06 Febbraio 2019, 09.20
Sanremo

Tra obblighi morali e indiscrezioni postume

di Alessandra Pappaterra

Uno sguardo al passato del Festival di Sanremo, l’evento musicale e mediatico più atteso dagli italiani, ricordando i tragici destini di Luigi Tenco e Mia Martini, titolari delle rinomate targhe sanremesi 


L’Italiano è spesso “affezionato” per abitudine, per tradizione, per noia, apatia, per dovere, a degli appuntamenti cadenzati proposti dai palinsesti televisivi. Il Festival di Sanremo, tra l’evento stesso e i programmi contenitivi atti ad enfatizzare la cronaca mondana circostante, pare essere il più atteso di sempre.
 
Nato nel 1950, lascia trasparire fin dalle prime edizioni lo scopo principale della manifestazione: la leggerezza delle canzoni, melodiche ma troppo spesso vuote di contenuti specifici, atte a promuovere più l’artista in voga piuttosto che il testo stesso. 
 
Nonostante le luci della ribalta e i rinomati fiori della riviera ligure, il festival canoro custodisce ancora degli “scheletri nell’armadio”, oggi trasformati in premi e riconoscimenti. 
 
Il 27 gennaio del 1967, durante le giornate sanremesi, Luigi Tenco, all’epoca giovane cantautore colto, poco conosciuto, appartenente alla “scuola genovese” gareggiava sul palco con Dalida, intonando la canzone “Ciao, amore ciao”. 
 
A causa dell’esclusione del testo dalla serata finale, in un momento di trasandata lucidità, questi decise di suicidarsi, lasciando per iscritto le seguenti parole: «Io ho voluto bene al pubblico italiano e gli ho dedicato inutilmente cinque anni della mia vita. Faccio questo non perché sono stanco della vita (tutt’altro) ma come atto di protesta contro un pubblico che manda “Io te e le rose” in finale e una commissione che seleziona “La rivoluzione”. Spero che serva a chiarire le idee a qualcuno. Ciao Luigi».
 
Dopo la morte del cantautore, il successo della canzone fu indiscusso, anche grazie alle performances regalateci dalla compagna Dalida, che nella sua “fragile esistenza” lo ha commemorato dedicandogli i suoi versi con enfasi e trasporto. 
 
Cosa accade però nella coscienza degli italiani dopo un suicidio avvenuto nel bel mezzo della parata della mondanità - perbenismo?
 
Lo studioso Marco Santoro parla di un vero e proprio “Effetto Tenco”, che parte dalla morte dell’autore fino ad arrivare alla consacrazione postuma dello stesso, a causa della riflessione sociale a cui molte coscienze sono state costrette a pesanti elucubrazioni di stampo esistenziale. 
Secondo Santoro l’atto del suicidio avrebbe creato un “trauma culturale” ,nonché uno spaccato vistoso all’interno della musica italiana dell’epoca: la valorizzazione del cantautorato colto in opposizione alle canzonette commerciali, da quel momento in poi, etichettate proprio in senso dispregiativo “di stampo sanremese”.
 
Naturalmente, non mancarono i riconoscimenti postumi al cantautore, l’istituzione del Club e del relativo Premio Tenco.  
 
Altra targa assegnata durante le cinque giornate sanremesi è quella intitolata a Mia Martini. Con la sua voce possente e graffiante ha dato libero sfogo ad un’esistenza caratterizzata, come lei stessa aveva confessato, da tanta, troppa solitudine. 
 
Bistrattata e allontanata per molto tempo dagli schermi perché etichettata (in maniera oserei dire puerile e becera) come “portatrice di sfortune”, muore nel 1995 (per cause accidentali o, ancora una volta, intenzionali).
 
Oggi è rimpianta, ricordata (a breve anche sugli schermi, attraverso l’interpretazione di Serena Rossi che vestirà i suoi panni in “Io sono Mia”). 
Indiscrezioni postume su vite lasciate scorrere in sordina. Doverose? Obbligatorie per ripristinare una parvenza di equilibrio sociale che aberra la morte?
 
In ogni caso, ricorderei Tenco attraverso i versi deandreiani di Preghiera in Gennaio: “Ascolta la sua voce/ che ormai canta nel vento./ Dio di misericordia vedrai sarai contento”, nonché  Mia Martini con le parole dell’amico De Gregori: “Sarà che tutta la vita è una strada e la vedi tornare,/come la lacrime tornano agli occhi e ti fanno più male,/e nessuno ti vede, e nessuno ti vuole per quello che sei/… Chiamatemi Mimi, per i miei occhi neri e i miei neri pensieri...”.
 
 


Commenti:
ID79554 - 07/02/2019 16:56:33 - (DiegoA) - Bellissima testimonianza

Fatelo leggere a Baglioni che magari si rende conto di chi ha selezionato quest'anno

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