23 Maggio 2013, 07.27
Terza pagina

Un mal di denti salvifico

di Leretico

Secondo Marco Saverio Bobbio, notaio, personaggio di una famosa novella di Pirandello, non c'era niente che "poteva meglio disporre allo studio della filosofia, che il mal di denti"...

 
Sicuramente, sempre secondo Marco Saverio Bobbio, Schopenhauer doveva aver avuto più di un dente guasto.
Il notaio Bobbio, personaggio di una famosa novella di Pirandello intitolata appunto "L'avemaria di Bobbio", amante della filosofia, soffriva di frequenti mal di denti.
Da bambino andava in chiesa con fervore, ma poi, diventando adulto e studiando filosofia, aveva perso la fede.
 
Pirandello scrisse questa novella nel 1912 e si potrebbe pensare che avesse voluto contrapporre la religione cristiana al razionalismo scientifico di derivazione positivista oppure alla filosofia illuminista che ne era il fondamento. Non era così.
Egli non voleva fare un discorso religioso, né parlare di una religione in particolare. Una volta volle persino criticare il comportamento di chi appiccica l'etichetta di divino a tutto ciò che non riesce a conoscere affermando "che si chiami Dio quello che in fondo è buio pesto".
 
L'espediente della fede infantile di Bobbio gli serviva per continuare un discorso già affrontato nel saggio "Arte e coscienza d'oggi" del 1893, in cui emergevano i temi principali della sua poetica: la crisi di identità dell'uomo moderno, il fallimento della scienza nel risolverne i problemi ultimi, il teosofismo come risposta "spiritualista" alla crisi del positivismo.
Non disdegnò infatti, l'agrigentino Pirandello, di inserire fantasmi e spiriti nelle sue commedie e novelle.
E, per spiegare in parte la sua complessa posizione riguardo al momento storico in cui si trovava a vivere, non si deve dimenticare la personale tragedia della psicosi della moglie Antonietta a cui la scienza non era riuscita a porre rimedio.
 
Scrisse: "Noi a spegner l'ardore della nostra sete inestinguibile abbiamo frugate e aperte tutte le vene (alla madre terra). Cerchiamo in lei ciò che ella non può darci, e la guardiamo con occhio malevolo. Un solo tesoro ella può darci: l'amore - ma questo né ci fa ricchi, né ci appaga. Vogliamo altro: vogliamo sapere! E nelle cupe smanie dell'impotenza dispregiamo noi stessi e la terra, che pure ogni anno per noi si rinnova e pare che per noi voglia celar le rughe coi fiori. L'uomo strappa quei fiori e s'incorona di spine. Non son fatte per noi le primavere".
Il nostro voler sapere, insomma, ci uccide.
 
Insieme a Leopardi (1798 - 1837) e Schopenhauer (1788 - 1860) aveva letto anche Nietzsche (1844 - 1900) e gli era rimasto impresso quel drammatico "Dio è morto", simbolo della fine di ogni verità dominatrice e regolatrice del mondo, anticamera del relativismo disperato e della mancanza di senso della vita.
Non doveva essergli stato estraneo neppure Henry Bergson (1859 - 1941) e il suo rifiuto dell'immagine "meccanica e quantitativa della realtà". Forse il filosofo francese segnò l'immaginario di Pirandello con il valore dell'intuizione derivante dai concetti di durata e di memoria, rivendicazione del carattere "qualitativo" della realtà, contro l'idea meccanicistica, materialistica del determinismo razionalistico.
 
Ma torniamo all'avemaria di Bobbio.
Un giorno, mentre il notaio mangiava allegramente con parenti e amici presso una sua piccola tenuta di campagna, un mal di denti fortissimo lo colse a metà del pranzo, tanto che fu costretto a ritirarsi nella sua camera da letto per non disturbare gli amici e per riuscire a superare il dolore invadente che lo aveva colpito. Niente da fare: il dolore era troppo forte.
Decise così di andare immediatamente da un dentista in città e salito sulla sua carrozza, sulla via che dalla campagna portava al centro di Richieri, nei pressi di una santella, gli venne automatico il recitare un'avemaria, come se dal profondo fosse emerso nuovamente quel fervente religioso bambino che ormai non era più. Immediatamente il dolore sparì.
 
Bobbio rimase, lì per lì, molto sorpreso e si vergognò come una femminuccia di essersi messo a pregare.
Allo stesso tempo però era irritato per il fatto che l'avemaria sembrava aver avuto effetto.
Nonostante fosse scettico sulla cosa, qualche tempo dopo, leggendo gli Essais di Montaigne al capitolo XXVII dov'è dimostrato che "c'est folie de rapporter le vrai et le faux à notre suffisance", cioè che è follia mettere in rapporto il vero e il falso secondo il nostro volere o il nostro bisogno, si trovò in qualche modo ad ammettere che anche Sant'Agostino avrebbe potuto confermare che il notaio Bobbio "guarì una volta all'improvviso d'un feroce mal di denti, recitando un'avemaria...".
 
Proprio in quel momento, però, ebbe un altro attacco di mal di denti e, mandando al diavolo sia Montaigne che Sant'Agostino, corse dal dentista per eliminare definitivamente l'origine dei suoi dolori.
Nel tragitto provò nuovamente la preghiera dell'avemaria, questa volta la recitò persino in latino, ma non ne ebbe alcun beneficio immediato.
 
Così, con rigagnoli di sudore che gli scendevano sul pingue volto per lo sforzo della corsa e per il trattenimento vano del dolore, arrivò davanti all'entrata del dentista dove nuovamente e miracolosamente il dolore cessò.
Il notaio si arrabbiò talmente di quell'evento che imprecando disse ad un amico, che lo aveva in quei frangenti riconosciuto e salutato, che non solo si sarebbe fatto togliere il dente cariato ma che se li sarebbe fatti strappare tutti. Detto ciò, varcò definitivamente la soglia dell'ambulatorio dentistico.
 
Siamo certi che il nostro notaio Bobbio, insieme ai denti, avrebbe voluto farsi strappare anche i dubbi sull'influenza divina nella sua vita.
Siamo altrettanto certi che tutta la forza del racconto si gioca nel finale: il sentimento del contrario rende comica la situazione e contemporaneamente fa emergere ironicamente la pretesa certezza scientifica di Bobbio.
 
Tale conclusione ci fa riflettere sulla sua ironica validità: nonostante la scienza di oggi si sia dichiarata popperianamente "ipotetica", nonostante essa abbia abdicato al suo ruolo di guida della società della tecnica, c'è ancora chi, in nome di una filosofia senza dubbi, pensa di camminare in mezzo agli uomini con in mano la verità.
Speriamo in un mal di denti salvifico che ci dia ancora la possibilità di pensare e quindi di dubitare.

Leretico
 


Commenti:
ID32248 - 23/05/2013 08:06:50 - (Dru) - io ho sempre riflettuto su questo caro Leretico

se penso di avere in mano la verità sono salvo, ma quella mi uccide... se penso di non avere la verità in mano sono dannato ma questo mi salva... ti ho solo letto nella conclusione, vedrò di approfondire stasera-ciao-

ID32251 - 23/05/2013 08:35:24 - (Aldo Vaglia) -

Non ho letto la novella di Pirandello, ma il "vanga e frusta" dei nostri discorsi fa il paio col mal di denti. Il ritornare tra i mortali fa bene non solo ai filosofi, farebbe meglio ai politici e ai banchieri che ci hanno messo sul lastrico, ma mantengono dentature luccicanti da esibire in video, tutte le sere, e gli consentono quotidiane abbuffate a sbafo.

ID32256 - 23/05/2013 11:31:04 - (Dru) - bellissimo , ti invidio davvero; sai cogliere la filosofia con poesia e questo non è poco ma è il falso

ma torniamo al Fango della Logica, in fondo logica o logos non significa altro che raccogliere a sé e null'altro. Tu dici:"Montaigne al capitolo XXVII dimostra che "c'est folie de rapporter le vrai et le faux à notre suffisance", è follia mettere in rapporto il vero e il falso secondo il nostro volere o il nostro bisogno." Ecco a me piace pensare ad un Montaigne filosofo e un filosofo quando dice queste cose le dice con ragione se le dimostra e con filosofia appunto se le mostra. ciòè lui dice che non è follia il vero e non è follia il falso se non che il vero e il falso del nostro "volere" è folle.Ma il vero e il falso che non sia voluto è la verità.

ID32257 - 23/05/2013 11:38:19 - (Dru) - la verità

tu scrivi: "Tale conclusione ci fa riflettere sulla sua ironica validità: nonostante la scienza di oggi si sia dichiarata popperianamente "ipotetica", nonostante essa abbia abdicato al suo ruolo di guida della società della tecnica, c'è ancora chi, in nome di una filosofia senza dubbi, pensa di camminare in mezzo agli uomini con in mano la verità." Qui sta il punto, vero è che la scienza guida la tecnica e non ha abdicato che alla verità e non al dominio. Comunque, detta la verità che uccide, il resto del tuo racconto è qualche cosa che sfiora e per bellezza e per poesia appunto la verità.

ID32263 - 23/05/2013 15:31:14 - (Dru) - cioè

la scienza non ha abdicato che al ruolo di verità definitiva e incontrovertibile, questo per consentire alla sua azione ( la tecnica al dunque) , un vero dominio sulle cose. Le cose diventando fluide, (l'ipotesi scientifica è a questo che porta, al fatto che una cosa può essere come non essere, e non è detto che sia sempre così), sono dalla mano della tecnica manipolabili. Figurativamente ( e anche metaforicamente perchè no) vedila come il microscopio che vede il microbo e lo ispeziona con lo scienziato che scruta nel suo microscopio e dietro di lui ci sta il mondo ( la verità incontrovertibile, il tutto tondo) in cui lo scienziato ha strappato il microbo per dominarlo sotto la sua lente d'ingrandimento ( la tecnica appunto). Lo scienziato crede ( ecco qui la fede indicata da Severino di questa nuova scienza) di poter prescindere da quel mondo per vedere il tutto di quel microbo. Questo suo credere non si discosta dal credere di un

ID32264 - 23/05/2013 15:33:15 - (Dru) -

cristiano o di un buddista, al dunque è fede. quella fede che è violenza o volontà nel diventare altro : Se la violenza è la volontà che vuole l'impossibile, e se la volontà è essenzialmente un volere che qualcosa divenga altro da sé, allora - poiché il diventare altro da sé è qualcosa di impossibile (giacché l'impossibile è innanzitutto l'essere altro da sé) - la volontà è, in quanto tale, il volere l'impossibile, e cioè la volontà è, in quanto tale, violenza. La devastazione dell'uomo e della terra è la forma visibile della violenza; la carità, l'amore, la tolleranza sono forme nascoste della violenza."

ID32320 - 24/05/2013 14:53:32 - (Dolcestilnovo) - permettete un sorriso?

tra tanti commenti edotti, direi che l'unico per cui il mal di denti e' salvifico e' il dentista!

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