28 Luglio 2017, 08.42
Il contributo

La «Cittadinanza universale»

di Renato Piccini e Jacques Ramírez Gallegos

Da don Renato Piccini e dal latinoamericano Jacques Ramírez Gallegos questa interessante riflessione in merito ad un mondo senza muri e verso una cittadinanza universale

 
Il dibattito sulla “cittadinanza universale” riscuote un crescente interesse.
Recentemente la Fondazione Guido Piccini ha inviato una riflessione e documentazione dell’incontro tenutosi in Bolivia: Conferenza Mondiale dei Popoli per un Mondo senza Muri verso la Cittadinanza Universale, sul diritto ad una cittadinanza globale senza frontiere e contro ogni ostacolo culturale e reale perché ogni essere umano si senta libero cittadino del mondo.

A proposito, Jacques Ramírez Gallegos, ricercatore del CELAG – Centro Estratégico Latinoamericano de Geopolítica – fa un’analisi che aiuta ad approfondire la conoscenza di un tema di sempre maggiore attualità e urgenza.

Quando guardiamo con coraggio, senza pregiudizi e senza veli, il complesso cammino storico dell’umanità, si coglie un panorama meraviglioso di diversità, frutto dell’infinita e ricca diversità dell’anima umana.
In questa ricchezza nasce e cresce il pluralismo universale della coscienza, della ragione, della vita di ogni essere… così in ogni singola esperienza storica e nel percorso della storia universale l’umanità intera traccia il proprio cammino.

Come il sole risplende di giorno e la luna illumina la notte, così v’è la storia diversa di ogni essere e di ogni popolo.
E ovunque, nella diversità di tempo e di spazio, i sentieri di ogni essere umano, di ogni comunità, di ogni popolo sono preziosi perché incarnano la ricchezza di ogni coscienza, di ogni sapere, di ogni sensibilità… che da “persona” si fa popolo e da popolo si fa umanità nell’universalità di ogni epoca e di ogni luogo.
Quando il falso progresso della storia umana esclude, emargina una comunità, un popolo, impoverisce se stessa e inaridisce una sua fonte vitale.

La storia di ieri è il fondamento della storia di oggi
e delle sue conquiste, così come la ricchezza di ogni popolo ne è il fondamento nella sua dimensione universale.
Rompere l’armonia della comune e peculiare storia dei popoli significa seppellire una radice essenziale della ricchezza dell’intero percorso umano.

Le conquiste, dalle più grandi alle più piccole, non sono frutto soltanto di una parte dell’umanità, ma di un armonioso, anche se a volte difficile, concerto dei “popoli” di ieri e di oggi.
L’umanità esprime, anzi crea, nello scorrere dei tempi un’armonia di note infinite, con l’apporto di ogni civiltà.

Saper cogliere la bellezza
, godere della bellezza e della ricchezza del passato è arricchire il nostro presente, renderlo capace di un nuovo futuro.
Ad ogni intelligenza libera e aperta non sfugge certo la visione di una terra senza frontiere e senza muri di alcun genere perché ogni donna e uomo, in ogni angolo del mondo, si senta a casa sua.

Renato Piccini

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De-nazionalizzare la cittadinanza
Per un mondo senza muri verso la cittadinanza universale
 
Jacques Ramírez Gallegos
CELAG
 
Da tempo sottolineo come per le lotte dei migranti, per smettere di vederli come una minaccia, come "altri", estranei, stranieri o extraterrestri, è necessario progettare nuove configurazioni politiche, giuridiche e identitarie.

Alcune correnti di pensiero
- di cui anch’io faccio parte – hanno dato interessanti contributi in questa direzione con numerosi studi in un’ottica transnazionale o post-nazionale; a questi si aggiungono i movimenti sociali in difesa dei diritti delle persone in mobilità.
Sono così emerse nuove proposte che sostengono un progetto politico di cittadinanza universale, concretizzate in vari documenti e accolte in strumenti giuridici e politici di alcuni governi progressisti, come nel caso della Costituzione dell'Ecuador del 2008 o la proposta della Bolivia di cercare un mondo "senza muri verso la cittadinanza universale", discussa nella Conferenza Mondiale che porta lo stesso nome.

Il concetto di cittadinanza, che ha subito molte variazioni nel corso della sua storia, è suscettibile di ulteriore trasformazione, se cambia il significato stesso di nazione e dell'appartenenza ad essa.
A questo si deve aggiungere l'esistenza di un regime internazionale di diritti umani, la costituzione di spazi di integrazione sovranazionale – tra gli altri, l'Unione Europea, la Comunità Andina, Unasur… –, le stesse dinamiche della globalizzazione che hanno dato il via alla circolazione di diversi tipi di beni, merci, persone…, così come l'esistenza di nuovi spazi virtuali globali.

Attualmente esistono ambiti non-nazionali
che permettono di rivendicare diritti ed esercitare una cittadinanza oltre lo Stato-Nazione; di costruire identità collettive ed esperienze di solidarietà di portata globale; di ripensare lo status giuridico sostanziale della cittadinanza formale come si intendeva agli albori delle repubbliche.
Oggi molti paesi riconoscono l'appartenenza, e quindi il riconoscimento di cittadinanza, per sanguinis ius e ius soli; concedono diritti ai loro cittadini residenti all'estero; si riconosce la doppia nazionalità; si accede e si accettano sentenze di tribunali internazionali; sono state costituite categorie che riconoscono diritti a cittadini regionali: la cittadinanza europea, andina, sudamericana…

La proposta dello Stato Plurinazionale della Bolivia di una Conferenza Mondiale dei Popoli per un Mondo senza Muri verso la Cittadinanza Universale, è «un invito a difendere tutti i migranti del mondo», come ha dichiarato il presidente Evo Morales, ed è pure una risposta a chi cerca la soluzione in una visione di sicurezza e di controllo che porta alla costruzione di muri e steccati come meccanismo per contenere i flussi migratori.
Al contrario, la proposta e la risposta che viene dalla Bolivia al mondo intero è un pianeta multinazionale e una cittadinanza universale.

Sollevare il concetto di cittadinanza universale comporta la messa in discussione della divisione del mondo in Stati-Nazioni e dell'esistenza di frontiere divisorie tra i popoli; significa riprendere l'idea di comunità, fratellanza, accoglienza e bene comune per tutti i figli e le figlie della Pachamama.
Questa lettura introduce implicitamente il concetto di una comunità immaginata su scala planetaria (pianeta plurinazionale).

Le comunità transnazionali di migranti non possono essere semplicemente definite da mandati statali o da norme giuridiche, da limiti territoriali o dalla copresenza di persone in un determinato spazio.
Le comunità si configurano in base all'esistenza - attuale o passata, di fatto o immaginata - di esseri umani che, anche superando limiti concreti o astratti, inventano modi di riaffermare e creare legami umani, convivenza e affettività.

La cittadinanza universale ci invita a pensare e a costruire questi nuovi legami, nuove soggettività, nuove visioni del mondo e modi di essere "noi" soggetti di diritti su scala planetaria; proposte che non possono essere comprese nell’ottica della teoria classica della cittadinanza ancorata all’ambito nazionale.
Da qui la necessità di nuovi paradigmi per de-nazionalizzare la cittadinanza e passare da ius sanguinis e ius soli a ius domicile, vale a dire il riconoscimento dei diritti di tutte le persone nel loro luogo di residenza.

Questo però non vuol dire che la cittadinanza universale significhi la distruzione degli Stati, né ignorare i processi storici di formazione degli elementi di identificazione nazionale; tanto meno nega la responsabilità dei governi a creare condizioni favorevoli per un esercizio pieno e integrale dei diritti di tutti coloro che si trovano "nel loro territorio sovrano".

Proporre la cittadinanza universale significa chiedere che venga riconosciuto, nel dibattito interno e internazionale, che la ragion d'essere delle strutture sociali, politiche, economiche…, qualunque sia il livello territoriale, è l'essere umano - intrinsecamente sociale, come ricordava ripetutamente Hanna Arendt -, che i suoi diritti sono inalienabili e non devono essere condizionati da visioni mercantili di cittadinanza che riconoscono come persone soltanto coloro che «rispettano la loro parte del contratto».

La proposta di cittadinanza universale fa emergere l’ipocrisia e la malafede delle visioni contrattualistiche nella costituzione dello Stato, le quali condizionano l'esercizio dei diritti all'osservanza di obblighi; la cittadinanza universale richiede invece il riconoscimento di tutti i diritti per tutte le persone in tutte le aree geografiche e sociali in cui si trovano.

Indubbiamente questa proposta discussa in Tiquipaya - Bolivia avrà i suoi detrattori
.
Abbiamo già visto nel corso di questi anni ferree opposizioni alla concessione di diritti ai migranti nei paesi di residenza.
La proposta di cittadinanza universale è oggetto di critiche e soprattutto di incomprensione da parte di chi pensa che, nell’incorporare questo principio unilateralmente in quadri giuridici e politici, si risolvano magicamente tutti i problemi delle persone in mobilità (e queste critiche vengono proprio da quei paesi che hanno il coraggio di proporre nuovi paradigmi e non da quelli che deportano migranti in massa, costruiscono centri di detenzione, militarizzano le frontiere o costruiscono muri).

Da qui l'importanza di una Conferenza Mondiale dei Popoli
per un Mondo senza Muri verso la Cittadinanza Universale, da qui la necessità di continuare a lottare per la libera circolazione di tutti gli abitanti del pianeta, per la concessione di facilitazioni di residenza e di diritti a tutti i migranti, ancor più se sono rifugiati in fuga dalle guerre, dalla violenza, dalle disuguaglianze e dal cambiamento climatico.

I problemi globali delle migrazioni richiedono soluzioni che pensino in primo luogo ai più deboli – los de abajo –, a quelle migliaia di persone anonime che per qualche motivo dovettero attraversare una frontiera.
 


Commenti:
ID72989 - 28/07/2017 12:01:12 - (bernardofreddi) -

"Se gli uomini fussino buoni ...", direbbe il grande Machiavelli.

ID72992 - 28/07/2017 15:32:35 - (olati) - olati

Avevo 15 anni e (nel frattempo ne sono passati altri 80) da quando a scuola si parlava della bellezza dell'universalita' della circolazione delle persone e delle cose e di una sola lingua che allora era identificata nell' "ESPERANTO"...ma le cose non sono cambiate in meglio...Io lo spero ancora...ma ci risentiremo fra ottant'anni quando i miei pronipoti,me lo auguro davvero, che ne riparlino ancora.... olati

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