Alla ricerca dei battelli affondati nell'Ottocento

Ci vorrà del tempo, ma è molto probabile che presto il lago d’Idro diventi teatro di una speciale missione archeologica. Una operazione di ricerca dedicata, ad Anfo, ai piedi della Rocca, all’individuazione dei resti di due battelli dei finanzieri italiani affondati dai contrabbandieri a metà dell’Ottocento.

L’episodio dell’affondamento è documentato da notizie storiche certe; attestate da documenti dell’epoca. «Attorno al 1860 - racconta Francesco Tiboni, un vobarnese con all’attivo una laurea in Archeologia preistorica e una successiva specializzazione in Inghilterra, a Portsmouth, in archeologia subacquea - nel lago d’Idro si svolse una battaglia tra la guardia di finanza di stanza alla Rocca d’Anfo e i contrabbandieri, e questi ultimi affondarono due battelli dei militari».

Si trattava di imbarcazioni in legno, armate e lunghe una decina di metri, che pattugliavano le acque dell’Eridio in corrispondenza del confine italiano con l’Austria per contrastare l’incessante contrabbando che avveniva tra i due Paesi.

«I due battelli sono ancora lì, sotto le acque del lago. Per questo stiamo studiando un progetto di ricerca a cura dell’Asps, la società di ricerca archeologica guidata da mia moglie Laura e da me, insieme ad alcune associazioni di volontariato culturale subacqueo, come la "Underwater academy", di livello nazionale e con sede a Rezzato e, ce lo auguriamo, l’Eridio sub club di Anfo».

Ci sono poi l’appoggio del Comune di Anfo e della Comunità montana della Valsabbia, e l’accordo con l’ufficio di Brescia della Sovrintendenza ai Beni archeologici della Lombardia. «Stiamo inoltre coinvolgendo la Nautical archaeology society di Portsmouth, che già ci ha invitato a presentare il progetto alla conferenza annuale di archeologia subacquea, la più importante a livello mondiale in questo settore, che si terrà il prossimo novembre a Portsmouth, in Gran Bretagna».

Per ora si sa di certo che l’affondamento delle due imbarcazioni è avvenuto a ridosso della Rocca, che il porto antico era dove oggi si trova il porto di Anfo, e che la rotta percorsa era la più breve, quella a ridosso della fortezza napoleonica. «Prima faremo ricerche negli archivi - aggiunge Tiboni -: sia in quello comunale di Anfo, tra i pochi non toccati dalle distruzioni napoleoniche, sia in quello della marina (all’Arsenale di Venezia) e della guardia di finanza (a Roma) alla ricerca di ulteriori certezze, soprattutto sul luogo esatto dell’affondamento. Poi cercheremo sotto l’acqua».

Un’impresa non facile, ostacolata dall’acqua fredda che crea problemi tecnici e non solo, e dall’arrivo in fretta del buio, dovuto alle montagne che schermano presto il sole. «Potremo operare solo d’estate, e oltre i 30 metri useremo un robot Rov, un veicolo teleguidato con videocamera e con pilota e assistente in superficie, mentre dai 30 metri in su scenderà un subacqueo».

«Siamo sicuri che i battelli sono ancora sul posto - conclude il vobarnese -. È vero che il legno in acqua non si conserva, ma nell’Eridio il microrganismo "Teredo navalis", un mollusco che si nutre di legno e che vive in acque calde e salate, non può vivere; e a causa della scarsità di luce, neppure le alghe hanno grandi possibilità. Quindi basterebbe scendere in acqua preparati e, con un po’ di fortuna, i battelli della guardia di finanza potrebbero essere riportati a galla».
Quando? «Puntiamo a scendere sott’acqua per l’estate 2008».

Massimo Pasinetti
Da Bresciaoggi

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