16 Giugno 2015, 10.00
Valsabbia Vestone
Personaggi

Quello che il «sergente» avrebbe voluto dire

di Giancarlo Marchesi

Il 16 giugno 2008, esattamente sette anni fa, se ne andava Mario Rigoni Stern. Lo scrittore e cittadino onorario di Vestone ci lasciava con la stessa forza tranquilla con cui aveva vissuto, combattuto, pensato e scritto.


Mario Rigoni Stern era nato il 1 novembre 1921 e poi vissuto, salvo una lunga e drammatica interruzione, nella Asiago che ha lungamente raccontato.
La famiglia era numerosa e di tradizione commerciale. Il padre e la madre commerciavano in prodotti delle malghe alpine ma anche in pezze di lino, lana e manufatti in legno della Comunità dei Sette Comuni, secondo un costume di commercio eterogeneo tipico della montagna.

Grazie al commercio familiare
Mario Rigoni Stern ha conosciuto molti di quegli uomini, pastori, malgari commercianti itineranti che ha poi raccontato nei libri. A scuola, quella di avviamento al lavoro, andava bene anche se intanto faceva anche il garzone con il padre.
E’ la guerra a cambiare la sua vita che sembra indirizzata vero una assoluta normalità. Nel 1938 si era arruolato volontario alla scuola militare d’alpinismo di Aosta e nel settembre del 1939, mentre è in licenza, arriva l’ordine di presentarsi al comando per la mobilitazione.

Quando inizia la guerra italiana è prima sul fronte occidentale, poi in Albania, infine sul fronte russo.
E’ questa la parte della sua vita che tutti conoscono per Il sergente nella neve. Sulla strada del ritorno viene catturato dai tedeschi ed è costretto a sopravvivere per più di due anni nei lager di Lituania, Slesia e Stiria.

Qui comincia a scrivere la storia della sua ritirata e dei suoi compagni morti.
Il 9 maggio 1945 riesce finalmente a tornare «a baita», come ripete quasi ossessivamente nel suo libro più famoso.

Il reinserimento è però molto difficile, il disagio molto forte.
Trova un impiego al catasto di Asiago dove resterà a lungo. Lavoro di ufficio, un po’ grigio, che lo porta a riprendere in mano gli appunti scritti sulla ritirata. Nel 1951 conosce, grazie allo scultore Paganini, Elio Vittorini cui fa leggere la sua revisione di quegli appunti e Vittorini suggerisce ad Einaudi di pubblicare.

Ma Rigoni Stern non si sente ancora scrittore.
Nel 1962 esce un piccolo secondo volume, Il bosco degli urogalli. Sul finire degli anni ’60 scrive invece il soggetto e collabora alla sceneggiatura de I recuperanti, film girato da Ermanno Olmi sulle vicende delle genti di Asiago all’indomani della Grande guerra.

E’ solo nel 1970, a cinquant’anni, che lascia il lavoro al catasto e diventa realmente uno scrittore cominciando a pubblicare opere narrative con regolarità ed collaborando alle pagine culturali de «La Stampa».

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È quanto lo scrittore Mario Rigoni Stern avrebbe voluto dire dopo il conferimento della Cittadinanza Onoraria di Vestone.
La grande emozione per la affettuosa partecipazione del pubblico presente gli ha impedito di aprire bocca.


E così ora posso chiamarvi «cari concittadini», in maniera ufficiale.
Ma già nel lontano 1940, quando venni assegnato alla 55a del «Vestone» mi sentii vostro compaesano perché una grande simpatia umana e fraterna subito mi legò agli alpini bresciani, tanto che ben presto imparai a capire e parlare il loro dialetto, a conoscerne le sfumature valligiane, ma soprattutto mi sentii legato dal destino a questa terra che non è la mia natale, e alla sua gente, come da un fato che segnò poi per sempre la mia vita.

Erano gli anni bui, quando il fantasma orribile della guerra nazifascista percorreva l'Europa seminando morte e distruzione.
Insieme ci trovammo sul Fronte Occidentale dove entrammo per la prima volta in contatto con l'amara realtà e dove il battaglione «Vestone» lasciò i primi Caduti; poi vennero le montagne della Grecia e dell'Albania coperte di freddo e di miseria.

Quanti nostri fratelli sono rimasti sulle nevi del «Valamare» e del «Guri i Topit» nell'inverno tra il 1940 e il 1941, quando chi comandava a Roma, stando al caldo diceva che il freddo, la neve, le sofferenze avrebbero fortificata la mediocre razza italiana?

E venne il Fronte dell'Est, la Russia sterminata dove milioni di uomini giocavano il destino dell'umanità tutta.
Il 1° Settembre 1942, e dopo, i caposaldi sul Don, la sacca, il ritorno dei sopravvissuti.
Ma non era ancora finita perché altre sofferenze e pene ci attendevano. Restammo in pochi, troppo pochi, e nelle valli e nei paesi delle Alpi le case restavano vuote, i silenzi erano grandi, le madri aspettavano passando nelle mani i grani del rosario come le giornate senza luce, noi pochi sopravvissuti non volevamo parlare e non cercavamo nessuno.

Poi la vita riprese la sua forza, incominciammo a cercarci, a scriverci.
Ci ritrovammo qualche volta, ma sempre i silenzi erano più delle parole.
Avevo dei fogli scritti dove avevo fermato il tempo del «Vestone»; fortunosamente salvati e fortunosamente pubblicati fecero sapere quello che gli alpini bresciani del «Vistù» fecero allora.

Uno potrebbe chiamare il caso, un altro la fatalità o il destino, o la provvidenza quella che è stata la mia testimonianza: io semplicemente penso che sono stati loro, i miei compagni a farmi muovere la mano per scrivere; la loro amicizia è stata come un impegno per «far sapere a tutti» ma più ancora per raccontare la loro storia a quelli che li aspettavano invano e perché il loro sacrificio diventasse olocausto di pace tra tutti gli uomini.

Mi avete fatto cittadino di Vestone, compaesano vostro; della città che diede il nome al battaglione dove prestai servizio per 5 anni.
Questo mi onora e mi commuove nel tremendo ricordo, ma sono felice anche perché mi permette di chiamarvi compaesani.
Ma più di tutto compaesano dei tanti alpini che non sono tornati a baita e dei pochi compagni che ricordano in silenzio.

Mario Rigoni Stern



Commenti:
ID58555 - 16/06/2015 12:50:15 - (M45) - Margherita B.

Grazie per aver ricordato uno degli scrittori che pi ho amato.Voglio aggiungere questa poesia di Primo Levi, dedicata a Mario R. Stern e a Nuto Revelli:Ho due fratelli con molta vita sulle spalle,| Nati all'ombra delle montagne.| Hanno imparato l'indignazione | Nella nave di un paese lontano, |Ed hanno scritto libri non inutili.| Come me, hanno tollerato la vista |di Medusache non li ha impietriti.|Non si sono lasciati impietrire|

ID58556 - 16/06/2015 12:57:50 - (M45) - m45

Dalla lenta nevicata dei giorni."Mi scuso per qualche errore, non .." nave di.. ma neve di"., la prima volta che scrivo un commento su VSnews.

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