06 Novembre 2012, 10.00
Filosofia

L'inautentico mondo della tecnica non esiste

di Alberto Cartella

Partendo da una visione filosofica secondo cui ogni realtŕ si fonda su un discorso, l'approfondimento settimanale del giovane filosofo saretino ci dice che vi č un avvolgimento reciproco fra noi e la tecnica

 

A volte si esprime un grido d’aiuto, un appello e la risposta è costituita da una pernacchia. Questo però non vuol dire che rinunci a confidare nella disposizione all’ascolto degli altri.

 

Gli individui – non i soggetti – che non intendo convincere sono soprattutto coloro che non hanno alcun interesse all’analisi della soggettività (definita non a caso da questi individui “aria fritta”) come lento processo di auto-esplorazione.

 

Si tratta degli individui che non rivolgono all’Altro nessuna domanda di senso sulla propria sofferenza, ma saturano proprio col sintomo psicotico la mancanza di articolazione linguistica della domanda, il cronico e mortifero senso di vuoto che traduce l’assenza di un processo di soggettivazione, dunque l’inesistenza, o meglio la nuova insensatezza del desiderio inconscio.

 

Mi sto riferendo agli individui in cui non vi è un dispendioso e temerario delirio che isola dalla realtà sociale, ma un comportamento coattivo che aderisce perfettamente all’imperativo ottuso di godimento che questa realtà impone: il comando ‘Godi!’.

 

Ci sono due modi di fare filosofia: uno è legato al comprendere il mondo e si può dire che è il modo tradizionale della filosofia; l’altro modo è quello politico, quello legato alla costituzione della soggettività, a noi stessi e al godimento del discorso per sé. Ciò non vuol dire che quest’ultimo modo sia totalmente slegato dalla tradizione, in quanto ogni grande innovatore ama la tradizione. Quest’ultimo (quello politico) è il modo di fare filosofia che mi interessa. La concezione del mondo e il discorso filosofico tradizionale (il primo modo) al quale ho fatto riferimento è l’ontologia.

 

Fermarsi al verbo essere, allo studio dell’essere (è questo che vuol dire la parola ontologia) è un’accentuazione piena di rischi. Credere che ci sia una realtà prediscorsiva è il grande sogno, il sogno fondatore di ogni idea di conoscenza. Ciò è qualcosa che deve considerarsi mitico. Non c’è nessuna realtà prediscorsiva.

 

Ogni realtà si fonda e si definisce in base a un discorso. Non c’è la minima realtà prediscorsiva, perché quello che costituisce la collettività, ovvero gli uomini, le donne e i bambini, non vuol dire nulla come realtà prediscorsiva.

 

Per lungo tempo è sembrato naturale che si costituisse un mondo il cui correlato era, al di là del mondo, l’essere stesso, l’essere preso come eterno. Questo mondo concepito come il tutto resta una concezione, una veduta, uno sguardo, una presa immaginaria. L’idea dell’essere culmina in un violento sradicamento dalla funzione del tempo tramite l’enunciato dell’eterno (Jacques Lacan).

 

L’eterno è una creazione e credere che le cose stiano eternamente e che questa creazione coincida con l’essere delle cose costituisce la radice della violenza. Si suppone sin dall’inizio che qualcuno, parte di questo mondo, possa prendere conoscenza del suddetto essere. Ma c’è un inciampo dovuto alla vacillazione risultante dalla cosmologia che consiste nell’ammettere un mondo.

 

Dico questo perché ciò a cui sto cercando di approssimarmi già da qualche mese in questi articoli non ha nulla a che vedere con la critica al mondo della tecnica, anzi l’espressione “il mondo della tecnica” credo che abbia qualcosa di ridicolo.

 

Le immagini hanno sempre a che fare con la tecnica. Credere che ci sia un’autenticità al di là della tecnica e che la tecnica sia qualcosa di inautentico è uno degli ultimi inganni in cui è caduta l’ontologia anche contemporanea.

 

La tecnica mi restituisce qualcosa che ho visto ma che contemporaneamente non ho avuto coscienza di vedere. Pensiamo per esempio alla macchina fotografica o alla cinepresa, i quali sono mezzi ai quali cediamo costantemente; questo perchĂŠ ci restituiscono qualcosa che riguarda la costituzione della nostra soggettivitĂ .

 

Vi è un avvolgimento reciproco fra noi e la tecnica, come fra noi e il capitalismo. La tecnica, come il capitalismo, sono struttura, organizzano la nostra vita. Siamo avvolti da queste cose. Il capitalismo crea cose feticcio, le quali sono mitiche e non ci può essere un'etica separata dal capitalismo. Ne siamo avvolti e coinvolti, anche se non se siamo determinati.

 

Il capitalismo è una cosa e non è un oggetto da studiare, vi è appunto avvolgimento reciproco fra noi e il capitalismo. E la stessa cosa vale anche per la tecnica. Questo però non vuol dire che tutto si riduca al capitalismo o alla tecnica.



Commenti:
ID24596 - 06/11/2012 16:30:20 - (Dru) - Socrate il tafano

Non capisco perché cerchiamo , anche quando non vorremmo, di matematizzare ogni cosa, anche la filosofia. Platone impartiva una severa disciplina fatta di anni di insegnamento della matematica, propedeutica alla filosofia e Cartella lo segue, platonico in questo. Dice Cartella che ci sono 2 modi di fare filosofia, e se gli rispondessi che ce ne sono 1.000 o uno solo cosa mi risponderebbe ?Che non stiamo facendo filosofia ma matematica suppongo.Così anche quando scrive " Ogni realtà si fonda in base a un discorso" potrei ribattere che "Ogni realtà si fonda in base al Discorso" suona meglio è più vicino al senso dell'essenza che non ha i numeri come base ma filosofia. E potrei seguitare, quando scrive "vi è un discorso...","Il capitalismo è una cosa..."... mentre per la Tecnica? no per la Tecnica il Cardella ha saputo esprimersi filosoficamente e in questo gli sono riconoscente.

ID24598 - 06/11/2012 16:44:53 - (Dru) - Volere è potere ?

vi è un rapporto indissolubile che sussiste tra tecnica e volontà di potenza. Quest’ultimo vuole la propria potenza, ossia vuole dominare. Voler dominare significa volere il dominato. Volere, in sostanza, che il dominato esista, ed esista come dominato. Il nichilismo indica che il solo modo per la volontà di dominare l’ente, è quello di volere, ossia credere, che l’ente esca e ritorni nel nulla.Osservate l’intimo rapporto che sussiste tra volere e credere; infatti, dire che l’ente esce e ritorna nel nulla non può essere frutto di un fatto percepito, poiché il nulla è impercettibile, perciò la nientificazione dell’ente è possibile solo nella credenza, nella volontà che l’ente “si” annulli.Ebbene, la volontà, volendo (credendo) l’annullamento dell’ente, può dominarlo, ossia guidare i suoi estremi: produzione-distruzione. Noi sappiamo che

ID24599 - 06/11/2012 16:46:09 - (Dru) -

questo volere vuole che l’ente sia sciolto, libero da legami necessari. Solo, infatti, se l’ente è libero “è” ad un tempo dominabile.Ora, l’apparato che più di altri oggi domina l’ente è quello che scioglie qualsiasi legame necessario tra l’ente e il tutto, lo isola guidando la sua nascita e la sua morte. Ma questo processo è la tecnica che può attuarlo. La tecnica porta a compimento l’Occidente, perché porta a compimento l’isolamento dell’ente dal tutto, portando nel contempo la volontà di potenza al suo massimo grado. In sostanza, più l’ente è isolabile più è dominabile. Dall’altra, sappiamo anche che l’annullamento del legame necessario porta con sé il pericolo estremo. Pericolo che si mostra, appunto, dal fatto che un ente che è libero di essere come anche di non essere è incomprensibile; ancora

ID24600 - 06/11/2012 16:59:37 - (Dru) -

meglio, un ente che esce dal nulla e vi ritorna è assolutamente imprevedibile. È per questo che la tecnica insieme al massimo di potenza (pericolo) crea le forme estreme della difesa dal pericolo. Con la tecnica, l’Occidente porta agli estremi la sua malattia (pericolo) e il suo rimedio (difesa).Ma Cardella dice:"L’eterno è una creazione e credere che le cose stiano eternamente e che questa creazione coincida con l’essere delle cose costituisce la radice della violenza." dice quindi che l'eterno è una credenza è fede e non filosofia e qui prima di obiettare preferirei che mi approfondisse il suo enunciato sulla base di quanto ho qui esposto io, e scrivendo la mia "la creazione è una creazione (non-verità) e credere che le cose si creino dal nulla per tornarvici e che questa creazione non coincida con l'eterno apparire dell'essere sé delle cose costituisce la radice della violenza".

ID24671 - 08/11/2012 08:58:55 - (Alessandro vaglia) - giusto il titolo

l'inautentico mondo della tecnica non esiste, poiché esiste l'autentico mondo della tecnica.

ID24910 - 13/11/2012 17:12:00 - (Alberto Cartella) -

la tecnica non autentica n inautentica. Cediamo costantemente alla tecnica. Vi un avvolgimento reciproco fra noi e la tecnica. Non si tratta si escogitare vie d'uscita. imparare a stare ci che manca.

ID24911 - 13/11/2012 17:24:54 - (Alberto Cartella) -

Quando parlo di tecnica non intendo la techne, ovvero l'abilit, ma intendo il mezzo; cediamo al mezzo.

ID24932 - 14/11/2012 08:29:03 - (Dru) - è inevitabile che così sia

E' inevitabile che noi cediamo al mezzo quando questo è includente come la tecnica e quelli, gli scopi sono escludenti, ma soprattutto quando il mezzo si mostra , proprio per la sua includenza, in tutta la sua potenza e praticità. Faccio un esempio, un tempo il denaro veniva considerato mezzo per raggiungere alcuni scopi fra cui quello della felicità, ma non solo , ci sono dei grandi precedenti del rovesciamento di mezzo e scopo. È già Aristotele a parlare di crematistica, dove per crematistica intende la produzione della ricchezza che non ha come scopo la vita felice e buona, ma è la produzione della ricchezza che ha come scopo l'incremento della ricchezza, di modo che in questo caso la dimensione economica da mezzo diventa scopo. Questo è un grande precedente del rovesciamento dove la tecnica, però intesa non in senso riduzionistico, da mezzo diventa scopo.

ID24933 - 14/11/2012 08:33:10 - (Dru) -

Un secondo antecedente, è l'eresia ariana, ovvero ciò che dal punto di vista dell'ortodossia cristiana è chiamato eresia ariana, per la quale, come sappiamo, la critica di Ario è che Gesù da mezzo per arrivare a Dio – dove Dio è lo scopo nel tragitto globale dell'uomo – è diventato lo scopo. E infatti nel cristianesimo il centro è un punto cristologico più che teologico. Insomma, la cristologia ha avuto la preminenza sulla teologia, allora anche qui c'è il rovesciamento del mezzo che diventa fine.L'altro grande rovesciamento, il terzo, è quello di Marx. La tesi di Marx lavora direttamente in relazione a quella di Aristotele quando tratta il processo economico, dove ad esempio si parla del danaro che serve per l'acquisizione dei beni di consumo, e quindi come medio, ossia che serve nel passaggio dalla cessione di un tipo di merce all'acquisizione di un certo altro tipo di merce (per esempio, ti

ID24934 - 14/11/2012 08:36:11 - (Dru) -

ti do il lino e tu mi dai il grano). Attraverso il denaro, se lo scambio non può avvenire immediatamente, dove dunque il denaro è mezzo, avviene un rovesciamento per cui non è che io ti dia lino per consumare grano e tu mi dia grano per vestirti, ma ci serviamo del lino e del grano per aumentare la somma di danaro inizialmente impiegata e allora anche qui l'incremento della quantità di denaro diventa lo scopo del processo economico. Questi esempi sono tratti dal pensiero di Emanuele Severino in cui non trovo contraddizione abbastanza forte dal demolirli.

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