Un viso scolpito nella memoria

Titolo: Gilberto Vallini (1925 – 1993)
Curatore: Alfredo Bonomi
Editore: Comunità Montana di Valle Sabbia
Pagine: 96
Prezzo: s.i.p.

Il libro:
Non è una biografia! Forse è troppo presto per tentare una valutazione globale degli eventi ai quali Gilberto Vallini ha legato la vita, la sua parola e i suoi scritti. O forse più semplicemente come nel caso di tutte le figure schive – di cui per la verità abbonda il nostro territorio di montagna – anche solo il pensare ad una biografia così come è tradizionalmente concepita diventa opera quasi impraticabile.

Ci ha però provato Giuliano Fusi, nelle prime pagine del fascicolo, e – dall’alto della grande amicizia che lo legava a Gilberto – ne ha ricavato un ritratto scabro ed essenziale, come d’altro canto scabro ed essenziale era il Vallini stesso. Non si tratta quindi di cattiva volontà, il fatto è che ogni vicenda da queste parti è naturalmente rivestita di sobrietà e non si presta alle mascherature barocche. E il nostro personaggio era nient’altro che l’esimio rappresentante di questa gente che, adusata a salire e a scendere lungo i declivi valsabbini, sembra insomma pantografata da una di quelle sculture “etniche”, sbozzate grossolanamente dal ruvido ceppo del pagher. Una scultura finita che però non raffigura compiutamente il volto, non ne legge nei dettagli le fattezze, manca di precisione, manca insomma di quella minuzia descrittiva che caratterizza i pittori delle spettacolari vedute settecentesche, ma è proprio questa immagine che libera qui la fantasia e anzi, dopo averne sbozzato le apparenze, costringe ad un volo personale di ricerca e di recupero per trovare individualmente – nella propria vita – colori e pennelli adatti ad esprimere le più recondite e personali sembianze del soggetto.

Ciascuno quindi si aggrappi alle personali memorie e non faticherà a resuscitare vicende nelle quali il Vallini – come maestro, come preside, come sindaco, come giornalista, insomma in una inimmaginabile varietà di incarichi, di incombenze che presto si spogliavano della valenza politica o comunque ufficiale per rivestirsi delle necessità locali, dei bisogni anche inespressi della gente – ha dato fondo alle sue più recondite risorse umane per sconfiggere la burocrazia e le sue deviazioni, per rispondere adeguatamente e per tempo a tutte le necessità, raccogliendo con sollecitudine le più flebili segnalazioni di necessità.

Alpino, sì, alpino. Certo. E forse oggi questo vuol dire poco, le nostre montagne traboccano di “alpini” che non sarebbero però capaci di cambiare la ruota al loro fuoristrada. Alpino invece nel vero senso di una parola che parla di comprensione, o compassione per la drammaticità di alcune esistenze tribolate dalla fatica di vivere e soprattutto di solidarietà che ha legato con un filo indissolubile tutti gli abitanti della montagna fino a pochi giorni fa. Un filo che sembra oggi un tantinello snervato a causa di quell’effimero benessere che sembrerebbe destinato ad arridere illimitatamente, ma questa è un’altra storia.

Alpino quindi, nel sorriso aperto, negli occhi trasparenti, nella barbetta brizzolata e nei capelli, leggermente arruffati, come se avesse or ora posato sulla sedia il cappello con la penna, ma alpino soprattutto nei pensieri e nel cuore. Così lo vogliono ricordare i suoi amici (Angelo Aime, Antonio Andreassi, Andrea Barbiani, Alfredo Bonomi, Egidio Bonomi, Luigi Bresciani, Fabiano De Zan, Antonio Fappani, Giuliano Fusi, Pino Greco, Oreste Luigi Martinelli, Gian Mario Tisi) e così ce lo consegna questo fascicoletto, con la nobiltà d’animo che gli era congeniale.

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