Raffaele, nessun colpevole

«Mi hanno detto che se l’è cercata e che nessuno è nemmeno un poco responsabile di quello che è successo. Aveva 23 anni e ha dato la sua vita per il lavoro. Me l’hanno calcolato meno di niente, come se si fosse suicidato».

Uno sfogo doloroso e amaro quello di mamma Anna Verdelli, dalla sua casa di Paitone.
Dopo otto mesi di silenzio perché nessuno dei responsabili si è più fatto vivo, ai genitori di Raffaele Tirali è stato restituito il faldone cartaceo di un’inchiesta che Anna non esita a definire «piena di falsità e di incongruenze».

Poi rincara la dose: «Sarebbe questa la civilissima Svizzera?».
Era lo scorso 31 marzo e a Raffaele, un ragazzone pieno di muscoli e di buona volontà, che al ristorante “Chesa Cantarella” di Saint Moritz, di proprietà di un magnate russo, era il responsabile di una delle sale, avevano chiesto di portar via dalla cucina un grosso frigorifero per far posto al nuovo “abbattitore”.

La disgrazia è avvenuta nel montacarichi, azionato dall’esterno, dove l’ingombrante carico si è incastrato e l’ha soffocato fino a portargli via la vita.
«Sul perché si trovasse lì c’è qualcosa che non quadra e siamo decisi ad andare fino in fondo - dice la mamma -. Ho parlato con uno dei ragazzi che lavoravano con Raffaele e mi ha detto che sono stati costretti a fornire alla magistratura svizzera versioni dei fatti concordate da un pull di avvocati, pena il licenziamento. Ora che lavorano altrove, lui ed altri, sono disposti a mettere tutto nero su bianco».

«I fratelli Barbuto, gestori del ristorante, erano per Raffaele come fratelli, si fidava. Diego soprattutto, dopo anni di frequentazione era diventato anche amico nostro. Non l’abbiamo più sentito e per l’Immacolata riaprirà il ristorante: senza Raffaele e senza nemmeno un briciolo di vergogna».

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