29 Marzo 2007, 00.00
Odolo
Banche

Banca d'Italia risponde alle domande del Rotary

«Serve ancora la Banca d’Italia?», titolo provocatorio per un incontro promosso a Odolo dal Rotary Valsabbia del Centenario, guidato da Nicola Bianco Speroni, a cui č stato invitato a rispondere il direttore della filiale di Brescia Marcello Callari.

«Serve ancora la Banca d’Italia?», titolo provocatorio per un incontro promosso a Odolo dal Rotary Valsabbia del Centenario, guidato da Nicola Bianco Speroni, a cui è stato invitato a rispondere il direttore della filiale di Brescia Marcello Callari.
«Siamo presenti - ha ricordato Callari - nelle 97 province storiche d’Italia, non in quelle di recente istituzione, per un totale di 7.400 dipendenti. Ma è alle porte un progetto di ristrutturazione che chiuderà 58 sedi e ne lascerà aperte solo 38. In Lombardia potremmo avere 3 filiali: Milano e Brescia più Bergamo, specializzata nel gestire contante».

Callari arriva a Brescia da Bergamo: «Sono di Siracusa, ed ho iniziato la carriera bancaria a Ragusa, per poi salire e scendere di continuo lo stivale». Dopo Ragusa ecco Vicenza, quindi Siracusa (dove Callari è nato) e Trento. Poi ancora Ragusa, Catania e Reggio Calabria, quindi Bergamo ed ora Brescia: «Mi trovo bene nella complessa realtà bresciana, con ben 52 intermediari su cui vigilare: 19 sono aziende di credito (con province quali Pavia che non ne possiedono alcuna), con anche 2 Sim, 6 finanziarie e 22 società cartolarizzate. Alla vigilanza sul sistema finanziario e creditizio destiniamo 12 dipendenti, con analisi che assegna un rating da 1 (l’ottimale) a 5 dopo che il controllato è stato rivoltato come un calzino. Non solo vigilanza a tavolino in base al flusso dei dati, ma anche vigilanza ispettiva negli stessi istituti, in una provincia dai tanti primati, tra cui la più alta densità industriale ed il primo posto in Italia nel rapporto tra abitanti e numero di sportelli bancari».

A Brescia Banca d’Italia non ha solo ruolo di vigilanza, ma anche di ricerca economica sulla provincia, invia poi i dati a Milano e in sede centrale, a Roma, di gestione del contante circolante in provincia (circa 40.000 pezzi ogni anno, poi rimessi in circolazione tramite banca e posta), di servizio di tesoreria per lo Stato (collaborando con lo stesso a gestire il debito pubblico e ad emettere titoli di Stato): «Tuteliamo il risparmiatore controllando che la banca sia gestita in modo sano e prudente, ma non tuteliamo chi fa la scelta, ad esempio acquistando azioni Parmalat, di diventare investitore». Ed alla provocatoria domanda conclusiva se Banca d’Italia ha ancora ragione di esistere e di vigilare sulle banche, questa la risposta convinta di Callari: «Lo facciamo bene dal 1936. Perché cambiare?»

m.pas. da Bresciaoggi


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