo vero ? Questo tuo porti è una palese contraddizione, risolvila.
Le leggi vengono violate se si può violarle, se mi conviene perché il non farlo ? Le leggi se non sono l'espressione della ragione ma sono l'espressione di una maggioranza perché dovrebbero essere l'espressione della ragione e non della forza?
vedi che è la tua opinione contro la mia (senza riferimento incontrovertibile o legge che governa il caos, DIke) ma ciò che conta in questo stato di cose non è più la ragione ma bensì la forza o volontà della maggioranza. Ma bada caro Leretico che questo lo abbiamo voluto per filosofia in quanto con la morte di Dio , con il tramonto dell'episteme ( ciò che sta fermo sopra) e quindi l'ente sempre più liquido e oscillante tra l'essere e il niente (Platone), siamo nell'età del probabilismo e del possibilismo (l'ente può essere come non essere , ex nihilo, scolastica, creazione dal nulla) , o l'età della scienza con il suo statuto di fallibilità, una tesi, una teoria, una legge è valida fin tanto che non se ne presenti un'altra più compiacente alla volontà di maggioranza.Ma questo essere nell'età moderna non è stata una scelta deliberata, come direbbe Aristotele,
Cercare di applicare la ragione non è un tentativo deterministico. Se il pensiero tende alla verità non significa che la possa raggiungere. Se la legge sottende la ragione non significa che sia giusta al suo primo nascere o che non sia espressione di una maggioranza, non significa che non sia posta da una volontà e quindi da una violenza insita in essa, da una forza. Ma il tentativo, ripeto, di usare la ragione nel porla è l'unico modo con il quale si possa superare, arginare al meno, il dominio del potere, anche quello della maggioranza, che vuole la legge, legge come dinamico risultato emergente dalla dialettica che la pone. Non per niente esiste differenza tra legge e norma. Non credo che si possa tornare all'età della ragione, se mai c'è stata, ma credo che esista una complessità che possa essere indagata dall'uomo nella sua dinamica attraverso la razionalità. Ovviamente non bisogna diventare schiavi della ragione, non
bisogna diventare deterministi.
È la nuova filosofia , quella del divenire, nuova ma evocata fin dagli albori della filosofia, il divenire è il terreno per le categorie del possibile e del probabile: una cosa può essere come non essere, appunto una cosa diviene sul terreno della controvertibilità, della mutabilità di quello che è, il divenire appunto del suo essere, ma per divenire e non essere come può accadere ? Lo può solo se diviene che dal nulla ( ex nihilo ) viene per ritornarvici, non vi è altro modo, come potrebbe altrimenti accadere? Se per sempre è, allora non diviene ( non diviene) altrimenti se non da sempre ma già ora è ma prima non era e poi non sarà più, allora è anche probabile, questo essere svincolato dall'eterno essere , avvenire come non venire, appunto è ciò che è possibile e non incontrovertibile. Allora se noi siamo nell'epoca di un Dio che è morto poiché
Creiamo, dunque Dio non crea, in questo modo la nuova filosofia uccide Dio , uccide Episteme, uccide la verità incontrovertibile, uccide le leggi di natura, uccide il giusnaturalismo, uccide il determinismo, uccide la scienza con le leggi immutabili, uccide ogni dire che ci dice di un limite che non può essere superabile, nasce il mondo di volontà, la volontà della maggioranza , la volontà di strafare, la volontà del plusvalore e della dismisura... In questo mondo è contraddittorio cercare ragione, in un altro mondo sono d'accordo con te che non lo sia , ma prima bisogna riconoscere il nostro mondo e capire perché siamo in questo mondo, per le ragioni che scrivo da molto tempo.
Che quando dico che "non vi è altro modo" intendo altro modo nel contenuto semantico attuale della parola divenire e non in altro.Nel contenuto semantico di Destino e non di ragione alienata ( ragione alienata è il nostro tempo, alienata appunto dal modo in cui volontà ha ucciso il mondo di verità con filosofia per non essere contraddittorio nel suo divenire, per essere per davvero divenire) allora divenire è "apparire" e "sparire" dell'essere dall'orizzonte dell'apparire e non il possibile, non quel certo ente che oscilla dall'essere al niente, poiché è invece il niente la vera contraddizione del Destino dello stare appunto incontrovertibilmente, che nulla può smentirlo.
Poiché la cosa più grave è proprio il non riconoscerlo.filosofia ha questo compito, di riconoscere il mondo in cui è e di trasformarlo.Se tu dici che il compito è quello di tornare a ragione o quello di rendersi senza aver prima analizzato la necessità filosofica proprio della sua dipartita, come puoi pensare di poterlo fare? sarebbe come quel Don Chisciotte che si credeva un gran cavaliere.
Era si, un gran cavaliere , ma purtroppo per lui, era nato 2/300 anni dopo la cavalleria, era un gran cavaliere calato in un mondo che lo rifiutava, un gran cavaliere che non aveva più da salvare che se stesso oramai, poiché madamigelle e signorine che cercava, accasate le trovava e al posto di gran cavalieri mulini a vento pugnava.
al minuto 1 ora 17 minuti e 18 secondi il passaggio determinante ma tutta la discussione è d'interesse.
allora è un pensiero legato alla tradizione, se un pensiero tende alla libertà allora è un pensiero moderno, non si possono servire due padroni contemporaneamente, il pensiero o tende alla libertà o tende alla verità.
Dru, cerco di seguire i punti del tuo discorso e allo stesso tempo di agganciarlo al punto che più mi preme. Non voglio provocare ma capisco che il tema che ho voluto toccare sia profondamente legato al tema del divenire, proprio perché in quest'ultimo, e nel modo in cui la sua concezione si è evoluta da Eraclito in poi, sta un possibile significato di libertà. Secondo Severino, a te tanto caro, libertà è possibilità di oscillazione tra essere e non essere, libertà è quindi separazione degli enti, separazione prodromica di scienza prima e tecnica appena dopo. Scienza strumento del dominio della tecnica. Se questa è la libertà, allora essa tende alla follia perché è figlia del divenire, la massima follia che giace nell'inconscio dell'occidente. Ma io non intendo la libertà come "libertà di" fare o non fare, come "libertà di" oscillare tra essere e non essere.
Quel tipo di libertà non è che un modo diverso di chiamare la capacità del metodo scientifico, del determinismo. La libertà di cui parlo è "libertà da". Cioè un qualcosa che puoi fare se non sei vincolato, se non "dipendi da". La differenza è sottile ma fondamentale. Spesso si parla in senso astratto di libertà intendendo sempre "libertà di" mentre l'uomo può sperare concretamente solo di esperire la "libertà da". Bene, se questo punto è chiaro allora possiamo dire che la "libertà da" non è espressione del divenire, anzi. Inoltre aggiungo che la "libertà da" è ciò a cui tende la ragione perché intendo la ragione come il tentativo di rispondere alle domande fondamentali ponendo giustificazioni razionalmente fondate cioè il ragionare è il filosofare. Se dunque è questo il fine, allora mentre il pensiero, ovvero la ragione, ovvero il
filosofare, tende alla libertà, esso tende anche alla verità. E bada, caro Dru, che io sono tra quelli che considera la verità indipendente dal pensiero. Intendo dire che non vedo identità tra certezza dell'uomo e verità. Esse sono separate ed essendo separate non permettono di esseri così certi, come Nietzsche, che la verità non esista. Per tornare a Severino, la verità esiste ed è l'apparire in cui tutto si risolve, in cui c'è lo scioglimento e l'ultimo svelamento dell'aletheia. Secondo Nietzsche l'uomo non ha bisogno di verità, anzi questa non esiste, esiste solo il divenire e in questo vige solo il caso. Bene, io invece sono forse ancora Kantiano, credo in una forma di indirizzamento del pensiero verso la verità.
Non mi convincono per adesso i tentativi di risolvere il problema che vede opposti Parmenide e Eraclito, anche se sono vicino a quei pensatori che, come Eraclito, vedevano un equilibrio dinamico all'interno dell'essere realizzato dal "logos". Logos come fuoco: sempre in movimento ma in sé unitario. Lo so che non riuscirò a convincerti che il divenire è diverso, o meglio non è completamente convincente nella definizione severiniana. Come d'altronde difendersi dal rigore del ragionamento che se l'essere è e non può non essere, esso non può "mai" non essere e quindi il divenire non può esistere. Quindi Dio non può esistere, quindi nulla può essere creato e quindi la libertà di decidere non esiste. Dove è l'uomo in tutta questa necessità? L'uomo non c'è, il pensiero non c'è, la vita non c'è. Perché se il pensiero e la vita ci fossero dovremmo mettere in discussione il
il principio di non contraddizione. E possiamo permettercelo? A leggerti si direbbe che sia impossibile. Ed è su questo piano che ti voglio sfidare. Sul piano del linguaggio che pone "per necessità" il principio e che ponendolo "sceglie" una realtà. Ripeto, ponendolo attraverso la mediazione del linguaggio, sceglie una realtà, vuole una realtà. Dirime il campo ma non arriva ugualmente alla verità (essa non può coincidere con la realtà costruita, voluta). Se è così allora il principio di non contraddizione, scelto da una paeudo-ragione per dare il senso "voluto" al mondo, non funziona pienamente, si dimentica di ciò che scegliendo si lascia in ombra. Ed è lì che si deve giocare la nostra discussione. Ad ventura.
Non è una posizione metafisica di Severino ma di Platone che è costretto in questo paradigma, l'ente che oscilla fra i massimi estremi, fra gli opposti, fra il positivo e il negativo, da Parmenide, e perché? perché per Parmenide l'essere è e il resto del mondo quindi non è, è nulla, anche le cose tutte, gli enti appunto.A questo Platone non poteva convenire, ma come, è evidente che le cose sono, si ragiona ai tempi di Platone , quello là è tutto matto racconterà poi Aristotele, dice che le cose che tocchiamo e noi tutti siamo nulla mentre l'unico ente ad essere è l'essere, come possiamo seguirlo su questa strada, intendendo per quello là il Parmenide. Quindi l'essere da una parte e il non essere dall'altra e le cose che oscillano e sono quando sono (il quando lo mette Aristotele,temporalità) e non sono quando dall'essere che erano "divengono" nulla.
Aristotele stesso, il fondatore del principio di non contraddizione che si contraddice, ma come l'essere che diventa nulla , l'essere che per diventare nulla ad un certo punto si identificherà con esso,è nulla, questo è impossibile una sedia non può essere una non-sedia,certo l'Aristotele non è uno sprovveduto e per ovviare e non andare contro il suo principio logico considera gli enti e non l'essere quegli elementi che così " possono" oscillare.Ma con tutta la buona volontà che Aristotele ci può mettere anche attraverso forma e materia, così procedendo si apre inesorabilmente al nichilismo, nichilismo, bada bene , già intrapreso dal Melisso allievo di Parmenide con la sua " l'essere non è il non-essere" che si differenzia sostanzialmente da quella di Parmenide che dice che " l'essere è". ma non addentriamo i troppo nelle sofisticate problematicità filosofiche altrimenti lo spazio si dilata di
quel tanto che avrebbe bisogno di un saggio, ti basti il considerare che la materia è molto profonda e non abbordabile con il senso comune ma solo con rigore e logica.Quando mi libero scrivo di Libertà poiché in questo solco possiamo definirla in quello di logos appena sopra abbozzato e non in altro, intanto risolvi questo , esiste un mediano tra x e non-x il suo contraddittorio? Esiste qualche cosa che differenzi il senso di Libertà per libertà ? Tu, quando lo fai sei in errore la Libertà non è diversa quando è "libertà di" e "libertà da" è sempre libertà. ho la Santa Lucia ciao.
Al minuto 1 ora e 10 minuti segui la risposta di Severino all'alieva della Bocconi sul contraddittorio ma di grande valore tutta la lezione.http://m.youtube.com/
Severino Emanuele, Bocconi, la lezione 1 di 6 alle risposte agli allievi circa verso la fine al minuto che ti ho indicato, ciao.
Nel solco della logica allora dire che si vuole essere liberi significa dire che si vuole essere liberi dalle cose, anche del loro dire delle cose. Esempio Tavolo, dico tavolo e penso tavolo, c'è un vincolo tra il mio dire e l'essenza di ciò che vado a dire,vi é necesdsariamente e incontrovertibilmente questo legame, quanto é saggio il dire delle parole infatti dominio significa proprio il tenere legate a se le cose cose che stanno, destino appunto. Allora la libertà é il suo contraddittorio, é controvertibilità, é dire tavolo e il non pensarlo o pensarlo controvertibilmente, liberamente appunto.
Allora che quel tavolo sia il pensato o meno é una questione di fede e non più di ragione che é stato appunto il tentativo più o meno riuscito di metafisica di legare ad ogni cosa il suo significato e da ultimo il più grande e ampio dei significati e cioè che l'essere é. Capisci dove giunge la logica e il rigore di questo dire ? Giunge a dirti che gli opposti sono talie non possono essere messi in sintesi, se lo fai, se lo fai liberamente ( nichilismo) lo fai contro ragione e per volontà.
e scrivi "Come d'altronde difendersi dal rigore del ragionamento che se l'essere è e non può non essere, esso non può "mai" non essere e quindi il divenire non può esistere. Quindi Dio non può esistere, quindi nulla può essere creato e quindi la libertà di decidere non esiste" .Qui urge un chiarimento: la differenza che c'è tra il pensiero alienato, nichilistico, del nostro tempo , di volontà , di sintesi tra essere e non essere e quello possibile per logica e fenomenologia di un essere che non può essere in sintesi con il suo contraddittorio non-essere è, fondato appunto sul principio di non contraddizione, che il "divenire" pensato dai primi, i nichilisti, noi tutti, la cultura occidentale, è un passaggio delle cose dal loro stato di esistere a quello di non esistere come sintesi dell'esistere e del non esistere e infine dell'essere e del non essere quindi contraddittorio, e come può essere
e come può essere che contemporaneamente io sia e non sia, non è possibile appunto altrimenti se anche lo fosse sarebbe comunque qualcosa, e cioè un esistere e non un nihil absolutum, un nulla.In luogo di verità, il luogo testimoniato dalla teoresi di Severino, il "divenire", per non fare a pugni con il suddetto principio, che prima di essere logico è un principio ontologico (= del reale), non è una sintesi di opposti , impossibile, ma è l'apparire e lo scomparire dei medesimi uguali a sé stessi e diversi dal loro altro: l'essere è uguale appunto all'essere e diverso, altro (=respingendolo) al non-essere. Allora quando dici che Dio non esiste non sei in luogo di verità testimoniata dalla teoresi di Severino, poiché per quel dire Dio esiste, esiste eccome, esiste come quel Dio della fede e quindi non come elemento empirico, che qualche uomo può testimoniare
testimoniare ma che tu e io non abbiamo visto nell'apparire fenomenologico, esiste come quel Dio che viene testimoniato dalle varie religioni. allora Dio esiste e esiste anche la “creazione” se la creazione non è un trarre qualche cosa fuori dal nulla, che è impossibile,poiché il nulla è nulla di ogni cosa anche del trarre, ma è un mettere unite fra loro le cose o disgiungerle, come è per una “lampada”, una “lampada accesa”, ecco che la “lampada” ora è “lampada accesa” con il suo predicato e così è implicito che esista anche la “liberta” di farlo e quindi esiste eccome la “libertà”, ma questo può essere capito solo se si capisce a fondo il significato dell’ “apparire” .
...è che non esista come per ogni altra cosa o determinazione che è sé stante e altro dal suo altro e allora, se non può non esistere, è eterna. L'unica cosa che non può essere per l'essere è che non sia come per ogni altra cosa o determinazione che è sé stante e altro dal suo altro e allora, se non può non essere, è eterno.
Scrivi: " Ed è su questo piano che ti voglio sfidare. Sul piano del linguaggio che pone "per necessità" il principio e che ponendolo "sceglie" una realtà. Ripeto, ponendolo attraverso la mediazione del linguaggio, sceglie una realtà, vuole una realtà. Dirime il campo ma non arriva ugualmente alla verità (essa non può coincidere con la realtà costruita, voluta). Se è così allora il principio di non contraddizione, scelto da una paeudo-ragione per dare il senso "voluto" al mondo, non funziona pienamente, si dimentica di ciò che scegliendo si lascia in ombra. Ed è lì che si deve giocare la nostra discussione. Ad ventura." ecco quando dici che il principio sceglie un piano dovresti spiegarti meglio , poiché se "sceglie" un piano allora lo fa a scapito di "altri" piani diversi da quello e se
così fosse, come è, avresti di fronte quei piani, vedrai che autenticoappoggio di cui disponi è il "reale" che le cose sono sé medesime e sono altro dal loro altro,il principio appunto, questo dice il PdnC e il principio rimane il fondamento di quel dire logico e fenomenologico, l'immediato che non ha bisogno di alcuna mediazione.D'altronde tu stesso dici poi "Se è così allora il principio di non contraddizione, scelto da una paeudo-ragione per dare il senso "voluto" al mondo, non funziona pienamente" e qui correggo le tue intenzioni e non il dire delle tue parole che sono "verità" , non è appunto il principio a non funzionare ma chi lo adopera astraendolo per propri fini , "volontà interpretante" quindi e non verità. Ma che qualcuno cerchi di astrarre, anche e soprattutto attraverso il linguaggio, non significa che non sia testimone "vivente" della "verità", che non esiste è il suo contrario.
Mi ero perso questi tuoi ma su alcune cose voglio tentare una replica. L'apparire salva il concetto di essere e tu me lo confermi. La lampada accesa è un ente eterno che appare in un dato momento nella sfera dell'apparire appunto. Ma è sempre stata, è eterna. Allora si potrebbe dire che anche il nulla esiste per lo stesso procedimento logico. Il nulla appare ed esite da sempre. Ma ciò è follia. Il non essere non esiste, ma peccato che per evocarlo io debba enunciarlo e perció stesso reificarlo almeno nella parola se non in un gruppo di sinapsi nel cervello che si passano questa astrazione in forma concretissima di scarica elettrica e chimica. E qui mi collego con il discorso della scelta. Attraverso il linguaggio creo una rappresentazione del mondo. A parte i pensieri astratti che non hanno corrispondenza con oggetti del reale, il linguaggio produce una scelta, un confine che nel reale non c'è. È una forzatura. Il tavolo come
parola rappresenta un pezzo del reale che volontariamente scegliamo di isolare attraverso il concetto "altro", diverso, che formiamo nel nostro cervello. Altro e diverso dal reale ma che ci convinciamo avere un'identità totale con lo stesso. Se questo è vero allora accettiamo che il concetto di tavolo sia diverso dalla parte di mondo che "vogliamo" identificare come tavolo. Questa diversità deriva dalla scelta di imporre attraverso il linguaggio una forma al reale che in effetti non ha. Così allora il PdcN ci serve per supportare questa limitazione del reale, per dargli il senso che "vogliamo", per creare i concetti che si servono al nostro scopo mentre il reale, il mondo è del tutto indifferente a questo nostro bisogno. Veniamo ora a Severino. Se applico questa impostazione al suo concetto di apparire ne conseguo che l'apparire non è altro che una scelta di linguaggio per salvare un altra scelta di linguaggio: il PdcN. E così via con
il resto dei concetti severiniani. Sono quindi dell'idea che l'uomo non è, con i suoi concetti e le sue idee, nella verità ma può solo avvicinarsi ad essa attraverso la sua scelta limitata di concetti. In questa scelta è costretto a rinunciare al tutto ma può tendere in qualche modo ad esso. Se così è allora la libertà non è un concetto eterno ma limitato. La "libertà di" non esiste. La "libertà da" è l'unica imperfetta radicale possibilità per l'uomo.
Follia è pensare che essere e nulla siano la stessa, medesima, identica cosa non pensare che esista il nulla , è anzi necessario che esista per esistere l'essere, infatti, se così non fosse se l'essere fosse solo sé stesso ma non altro dal suo altro, il nulla appunto, non potrebbe esistere e importi, affermassi, e come potrebbe? Come potrebbe il bene a farlo senza il male? Il bene considerato a sé stante, come noema, senza ciò di cui esso è negazione, il male, non riesce ad esser bene, perché senza il suo altro da sé che ne stabilisca il senso, tale senso non può costituirsi. Quindi, si diceva, il bene è bene solo se è se stesso e non altro da sé, così come per ogni altro essente.questo per la prima parte, debbo asentarmicun attimo e poi dialogo volentieri con te sul resto in quanto noto una fortissima capacità di intesa su questi argomenti.
http://www.youtube.com/watch?v=-T9-siNYEp8
dopo anche questa lezione
allora proseguo e tento una risposta alla tua conclusione.
non te l'ho detto nella telefonata, ma oltre quella tua conclusione, che ti ho detto di rappresentarmi diversamente, il resto è condivisibilissimo , tranne che per quelle determinazioni che hai detto non esistere, poichè tutte le determinazioni esistono.
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Per la rassegna “Altri Sguardi” questo mercoledì, 24 aprile, Federica Molteni in scena nello spettacolo dedicato al ciclista italiano che salvò centinaia di ebrei durante la Seconda Guerra Mondiale
Al sodalizio sono stati legati, nel corso degli anni, ristoranti valsabbini e gardesani che donavano ai commensali degli speciali piatti in ceramica decorati, ora oggetto di collezione
Tutti noi abbiamo familiaritĂ con l'attesa. Solitamente non la vediamo di buon occhio e, se fosse possibile accorciare i tempi per ottenere una determinata cosa, immagino che nessuno di noi si tirerebbe indietro. Ma l'attesa non potrebbe avere anche degli aspetti positivi?
Il coro di Puegnago del Garda ha vinto il secondo premio al Concorso Corale Nazionale
Questo mercoledì, 17 aprile, al Cinema di Vestone la commedia amara del regisa finlandese, chiusura di una quadrilogia iniziata nel lontano 1986
Inaugurata alla presenza delle autorità la mostra “L’età del Legno. 4000 anni fa al Lucone” presso il Museo archeologico della Valle Sabbia
Annalisa Durante, la torcia che diffonde luce dovunque sia raccontata la sua storia
La sezione valsabbina dei Testimoni di Geova è impegnata in un'importante campagna mediatica per combattere un fenomeno che coinvolge ormai circa 300 milioni di persone nel mondo
L'associazione culturale salodiana “Il Salòttino” inaugura la nuova stagione di mostre questo sabato, 13 aprile, alle 18 con un vernissage
ID25725 - 10/12/2012 08:33:01 - (sonia.c) - grande leretico!
le statue, come quella di Arnaldo,o come il crocifisso, sono dei potenti messaggi lanciati dal bene e sfruttati dal male !ricordati che puoi..ma non dimenticare a cosa vai incontro..sospetto che l'ultimo monito sia il motivo principale di tanta ostentazione... ( del crocifisso!) ma non c'è ne bisogno.. chi cerca nel suo piccolo il bene, benefica del suo patibolo personale quotidiano!ma la resilienza che si sviluppa da questi piccoli esercizi di eroismo non è da sottovalutare..