Parigi, Londra, New York, scorrono sotto la pelle, meridiane del tempo lasciando segni, storie, fatti.
Paolo osserva dalle grandi vetrate, la miriade di puntini che corrono in ogni direzione senza mai fermarsi. Un grande formicaio che cerca di accaparrarsi le briciole sparse nel mondo.
Chiuso nel suo ufficio la sensazione di non avere alternative gli blocca la gola.
Plic plic
Con ritmo preciso l’unghia del pollice sfrega tra le dita racchiuse, il fiammifero è acceso e così la sua ansia.
Plic plic
Il ritmo scandisce facendo risuonare l’eco nella sua testa.
– Basta torno a casa! Dal mio lago, nella mia terra.
Il viaggio di rientro si presenta turbolento. Si percepisce più che con la mente con il corpo.
Lockdown.
La fronte poggiata al vetro, Paolo osserva il nulla, o meglio, lo stesso verde monotono nelle sfumature, la stessa casa giallo limone, impersonale e antipatica come i proprietari, lo stesso pezzo di cielo che se parli si offende e tiene il broncio, spesso piange e, se fai lo scemo o dici battute, splende. Del resto questo offre il mese di marzo.
Saltella, davanti alla finestra, sembra ginnastica ma non lo è. È piuttosto una palla che nel rimbalzo cerca quel ritaglio di lago giù in fondo, ricordo di una vita precedente.
Si ferma sentendosi stupido, il suo
avatar riflesso lo osserva.
Lunghi capelli arruffati senza capo né coda danzano liberi sulla testa, sembra essere un
party, anzi, guardando meglio, la tipica festa anni sessanta completa di hashish e relativo sballo.
Flash.
–
Chissà che fine ha fatto quella biondina con la maglia rossa…
Il solo pensiero gli rimescola il sangue e per la prima volta dall’inizio della quarantena, qualche cosa gli dice che è ancora vivo!
Alza lo sguardo ma l’occhio da pesce lesso sembra dirgli:
“Ma ti sei visto?! Sarai bello tu!”.
Il fiato appanna la superficie trasparente che come la pagina di un libro si riempie di geroglifici lasciati dalla barba. Ormai lunga a dismisura, evidenzia grandi zone di pelo grigio, impietosa, senza bisogno di altre parole lo riporta sul pianeta terra.
Ma chi ci vuole stare su questa terra… in balìa di un microscopico invisibile virus che, se non guardi il Tg, credi di essertelo immaginato!
Chi vuole restare su questa terra che sta implorando ma nessuno l’ascolta!
Che ci sta dando una sonora lezione ma sa già che poi tutto tornerà come prima!
Che non ha più fiducia negli uomini e cerca di distruggerli con terremoti, tsunami, uragani, incendi!
Chi!? Chi!
I pugni alzati contro il vetro, l’urlo silenzioso, Paolo resta immobile gli occhi chiusi per qualche minuto. Non piange.
Svuotato muove qualche passo, si sdraia per terra, le gambe e le braccia allargate. Il corpo poggia pesante. Il cranio, fermacarte per pensieri, dimentica il tempo.
Il sole risplende nel cielo è un nuovo giorno.
Un’inattesa determinazione lo muove, davanti allo specchio ripulisce il suo viso, la sua anima. La mancanza, del famigliare tic, è presenza, consapevolezza.
Accende la radio mentre si appresta a vestirsi.
“Domani primo giugno potremo tornare tutti alla vita di prima… “
La vita di prima? No, non ci sto, qualche cosa deve cambiare, non può passare tutto come un colpo di vento. Prende il telefono:
– Pronto, parlo con l’Associazione… si vorrei sapere come funziona, vorrei aiutarvi a preservare il mio mondo, la mia terra.
Rossana Mazza
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Per gentile concessione del
Circolo Scrittori Instabili, blog sul quale si sperimentano gli appassionati che hanno frequentato i corsi di scrittura creativa tenuti da Barbara Favaro.