Ma dov'è il Campi?

Rivolgere l’ultimo saluto a Campanardi è per me una doppia fatica, un doppio dolore. Politico e umano.
In primo luogo come Sindaco, perché Campanardi è parte della storia di Vobarno, perché forte è il legame con il territorio, con i suoi monti che conosceva palmo a palmo, perché saldo è sempre stato il suo radicamento nella vita cittadina.
Partigiano. Partigiano a pieno titolo. E già questo  basterebbe ad essergli riconoscenti come comunità civile e democratica.

Operaio sindacalizzato nella grande fabbrica vobarnese.

E anche li,  sempre in prima fila per combattere le ingiustizie del lavoro e difendere i diritti delle persone, quasi una prosecuzione della sua battaglia per la libertà come emancipazione umana.

E, ancora, testimone prezioso ed entusiasta, in mezzo ai giovanissimi studenti, a fare memoria senza mai compiacersi di se, ma con la passione civile di avvicinare i giovani alla scoperta ed alla assunzione delle proprie responsabilità, nella adesione ai grandi ideali tanto quanto di fronte alle scelte della quotidianità.   

Difficile salutarlo come Sindaco; ancor più come suo compagno ed amico, al quale ero legato dalla stessa militanza politica e dalla condivisione dei medesimi ideali, da  giornate trascorse insieme a discutere o ad organizzare iniziative.

Colpiva la sua semplicità, onesto e schietto, sempre.
Non aveva alle spalle studi o solide letture.
Il suo essere di parte nasceva da una istintiva avversione verso ogni ingiustizia o prevaricazione o sopruso, da una innata  aspirazione di riscatto dei più umili.

Nella sua lunga vita, sempre da quella parte è stato, costasse quel che costasse.
 
Ha attraversato tutto il 900, anni bui, difficili, duri.
Ma che non l’hanno inaridito, che non gli hanno fatto perdere quel suo sorriso.
Fino all’ultimo non ha smesso di entusiasmarsi, di emozionarsi, di commuoversi fino alle lacrime, non solo in occasione delle ricorrenze, ma anche di fronte ai quotidiani gesti di solidarietà umana.

Nelle ultime conversazioni che ho avuto con lui, manifestava anche amarezza e delusione.

Non era solo l’età avanzata, quell’affievolirsi di futuro che ti fa riflettere più sul passato.

Era soprattutto quella sua onesta, intransigente e insopprimibile indignazione civile nell’assistere impotente al degrado della vita pubblica, ai tentativi di equiparare i repubblichini ai partigiani, ai costi folli della politica, a vedere il Parlamento, luogo simbolo della democrazia che anche lui, con i suoi sacrifici, aveva contribuito a far riaprire, affollato da persone per nulla onorevoli che si insultano o innalzano volgarmente un cappio.
 

Mancherà. Non solo ai suoi figli ed ai parenti ai quali manifestiamo il nostro affettuoso cordoglio.
Mancherà a tutti noi.
Per qualche tempo ancora, a Cesane di Provaglio,  sul Monte Besume, tra pochi giorni al Santuario di Barbaine, ci volteremo a cercarlo, a chiederci increduli, ma dov’è il “Campi” !?

Ed avremo li, nel ritrovarci ancora li, in tanti, sollecitati a visitare quei luoghi  anche dall’esempio di vita di Campanardi, l’ennesima conferma che lui,  il suo dovere l’ha davvero fatto fino in fondo.
 

Ciao Campi, e grazie !

 

Carlo Panzera - sindaco di Vobarno
 

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ID23544 - Buon viaggio (UN SORRISO) ID23580 - gubott (gubott)

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