04 Giugno 2021, 10.10
Blog - La Lanterna Magica

«Il clown è un'arte che include tutte le altre»

di Davide Vedovelli

Intervista a David Larible, che sarà a Vimercate il 24 giugno con il suo meraviglioso spettacolo “Il Clown dei Clown”


David Larible è uno tra i più grandi clown al mondo, uomo di circo da sempre che sa passare con disinvoltura da uno chapiteau ai teatri più prestigiosi riuscendo nell’arduo compito di far ridere ed emozionare. In questa chiacchierata ci racconta di come ha vissuto questo delicato momento, di cosa significa per lui essere clown e quale è la funzione oggi di questa straordinaria disciplina, che è poi sintesi di molte altre discipline. Lo raggiungo telefonicamente e subito ci viene naturale parlare del periodo difficile che sembra stia, forse, per concludersi.

Buongiorno signor Larible, grazie per la sua disponibilità. Come sta?

Io generalmente sono positivo e ottimista ma questa situazione ha minato il mio ottimismo e la mia positività. Noi gente di circo siamo gente abituata a lottare e combattere contro le avversità ma questa, forse, è stata la sfida più difficile per noi. I circensi sono persone abituate a reagire, se arriva un temporale o un vento forte che fa volare via lo chapiteau chiami subito qualcuno che te lo può prestare, se piove ed il terreno diventa inaccessibile ci si mette subito con le pompe a pompare fuori l'acqua.

Questa volta invece è stato il contrario. Ci hanno detto di stare di stare fermi, di “non fare”. Lo stare fermi è un qualcosa che va contro la nostra natura e contro la nostra tradizione. Il circo, se ci pensa, è sopravvissuto alle guerre, alla spagnola… penso sopravvivrà anche a questo, ma è stato davvero un momento complicatissimo.

Come ha vissuto dal punto di vista creativo questo momento?


I primi mesi sono stati molto complessi, non riuscivo a creare nulla. Non riuscivo a scrivere e la mia mente era vuota. L'artista può creare quando ha qualcosa dentro ma quando ti senti vuoto è difficilissimo perché non hai niente da esprimere. Poi, come dicevo, siamo persone che reagiscono e che cercano di sopravvivere. Mi sono detto: piangersi addosso non serve a nulla e non mi aiuterà… allora ho cominciato a seguire dei corsi di pittura e approfondire altre discipline.

La funzione della clownerie oggi può essere anche quella di aiutarci ad esorcizzare questo periodo?


Certamente, è sempre stato questo il ruolo della clownerie. Penso che se nel mondo tutte le persone fossero felici e vivessero una vita meravigliosa i clowns non avrebbero ragione di esistere, così come gli psicologi. Il clown è questa piccola isola in cui puoi approdare, anche solo per un paio di ore.

Il sentimento più grosso che ci ha lasciato questo periodo è la paura, una paura che non provavamo da molto tempo. Noi clowns non abbiamo la pretesa di risolvere i problemi del mondo né di curare malattie fisiche o psichiche, abbiamo solo un ruolo di placebo, di cercare di alleviare le preoccupazioni con la risata, con la poesia, di far sognare gli spettatori.

L'ironia, il sarcasmo e l'autonomia sono armi incredibili, il saper ridere di se stessi ci permette di ridere delle cose che ti succedono. Se pensiamo che Benigni è riuscito a fare addirittura un film a tratti divertente sul tema tanto delicato quanto l'olocausto ci fa capire quanto quest'arma sia più potente di molte altre armi.


Qual è la sua poetica?

Vedi… è difficile spiegare la poetica. La poesia è in quello che fai, è nei tuoi gesti e nelle situazioni che crei, non la ricerchi prima. Prendiamo ad esempio Leopardi: non è che si sedeva alla sua scrivania e diceva "eh dai, adesso scrivo della poesia" . Lui scriveva delle sue sensazioni, delle sue emozioni e delle sue frustrazioni anche, ed essendo un poeta ciò che ne usciva era, appunto, poesia.

Poeta lo sei, non lo diventi, la poesia non puoi cercarla a prescindere. O ce l'hai dentro di te o non ce l'hai. La poesia si esprime per il musicista gli spartiti musicali, per il poeta in poesie scritte e per i clown nelle situazioni che riesce a creare.


Come è cambiato il suo personaggio negli anni e quali sono stati i suoi maestri?

Il mio personaggio si evolve continuamente. Certo, negli ultimi anni i cambiamenti sono minimi perché ora è abbastanza definito ma all'inizio non era così, ero sempre alla ricerca di qualcosa di diverso. Osservavo i miei maestri, come Charlie Chaplin, e prendevo spunto da loro. Io ho avuto la fortuna di avere il padre che era un grande artista di circo molto famoso e lavorava nei migliori cerchi del mondo. Viene da sé che lavorava con migliori Clown del mondo.

Essendo già da bambino totalmente preso ed innamorati di questa disciplina sapevo che era quello che avrei voluto fare e quindi andavo a vederli appena potevo. Papà non era d'accordo che facessi il clown perchè diceva che il clown è la fase finale di un processo e non l’inizio. Diceva che prima avrei dovuto diventare acrobata, giocoliere, ballerino e musicista e poi avrei potuto, se avessi avuto talento, fare il clown. Aveva ragione ed è esattamente ciò che ho fatto.

Il clown è un’arte che include tutte le altre. Se tu vedi Totò resti affascinato dalla sua straordinaria mimica facciale.. è incredibile. Ma totò non è solo questo: lui sa fare la marionetta, il balletto, scrivere canzoni e tutto il resto. Ti rendo conto che c’è dietro una preparazione incredibile.

Lei, potendo scegliere dove esibirsi, preferisce il teatro o lo chapiteau?

Lo Chapiteau tutta la vita. A me piace tantissimo il teatro perché ha le sue peculiarità, ma lo chapiteau è tutta un'altra cosa. Io sono nato nel circo con il papà circense, il nonno circense, il bisnonno circense e la segatura della pista è impossibile toglierla dalle vene.

Anche il fatto di avere la carovana vicino al tendone, al tuo posto di lavoro, e quando ti svegli vedi lo chapiteau è una sensazione bellissima.
Come recita l'ultima frase del film Il più grande spettacolo del mondo (The Greatest Show on Earth) diretto da Cecil B. DeMille: "Quando tornerete a casa potrete togliervi la segatura dalle scarpe, ma non potrete toglierla dal vostro cuore”.

In coda all’intervista parliamo di un sacco di altre cose, delle eccellenze mondiali come Knie e Roncalli, dello “Slava Snow show” e de le “Cirque du Soleil”, di come è differente questo modo di fare circo rispetto ad altri. In queste produzioni il protagonista è lo spettacolo stesso e l’artista passa quasi in secondo piano, o meglio, non è così importante che sia esattamente questo o quell’artista a fare quel numero (negli spettacoli del Soleil tutti gli artisti hanno un sostituto e un numero di riserva perché “the show must go on” a qualsiasi costo).

Sarebbe invece impensabile uno spettacolo del clown Dimitri senza Dimitri stesso. Io penso lo stesso di Larible che sarebbe impossibile un suo spettacolo fatto da qualcun altro… Forse qui sta la differenza tra arte ed artigianato - anche se di ottimo livello. L’opera artistica è un qualche cosa di unico e irripetibile. David Larible lo è: unico ed irripetibile!

Abbiamo la straordinaria occasione di poterlo vedere in due date italiane prima che parta per l’estero. Il 24 giugno a Vimercate e al Festival Funambolica di Pescara che andrà in scena dal 19 al 21 giugno presso il teatro d’Annunzio.

Nelle prossime settimane vi daremo tutte le info per partecipare a queste manifestazioni.


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