28 Marzo 2013, 07.04
Vallio Terme Valsabbia
Briciole di cultura

Il «Bernacco» fra storia e leggenda

di Alfredo Bonomi

Chi proviene da Brescia, dopo aver oltrepassato il passo di S. Eusebio con tutta la sua forza evocativa di transiti commerciali, di guerrieri, di pellegrini...


...e della pietà religiosa di chi aiutava i bisognosi e prestava loro l'aiuto necessario, vede ergersi verso il cielo il monte “Bernacco”, in posizione geografica prominente e strategicamente rilevante.
Il monte, ben disegnato e ben distinto dalle altre alture, si impone nettamente tanto da poter essere giustamente un “elemento paesaggistico di alto pregio”, reso ancora più attraente dalla storia e dalle leggende che tramanda.
A ben guardare sembra proprio che la natura abbia modellato questo monte per potervi ospitare una rocca, così come in effetti la storia ci dice.
Sulla sommità, dove oggi c’è solamente una scarsa vegetazione che tenacemente si è impossessata di un terreno duro e roccioso accompagnata da qualche traccia di basamenti di murature, in posizione di tutta evidenza strategica, con una visuale che spazia in lontananza, durante i secoli tumultuosi ed affascinanti del medioevo, sorgeva la rocca di Bernacco.

Era un tassello importante del piĂą vasto sistema difensivo che, con le altre rocche della Valle Sabbia, costituiva la barriera protettiva od offensiva, a seconda dei casi, di Brescia.
Nessuno poteva transitare per la via “delle Coste” recandosi nei “paesi del Nord”, o tornando verso la città, senza essere intercettato dal castello della rocca di Bernacco.

Una tradizione, tramandata di generazione in generazione, parla di fuochi accesi sulla sommità in caso di pericolo o per annunci importanti che si potevano scorgere dalla città di Verona, tanto è vasta la visuale che si domina dalla sommità di questo monte.
Le vicende della rocca sono in buona parte avvolte nell’ombra del tempo, ma richiamano anni difficili, scontri tra potenti in lotta fra loro, tra città e campagne, tra vescovi ed imperatori, tra abati di importanti monasteri e popolazioni rurali a loro sottomesse, tra “Guelfi” e “Ghibellini”, in un groviglio umano di grande spessore emotivo dove fede e politica tendevano a fondersi secondo le ambizioni dei diversi contendenti.
Secondo una tesi, non avvalorata però allo stato attuale delle ricerche storiche, l’origine della rocca è da legare alla divisione del territorio bresciano effettuata al tempo di Augusto in vaste zone presidiate da capi militari.
Con la decadenza di Roma il grande latifondo nell’ambito della Castellania di Bernacco, per la sua posizione strategica, entrò a far parte del Ducato Longobardo, poi nel Regno dei Franchi.
Dopo queste dominazioni, probabilmente per donazione imperiale o regia, il territorio e la rocca divennero feudo vescovile seguendo così le vicende della politica del vescovo di Brescia.
Nel 1157 vescovo Raimondo donava la rocca di Bernacco, anche per l’affievolirsi del ruolo strategico del maniero, al monastero di S. Pietro in monte Orsino di Serle insieme ad altri vasti beni, come la tenuta di Vallio e la terra di Agnosine.
Così la rocca venne a trovarsi in altro contesto amministrativo seguendo la sorte delle contrade di Vallio, “lunga mano” indebolita dal potere vescovile e del monastero di Serle, con un gastaldo sempre meno interessato a risiedervi.
Inizio così il suo declino probabilmente già definitivo all’inizio del 1300.

La scomparsa della rocca, avvenuta assai prima delle altre ubicate nella Valle Sabbia, non ha datazione precisa e così l’immaginario collettivo ha unito la storia a diverse leggende.
Una di queste è assai affascinante e attribuisce la sua distruzione e la morte degli occupanti alle formiche, organizzate in “battaglioni” provenienti da gran parte della valle, in rivolta contro gli uomini colpevoli di brutalità e violenza immotivata nei loro confronti.
Recentemente il prof. Giacinto Corgnoni, robusto uomo di lettere, in un libro snello, acuto e di gradevole lettura, ha interpretato la leggenda in modo magistrale tracciano un “affresco” denso di sollecitazioni.
Così la storia della rocca di Bernacco continua a parlare attraverso la forma letteraria e ci spinge a vedere con lo sguardo della memoria e della riflessione l’aguzzo monte, attirando l’attenzione di noi, pellegrini della modernità, che ci spostiamo dalla valle verso Brescia o dalla città ritorniamo alle nostre contrade.

Alfredo Bonomi
 


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