20 Novembre 2014, 07.00
Valsabbia
Terza pagina

I nove comandamenti e il grande assente

di LoStraniero

In questi tempi difficili si avverte il bisogno di un elemento fondamentale per la nostra esistenza. Esso, da qualche tempo, è latitante...


Latita perché l’abbiamo cacciato noi e ogni giorno facciamo di tutto perché resti lontano e non ci affligga con le sue ossessioni.
Questo grande assente è il pensiero.

Il mondo, si sa, cambia ogni giorno.
E’ sempre stato così. Il fatto nuovo, caratteristico di questi tempi, è la velocità del cambiamento, la quale ci spiazza, ci disorienta e ci costringe a vivere in un disagio permanente.
Non facciamo in tempo a cogliere le differenze e perciò non riusciamo ad adeguarci ai mutamenti.

La nostra è stata definita la società dell’immagine, caratterizzata dall’apparire.

L’essere è sopraffatto dall’apparenza che lo svuota della sua interiorità: quello che conta è il modo di rappresentarsi, di mostrare e di mostrarsi.
L’offensiva della società dell’immagine è aggressiva, brutale, travolgente molto più di quella delle civiltà che in passato hanno conquistato altri popoli e altre culture.

Ci troviamo di fronte a un nuovo impero che, dopo la caduta delle ideologie, impasta in una specie di madia un coacervo di verità che si accavallano e si scambiano le une con le altre in continuazione.
L’immagine che un tempo provocava il pensiero, oggi sostituisce il pensiero.
Si ricorre all’immagine per non pensare.

Anteporre l’immagine ai contenuti interiori è tipico delle società occidentali e deriva da costumi profondamente radicati nella storia, nelle religioni e nel modo di pensare di esse.
Questi costumi erano e sono diversi da quelli di altre civiltà  come per esempio quelle del Medio Oriente, dove le religioni proibiscono di rappresentare la divinità con immagini.
Una di queste proibizioni è contenuta nei comandamenti del Decalogo biblico.

Il secondo dei Dieci Comandamenti del Decalogo dice: “Non ti farai idolo né immagine alcuna di ciò che è lassù in cielo, né di ciò che è quaggiù sulla terra, né di ciò che è nelle acque sotto la terra.
Non ti prostrerai davanti a quelle cose e non le servirai. Perché io il Signore tuo Dio, sono un Dio geloso, che punisce le colpe dei padri nei figli fino alla terza e alla quarta generazione per quanti mi odiano, ma una misericordia fino a mille generazioni verso coloro che mi amano e osservano i miei comandamenti” (Dt 5, 8 –10).

Ebbene questo comandamento è sparito dall’elenco di quelli che figurano nel catechismo della Chiesa. E’ stato eliminato.
Altri comandamenti sono stati cambiati. Per esempio quello che vieta l’adulterio è stato trasformato in “Non commettere atti impuri” il cui contenuto è però completamente diverso.

Questi fatti pongono interrogativi seri:

1. Innanzitutto sulla natura monoteistica della religione ebraica: nel passo biblico riportato Dio dichiara di essere geloso. Si può essere geloso solo se Dio non è unico.

2. I comandamenti del Decalogo sono dieci. Eliminandone uno ne rimangono nove.
Come mai quelli del catechismo sono ridiventati dieci? Come mai alcuni sono cambiati nel contenuto?

3. Chi mai può avere avuto il potere e l’autorità di eliminare, di cambiare e di manipolare i comandamenti dettati e incisi con lettere di fuoco su tavole di pietra direttamente da Dio?
Neppure Dio potrebbe fare cose del genere perché se lo facesse, dovrebbe ammettere di essersi sbagliato: allora non sarebbe più Dio.

4. Chi può affermare che i manipolatori, che hanno eliminato e stravolto la parola di Dio, non abbiano, in tal modo, tradito la sua volontà?

5. Riporto un passo dal Vangelo di Matteo.
Ed ecco, un tale si avvicinò e gli disse: «Maestro, che cosa devo fare di buono per avere la vita eterna?».
Gli rispose: «Perché mi interroghi su ciò che è buono? Buono è uno solo. Se vuoi entrare nella vita, osserva i comandamenti». (Matteo 19,16 -17).
A quali comandamenti si riferiva Gesù, a quelli del Decalogo o a quelli dei manipolatori? Ricordo che Gesù era ebreo, nato ebreo e morto ebreo.

6. I cristiani, che stanno sempre a dire Gesù, Gesù, quali comandamenti devono osservare e quali invece osservano?

Credo che non si possa sfuggire a queste domande e buttarsele dietro le spalle senza alcuna riflessione, facendo finta di niente perché un tale comportamento sfocerebbe senza dubbio nell’ipocrisia.
L’ipocrisia ha una caratteristica: dilaga.

Dicevo più sopra che l’immagine ha finito per sostituire il pensiero.
Questo fatto è una vera sciagura per l’umanità perché in un mondo globale, dove la risoluzione dei problemi diventa sempre più difficile, è necessario un nuovo tipo di pensiero.
In un mondo complesso occorre un pensiero complesso.
I vecchi schemi non valgono più per affrontare la realtà del nostro tempo.
Occorre scavalcare Cartesio e l’Illuminismo e riferirsi a modelli che superino la compartimentazione del sapere, la segmentazione delle competenze e che considerino il mondo e l’uomo nella loro unità.

Per organizzare le conoscenze occorre una nuova forma di pensiero:

- un pensiero che riesca a collegare l’evento al contesto e i contesti tra loro;
- un pensiero che riesca a collegare il parziale al globale e il globale al parziale;
- un pensiero che riesca a collegare l’uno al molteplice e l’universale al singolare;
- un pensiero che riesca a collegare il continuo al discontinuo;
- un pensiero che riesca a collegare l’osservazione all’osservatore;
- un pensiero che riesca a collegare l’ordine al disordine;
- un pensiero che riesca a collegare la conoscenza al conoscente;
- un pensiero che riesca a collegare l’individuo alla società, la società all’individuo e gli individui tra loro;

Un pensiero del genere esiste oggi? E’ mai esistito?
Se vogliamo risolvere i nostri problemi, occorre dunque la fondazione di un pensiero nuovo come quello sopra descritto, altrimenti sarà la fine della nostra civiltà.

Se esaminassimo oggi le decisioni degli organi di governo dell’Unione Europea e di alcuni governi dei paesi membri degli ultimi vent’anni, costateremmo amaramente che le loro scelte hanno determinato il fallimento della loro politica.
Altrimenti non ci troveremmo in questa situazione.

Questo dimostra che con i vecchi schemi di pensiero non si va da nessuna parte nonostante i numerosi centri di ricerca (la Comunità Europea dispone di sette istituti di ricerca dislocati in cinque paesi membri dell’Unione, Belgio, Germania, Italia, Olanda e Spagna), finanziati direttamente dalla Comunità, dispensino molti dati e numerosi consigli alla Commissione.

Con il vecchio pensiero (non sistemico), se si risolve un problema, se ne creano altri cento.

Chiudo con una raccomandazione di Eraclito: “Unite ciò che concorda e ciò che discorda, ciò che è in armonia e ciò che è in disaccordo”
E’ difficile, ma bisogna tentare.

LoStraniero




Commenti:
ID52081 - 20/11/2014 08:45:28 - (DODECA) -

ullallla.... purtroppo o poco tempo x commentare ma appena ho un attimo ti scrivo il mio pensiero.... felice comunque di vedere che c'è ancora qualcuno che legge la bibbia e inizia a farsi delle domande sul come mai ci insegnano cose che in realtà non sono vere. come se un maestro ci insegnasse delle cose che poi però andando a rivedere sul libro di testo troviamo diverse se non addirittura in contrasto

ID52082 - 20/11/2014 09:18:22 - (ROBIN) -

invito tutti a leggere "La Bibbia non è un libro sacro. Il grande inganno" di Biglino Mauro!! risponde a molte domande, anche su come è stata modificata nel tempo la bibbia e perchè.ciao

ID52083 - 20/11/2014 12:26:09 - (Dru) - che dire dell'ultimo de LOstraniero, mi dà molti spunti di riflessione.

Ma uno in particolare sorge ed emerge dalle profondità del Pensiero. Lostraniero "vuole ciò che è pensato come non essere" e in questo non è diverso da chi "non vuole ciò che è pensato come non essere". Volere ciò che non è è volere l'essere del non essere e cioè volere ciò che in principio e nell'immediato non è, e il tentativo di costruirlo è quel volere che non sta nella verità, l'essere e per ciò stesso ciò che è e non ciò che non è. Finita la teoresi, veniamo allo specifico di quanto scritto da Lostraniero che è volontà di ciò che non è, Lostraniero ci persuade ad "un pensiero che riesca a collegare il parziale al globale e il globale al parziale", cioè ci persuade di ciò che non è, perché per poter collegare il parziale al globale bisogna che un pensiero sia persuaso che debba esserlo,

ID52084 - 20/11/2014 12:37:35 - (Dru) -

cioè debba essere prodotta una relazione che non è in principio, altrimenti non avremmo bisogno di costruirne una. Ma riflettiamo sulle parole scritte da Lostraniero e l'immediatezza del loro essere. Cosa è il parziale? Cosa è il globale? dobbiamo noi persuaderci che il parziale sia senza il globale? o che il globale non comprenda il parziale? Allora, se intuiamo, come è, che immediatamente il parziale è parziale del globale e il globale è globale del parziale, ci rendiamo conto che non c'è alcun bisogno di costruire una relazione fra essi. Se invece ci persuadiamo che il parziale possa essere indipendentemente il globale, quel parziale che così non è, poiché non sarebbe che il parziale di alcunché, mai e poi mai un Lostraniero, ma neanche l'umanità intera, potrebbe "farlo", potrebbe riuscire nel creare ciò che non è.

ID52085 - 20/11/2014 13:12:23 - (sonia.c) - ma troppa gente non pensa dru.

TU pensi e ,quindi,ti rendi conto dela relazione tra il parziale il globale..hai coscienza...è questo il problema che ha sollevato Lostraniero..o mi sbaglio?

ID52086 - 20/11/2014 13:16:10 - (sonia.c) - e quando pensa..gira in tondo.

non apre le porte al dubbio e alle domande. scappa dalla complessità come il vampiro l'aglio..e i motivi di questo comportamento..sono complessi..tò! che strano...ciao

ID52087 - 20/11/2014 13:20:51 - (Dru) - a questo punto guardiamo in faccia l'eternità...

sempre Lostraniero "Riporto un passo dal Vangelo di Matteo. Ed ecco, un tale si avvicinò e gli disse: «Maestro, che cosa devo fare di buono per avere la vita eterna?». Gli rispose: «Perché mi interroghi su ciò che è buono? Buono è uno solo. Se vuoi entrare nella vita, osserva i comandamenti». (Matteo 19,16 -17)"...riflettiamo su questo passo nichilista (cioè del volere che l'essere non sia e viceversa). Per avere la vita eterna, per chiederla e ottenerla, bisogna pensare alla vita non eterna e cioè caduca, effimera, temporale rispetto ad una vita eterna, infinita, vera, senza tempo. Cioè bisogna chiedere che le cose che sono in un certo modo divengano cose che sono in un cert'altro modo. Se riflettete sui miei primi due post, qui, capirete che siamo di nuovo nell'impossibile non essere dell'essere. "ciò che è buono" indicherebbe appunto l'eternità, ma volerla significa, per

ID52088 - 20/11/2014 13:29:46 - (Dru) -

quell'essere, non esserla, e come è possibile per un non essere essere? impossibile appunto, cioè contraddittorio. Infine Matteo esplicita l'impossibile, dice cioè che per entrare nella vita, un modo improprio per dire per essere vita, bisogna prima di tutto esserne fuori, e cioè non essere vita... il pensiero nichilista, quello cristiano soprattutto, pensa l'essere del non essere, pensa che il non essere vita possa (divenga, sia) essere vita e tutto questo seguendo certe parole, cioè seguendo la volontà che certe parole indicano.

ID52089 - 20/11/2014 16:43:11 - (Dru) - cara Sonia

Quello che indico, del discorso intorno al pensiero, è il pensiero delle cose. Chi non pensasse, allorché impossibile, non penserebbe nemmeno che vi sia un "parziale", non penserebbe ad un "globale" e non penserebbe alla loro "necessaria relazione". Ma c'è chi, come loStraniero, dubita di questa "necessità", altrimenti non porrebbe come problematico ciò che non lo è. Nessuno di noi metterebbe in dubbio, di fronte ad un albero, di essere di fronte ad un bove o a un non-albero, e quindi nessuno lo metterebbe nemmeno in dubbio cercando di affermarlo.

ID52096 - 21/11/2014 07:21:37 - (LoStraniero) - Miei diletti commentatori

Non so se avete colto che la parola chiave di questo nuovo pensiero che si auspica si diffonda per la salvezza della nostra civiltà è:"collegare". Collegare cose apparentemente in contrasto tra loro, perciò concettualmente difficili da capire e da attuare. Per far questo bisognerebbe però cambiare la mente e i modelli mentali che vi albergano. Dopodiché ci si può riuscire. E' il consiglio anche di Eraclito.

ID52104 - 21/11/2014 13:31:22 - (sonia.c) - siam diletti ma...navighiamo sempre in alto mare..

è che ti rispondo sempre in fretta e mi riprometto di leggerti con calma ..ma poi..azzz..si! credimi sulla parola,ho capito il concetto di "collegare" e cambiare..baci dalla tua "patologicamente" caotica e distratta " allieva"..

ID52106 - 21/11/2014 14:24:16 - (Dru) - a Lostraniero che mi segue ma non mi scorge

spero che tu abbia inteso la mia analisi del pensiero, che esponi, pensiero che tenta di collegare ciò che in principio è già "di per sé" collegato. Tentare di tenere unito ciò che "di per sé" è già unito è tentare l'"impossibile", è un tentativo destinato al fallimento. Mostrare che questo pensiero è il pensiero nichilista è l'apparire della verità. Dunque, la volontà vuole l'impossibile collegamento di ciò che "di per sé" è già collegato, e lo vuole in quanto crede che ciò che è collegato è "in verità" (la verità nichilista), isolato, in quanto il nichilista crede sempre in ciò che non è. Scrivere, come ha fatto Eraclito e il pensiero Occidentale fino a te, di un pensiero che "vuole ciò che non è", questo è il tentativo di collegare ciò che è già da sempre unito dalla

ID52107 - 21/11/2014 14:32:07 - (Dru) -

verità. Questo scrivere è scrivere del "nulla".Anche scrivere che "l'albero è l'albero", scritto dal pensiero isolante, è quell'infinita differenza, indicata dal pensiero di un albero isolato da sé stesso, al punto che l'albero, infine, non riesce davvero ad essere più sé stesso, è "nulla". Con affetto per Lostraniero e la commentatrice.

ID52108 - 21/11/2014 14:37:19 - (Dru) - una parte e il tutto

Pensare che una parte possa essere senza il tutto è pensare che una parte non è una parte.

ID52109 - 21/11/2014 14:44:44 - (Dru) - credere...

che, pensando a quella parte isolata(che non-è-una-parte, in quanto isolata è considerata, dal pensiero isolante, il tutto (l'astratto dell'astratto che sostituisce la parte con il tutto)), si possa per volontà unirla al tutto, è pensare l'impossibile, il contraddittorio.

ID52110 - 21/11/2014 14:49:15 - (Dru) - credere e volere è lo stesso

è pensare il "nulla", cioè pensare che ciò-che-non-è è. Diceva San Paolo della fede che è "Argumentum non apparentium": argomento di ciò che non appare. E ciò che non appare cosa è se non il "nulla" come "nihil absolutum".

ID52111 - 21/11/2014 16:07:04 - (Dru) - Eraclito e il divenire delle cose

Sebbene Eraclito sia un massimo pensatore e fra i più profondi che umanità abbia scorto, anch'esso è nichilista e per ciò stesso coerentissimo negatore dell'autentico valore dell'essere. Egli, fra i primi, ha scorto il senso unitario della totalità dell'essente negli enti, il divenire. Il principio di tutte le cose è il divenire, la loro realtà diveniente è ciò che le accomuna, l'identità. La guerra è il principio di tutte le cose, le cose per restare(essere) debbono lottare, un lottare che, senza, determinerebbe una posizione infinitamente diversa nella realtà delle cose stesse. Le cose, finché lottano e vincono, stanno (sono) diversamente ciò che vincono, in quanto vincono il loro stare, che diviene altro da sé. Io resto uomo fintanto che la vita vince la morte. Le cose, questo il senso di questo pensare, non riescono infine a restare, ma divengono altro da sé.

ID52113 - 21/11/2014 16:49:24 - (Dru) - l'opposizione tra le cose è la guerra, quella forza o principio, che le mantiene nell'essere

Solo in quanto vi è "opposizione" le cose sono, in quanto determinate come quelle cose e non l'altro da sé. Se la parte nonsi opponesse, in quanto parte, al tutto, la parte sarebbe il tutto e il tutto sarebbe la parte, la parte non sarebbe la parte e il tutto non sarebbe il tutto. Qursta l'intuizione eraclitea che predica il principio di non contraddizione. Un preducato, d'aktronde, che non riesce davvero a stare...

ID52114 - 21/11/2014 17:41:52 - (Dru) - Allora, e qui concludo per lasciar spazio a repliche,..

quando Lostraniero scrive..."Collegare cose apparentemente in contrasto tra loro, perciò concettualmente difficili da capire e da attuare" è in quanto questo "contrasto" è vero "contrasto" che non deve apparire come "apparente", ma ciò per cui, come "per-ciò-che-è", le cose restano sé stesse e non divengono altro da sé. Il pensiero che pensa ad un contrasto "apparente", pensa che "tutto è uno" (Eraclito), cioè pensa che l'identità dell'ente con sé stesso è identico all'identità dell'ente con l'altro da sé, pensa l'impossibile identità del diverso, diversamente dal pensiero che pensa al "vero" contrasto, pensando che "tutto è insieme uno" (Severino) e pensa che l'identità dell'ente con sé stesso è l'unione dell'esser sé con l'identità dell'altro da sé.

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