29 Settembre 2019, 07.30
Blog - Maestro John

Gavardo: il giallo e... Limone!

di Maestro John

Non voglio nemmeno immaginare lo spavento che ha preso quella signora la mattina di domenica scorsa, quando, entrando nel cimitero a pregare per i propri cari, appena dietro la chiesetta del cimitero si è trovata davanti ad una tomba aperta...


...alla bara scoperchiata e ad una povera salma spostata.
Chissà che paura, che terrore! Ovviamente la sconvolgente notizia è volata per il paese, passando di bocca in bocca tra la gente spaventata.

Ricordo la gentile carabiniera, che al cancello invitava con voce dolce ma decisa a non entrare nel camposanto. In fondo al viale si vedevano carabinieri, agenti della Polizia Locale ed altre persone che facevano le indagini.
Pare che sia stato necessario il ricorso alle planimetrie del cimitero per conoscere l’identità del defunto, visto che la lapide era a pezzi. Il cimitero è stato riaperto poco prima di mezzogiorno e la tomba è stata richiusa con una copertura provvisoria di plastica.

Da domenica in paese non si è parlato d’altro.
Tutti a cercare notizie sui giornali on line. Gente che ha sentito i cani abbaiare tutta la notte. Roba da libro giallo, quasi nero.
E poi, pian piano, han cominciato a giungere voci su quell’episodio misterioso.

Non si parlava di vandalismo o di piste sataniche (ci sono anche quelle in certi cimiteri, purtroppo…).
Di notte qualcuno aveva scavalcato il cancello, preso la lapide a mazzate, estratto e aperto la bara, tagliato l’involucro di zinco. La profanazione della tomba riportava alla memoria vecchie vicende giudiziarie, faceva tornare a galla ricordi dolorosi collegati ad un duplice omicidio e a un suicidio all’alba lungo l’argine del fiume.
Mistero, ipotesi inquietanti.

Tutti a parlarne in casa, nei bar, in piazza.
Tutti che facevano commenti ed ipotesi, tutti che si sentivano come il Commissario Montalbano.
Il sindaco Davide Comaglio ha commentato: “Una cosa che provoca una sconcertante tristezza, il cimitero è un luogo di preghiera”.
Il primo cittadino, che già ha nelle proprie incombenze la “sporca” faccenda dell’ipotesi del depuratore delle acque lacustri e la grave questione della cava del Tesio, adesso viene chiamato per questa terribile faccenda. Si può ben dire: pietà l’è morta! Nemmeno al cimitero si può riposare in pace! Insomma, giorni di paura e di angoscia nel paese.

Per fortuna che venerdì, nella stupenda chiesetta di Limone,
c’è stato il dodicesimo incontro con i “vecchi” curati di Gavardo, ora divenuti parroci.
È stata l’occasione per una bellissima celebrazione eucaristica, con tanti amici che si sono raccolti insieme a loro per vivere un intenso momento di preghiera, per rivedere le persone che hanno segnato la vita spirituale di tanta gente, per dire loro: “Grazie, don! Non vi dimenticheremo, mai! Siete sempre nel nostro cuore”.

Grazie alla “chiamata” di Umberto Averoldi, infaticabile regista dell’appuntamento, c’erano: don Eugenio Panelli (che quest’anno festeggia il 50° di sacerdozio), don Flavio (al 45° anno di sacerdozio), don Dario Guerra (47 anni in Argentina, ma che volentieri ritorna a Gavardo, anche per abbracciare Rina, moglie del mitico Tano), don Diego Facchetti, don Gabriele Banderini, accolti dalla cordialità di monsignor Italo Gorni.

È stata una Messa davvero “sentita”,
con il coro dei bravi musicisti che proponeva bellissime canzoni.
La commozione era evidente quando don Flavio (che proprio oggi sarà a Rovato per unirsi all’amico mons. Cesare Polvara nell’opera pastorale) ha letto i nomi delle persone che ci hanno lasciato in questi anni.

Non è stato facile trattenere le lacrime di nostalgia, pur sapendole in Paradiso. Ma don Flavio ha detto che “i nostri morti sono le nostre radici, noi siamo come alberi che crescono e danno frutto solo grazie alle radici, che non si vedono ma sono fondamentali per la nostra vita.” Grazie, don Flavio! Poi ogni sacerdote ha espresso alcuni pensieri. Don Gabriele ha detto che lui non andrà mai in pensione, ed ha fatto sorridere tutti per il sottile umorismo.

Fuori dalla chiesa
alcuni di noi rammentavano che facevano i chierichetti a don Erminio Bertuzzi. Era velocissimo nel celebrare la Messa, faceva le prediche alla Speedy Gonzales, versava tutta l’ampollina del vin santo e una goccia di acqua, e distribuiva le particole con la velocità che usavamo per giocare a gal con le figurine.

Ci piaceva la proposta di vita in stile libero
che costantemente ci faceva. Anni dopo ho saputo che molti hanno giudicato il suo più vistoso difetto: l’incapacità, e quindi l’insolvenza, amministrativa, che gli hanno procurato tanti guai, nonostante l’assoluta assenza di malafede.
Ma nelle “mani buche” di don Erminio sgorgava una inesauribile generosità. Fu curato a Gavardo dal 1959 al 1969. Ricordo che quando è andato in cielo, nel 1987, gli ho dedicato un saluto.

“Ti ricordi, don Erminio? 
Avevamo messo su un complessino, “Gli spirituals” si chiamava, quattro camicie bianche con fiocco nero e al Salone si cantavano le canzoni dei Giganti.

Ti ricordi, don Erminio?
I primi spettacoli sgangherati, le farse di “Abbasso il frolloccone”, il teatrino di suor Anna a Casa San Giuseppe, i burattini, i costumi fatti con niente, le prove all’oratorio vicino alla statua della madonnina, le prime “tournées” a Sabbio Chiese o a Vestone.

Ti ricordi, don Erminio?
Si pedalava nella fresca aria del mattino verso il dolce paesaggio di Limone, là dove c’era la redazione di “Petit monde”, il giornalino più pazzo e strampalato del mondo, dove noi ragazzi eravamo liberi di scrivere, disegnare, inventare giochi e poesie con inchiostri di mille colori. E vicino c’era la Faita, dove si creavano i primi bivacchi dei boy-scout che tu avevi inventato.

Ti ricordi, don Erminio?
Noi eravamo un po’ matti, come sono un po’ matti tutti i ragazzi che hanno la vita davanti e magari fanno fatica a capirla, però hanno una gran voglia di viverla. E tu eri un po’ matto come noi, e facevi i salti mortali per tenerci insieme. Correvi sulle strade polverose con la tua 1100 nera piena zeppa di passeggeri, infrangendo ogni regola stradale…ma l’importante era stare insieme, senza tante prediche, l’importante era volersi bene.

Ti ricordi, don Erminio?
Ti chiamavamo “don Sterminio”, invadevamo sempre la tua casa, con giochi di ping pong e chitarre elettriche, e se qualche volta mollavi qualche scapaccione non era niente, perché tu eri con noi.

E adesso, don Erminio?
Adesso che forse non abbiamo ancora capito tutto il bene che ci hai regalato, adesso che è ora che dobbiamo capire cosa vuol dire aprire le porte alla gente, adesso ci piace pensare ad una scassatissima 1100 nera, che fa un polverone sulle strade del Paradiso.”


Poi tutti con i piedi sotto il tavolo,
davanti ad un’ottima cena conviviale, con tanta gioia di ritrovarsi, rinnovando ricordi, nostalgie e promesse future.
C’erano anche alcuni musicisti, er mejo del territorio: Santino Maioli, Maurizio Martini, Alberto Arrighi e Arturo Tebaldini hanno imbracciato le chitarre e si sono messi a suonare da par loro, con i commensali che facevano da coro. C’erano anche Gigi Avanzini e Marco Franzini, che suonano in band diverse ma hanno il cuore unito da un’amicizia imperitura.
Che bella serata, alla faccia di chi semina odio e paura.

Ci sentiamo la settimana prossima, a Dio piacendo,
maestro John

Nelle foto (le prime 3 sono dell’amico Antenore Taraborelli, che ringrazio):
1) La Messa concelebrata dai nostri amici sacerdoti
2) Nella chiesetta di Limone
3) Come eravamo…all’Oratorio
4) Don Erminio alla Prima Messa celebrata dall’amico don Paolo Goffi.




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