13 Gennaio 2014, 09.07
Terza pagina

L'indecisione del decidere 1.2

di Dru

Nel 1.1 abbiamo detto in parole poverissime che la volont di potenza riconosce l'ente come quel qualche cosa che oscilla tra l'essere e il niente


La decisione del mortale è questo sapere, è sapere di potere sulle cose che oscillano divengono.
Questo sapere è convinzione, persuasione, fede, fiducia nell'oscillazione.

Questa fede per decidere deve lasciarsi alle spalle ogni incontrovertibile verità che bloccherebbe questa oscillazione, questa la sua coerenza, la coerenza di questo sapere originario.
Il satollo impedirebbe ogni divenire, ogni novità:
Democrito dice che ad ogni pieno vi è il vuoto, senza vuoto come potrebbe costituirsi il pieno, come potrebbe muoversi il solo pieno? Democrito è il fondatore della fisica.

Ma all'incontrovertibile verità si pone alla base l'incontrovertibile controvertibile, cioè l'ipotes) che giustamente attende ciò che non è nulla, ma la novità, e del nulla è preda, l'ipotesi è sempre preda della sua negazione, la sua negazione è il fondamento del dubbio.

Ora, dubitare significa quel qualche cosa che è sempre esposto alla negazione, quel qualche cosa che è controvertibile appunto.

Ma dubitare e decidere si contraddicono, perché decidere è superamento del dubbio, è non avere dubbi, non decideremmo nulla senza isolare da sé il dubbio nel decidere.

La convinzione o fede è questo isolamento.

"L'azione tecnologica  è quindi possibile solo in quanto si ha fede, ossia non si dubita di ciò che la coscienza scientifica, secondo cui l'azione tecnologica si realizza, conosce come ipotesi e quindi come dubita bile."

La fede,come dicevo, isola il contenuto dell'ipotesi, la sua controvertibilità, la sua sempre presente negazione, e gli dà quel carattere di incontrovertibilità.

"Quel sottrarre e questo attribuire sono la fede la convinzione, cioè sono la decisione."

*Sempre ispirato profondamente da "Destino della Necessità".



Commenti:
ID40306 - 13/01/2014 17:27:27 - (Leretico) - Il contenuto della libertà

Da quanto hai scritto qui e quanto nel precedente punto, ricorre una conclusione a cui ti vorrei portare e di cui vorrei un tuo approfondimento sintetico, per quanto nelle tue corde, ovviamente: si arriva infatti alla tesi che il contenuto della libertà è il nulla, ossia il credersi liberi di decidere, essendo espressione di una fede, è impossibile. Quindi il contenuto del libero arbitrio è il nulla. Detto ciò, non esistendo il contenuto della libertà, non esiste nemmeno quello di etica e di morale, perché appunto si riferiscono alla stessa contraddizione. Ora dimmi, essere coscienti di tale contraddizione, quale diversa consapevolezza dell'essere, cosa comporta dal punto di vista dell'essere uomini? Bada che non intendo dire "essere mortali", intendo dire essere quell'ente che testimonia l'apparire di tale coscienza. Insomma una volta capito che amore e violenza hanno la stessa radice, come apparirà il "nuovo" essere uomini?

ID40308 - 13/01/2014 18:14:46 - (Dru) - Caro Leretico

Ti rispondo qui non sinteticamee anche se troverai nei miei prossimi pubblicati circa le stesse considerazioni. Abbiamo detto che la fede è convinzione di ciò che sta, ma può essere negato e quindi sta differentente non indifferentemente la sua negazione, la convinzione isola ciò che sta da ciò che nega questo stare. All'interno dell'isolamento sono volontà anche quelle forme di pensiero che si vorrebbero distinguere dalla volontà. Quindi questo contenuto non appare nel destino come il non esser qualcosa la cui negazione è autonegazione. Appare così anche se il linguaggio non esprime questo suo apparire. Ma se è necessario che appaia tale equipotenza, esse sono la volontà di tener fermo (ad-fermare) il loro contenuto e non la sua negazione. "Come decide di accendere il fuoco o di mettere in orbita una stazione spaziale, così il mortale decide di tener fermo il contenuto della persuasione sensibile o

ID40309 - 13/01/2014 18:29:51 - (Dru) -

della Metafisica di Aristotele. Ora questo isolamento è l'isolamento di tutte le cose all'interno del l'isolamento della terra dalla verità. Il tramonto dell'isola,entrò della terra-la salvezza, nella verità del suo significato- non può essere lo scopo di un azione razionale come già ti dissi. "Sia il singolo che il gruppo, non solo il mortale non deve far qualcosa, affinché l'isolamento della terra tramonti, ma non deve nemmeno rinunciare ad agire. Il tramonto dell'isolamento non è cioè qualcosa che il mortale ottiene rinunciando ad agire, giacché anche la rinuncia ad agire è pur sempre un'azione del mortale, ossia un'azione razionale che si serve della rinuncia per ottenere uno scopo. Ma il mortale non deve nemmeno limitarsi ad attendere la salvezza, o a convincerci che non deve far nulla e che non deve nemmeno rinunciare ad agire. Anche quest'atto sa e questo convincerci sono pur sempre

ID40310 - 13/01/2014 18:40:03 - (Dru) -

un agire del mortale: il tramonto dell'isolamento della terra è il tramonto del mortale e quindi l'azione razionale non può essere in alcun modo ( nemmeno quando essa giunge a concepire la propria soppressione e a pregare per ottenerla) la dimensione al cui interno o in relazione alla quale accade il tramonto dell'isolamento. Nella verità del suo significato, la salvezza non è la salvezza del mortale, ma ne è il tramonto, ossia è l'oltrepassamento della fede nella terra isolata. E il tramonto non è l'annullamento del mortale - giacché anche il mortale e l'alienazione, come ogni ente, sono eterni -, ma è il suo divenire un "passato"."

ID40311 - 13/01/2014 18:45:55 - (Dru) - Mi chiedi come apparirà

ciò che da sempre appare, ma questo apparire, alienato dalla verità, è fede che le cose divengano altro da sé.Questa fede è continua violenza apparendo come il luogo sicuro dell'insicura umanità che è sempre minacciata dalla negazione (il mortale).

ID40321 - 13/01/2014 21:15:49 - (Giacomino) - Mamma mia

ho fatto una fatica a capire.

ID40325 - 13/01/2014 22:51:34 - (Leretico) - Ciò che da sempre appare

In realtà ciò che da sempre appare è "il mortale". Dal momento in cui si crea la coscienza della contraddizione, ossia nel momento in cui la coscienza di accorge della sua persuasione folle che l'essere possa diventare nulla, questa consapevolezza appare, come appare anche una coscienza che sa di se stessa consapevole di tale contradditorietà. Che uomo appare o apparirà da questa nuova coscienza? E se l'uomo non può apparire che nell'errore del suo nichilismo, quale razionalità potrà mai emergere dalla consapevolezza di cui soprà? Oppure ci si accontenta di dire che tutto è necessario e che se il nichilismo esiste allora è necessario? E inoltre mi si giustifichi perché dovrei pensare che l'impossibilità di influire su tutto il meccanismo della necessità non sia una giustificazione della conservazione.

ID40326 - 13/01/2014 23:00:41 - (Dru) - Un uomo

privo di ogni dubbio, un uomo che sa che la verità è l'apparire dell'essere sé di ogni essente e del non esser l'altro da sé, si che il contesto in cui porre ogni essere non consente alcuna sintesi impossibile, come l'essere e il nulla, sintesi che deriva dall'isolamento della decisione come dell'isolamento di ogni cosa dal Tutto. Ogni giustific-azione èdel homo faber e come ti ho scritto sopra ogni conservazione è azione razionale e i quanto tale è fede.

ID40328 - 13/01/2014 23:22:22 - (Dru) - Poi dici

Cose che non dico, e cioè che l'uomo non può apparire che nell'errore del suo nichilismo, e qui bisogna che entri nella struttura dell'apparire: ciò che appare non può che essere un apparire sopraggiungente e come tale uno scomparire di ciò che appare nel cerchio dell'apparire. Sopra credo di aver detto appunto la parola "tramonto". Sono felice di sapere che Giacomino segua questi ragionamenti e mi piacerebbe sapere chi ancora si scervelli in tal senso.

ID40336 - 14/01/2014 13:07:47 - (sonia.c) - mè.

immeritatamente..ci provo. e vi ringrazio tutti e due. abbia fede sior dru..ci sarà chi legge capisce,e pensa senza scrivere..al contrario di mè che leggo e scrivo invano...o insensatamente byby

ID40341 - 14/01/2014 14:33:29 - (Dru) - Posso essere anche lusingato dal ragionamento di Sonia

Se e solo se il vero soggetto del suo pensiero non sono io :-), se colui che scrive senza leggere, il contraddicente, che viene implicitamente a galla nel giudizio esposto da Sonia, non sono io.

ID40342 - 14/01/2014 15:23:27 - (sonia.c) - lei è un pò troppo "severiniano.".ihih

l'ho capito da un commento di Sini.ho pensato:tò! dru! ma vedrà che ci saranno altri ,oltre a leretico ,che la capiscono. spero che abbia capito che,a mio modo ,le ho fatto un complimento.prendi quel che passa il convento..ihih

ID40346 - 14/01/2014 18:09:56 - (Leretico) - Le cose che dico

Nel mio post non ho scritto e citato te, Dru, ma ho espresso una cosa mia. Se l'uomo appare nel suo nichilismo, ossia se appare il nichilismo come appare l'errore, come appare il contraddirsi, allora fino a che l'uomo dirà, parlerà, penserà, egli produrrà sempre questa condizione. Quando arriverà a sapere della coscienza che sa dell'errore, apparirà un altro uomo non privo del suo nichilismo, a cui non può, o meglio non sa, rinunciare.

ID40347 - 14/01/2014 18:43:03 - (Dru) - A questo non so rispondere

Certo all'acme della volontà di potenza, all'acne della tecnica l'uomo, l'esser uomo, sarà dominato dalla tecnica che è stata da lui originata per necessità, la necessità che risolve la contraddizione delle varie forze in gioco a favore della tecnica da loro utilizzata per il raggiungimento degli scopi escludenti di tali forze, incrementandone indefinitamente la potenza. Questo discorso si inscrive nel senso greco dell'esser cosa che sicuramente, nel paradiso della tecnica, ci farà massimamente felici, per il massimo dell'incremento, ma che allo stesso tempo ci farà massimamente infelici, proprio per questo senso,il senso del diventare altro delle cose, senso che impone al discorso della tecnica la base scientifica che fin qui

ID40348 - 14/01/2014 18:49:26 - (Dru) -

ho indicato come quell'apparire dell'ipotesi del reale, ipotesi che ci pone le condizioni per soddisfare di volta in volta una fede che isola tali condizioni vestendo l'azione di un carattere incontrovertibile, del carattere della verità, ma sicuramente non il senso incontrovertibile della verità. La voce della tecnica ci dice tu sarai felice, e la scienza consapevole del suo carattere ipotetico dice all'uomo tecnico "tu forse sarai felice", ma quel "forse" veste di impotenza ogni volere potente.la verità nel linguaggio che parla del destino parla di un oltrepassare quel "forse" che è determinato dal senso greco della cosa.

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