24 Settembre 2017, 08.00
Attualità

I cattivi maestri

di Luca Rota

I social hanno sdoganato il pubblico pensare. Tutti scrivono ciò che passa loro per l'anticamera del cervello, tutti condividono link e notizie, tutti a dire la propria, tutti a scrivere e condividere pensieri e momenti di intima felicità, tutti a sentenziare questo e quell’altro


Cosa buona e giusta diranno in molti. Scelte, diranno gli altri. In fondo ognuno è libero di usare la rete come meglio crede.

Ma cosa si intende realmente per pubblico pensare? Non di certo quello a cui assistiamo quotidianamente sui social, se suoi sinonimi odierni sono insulti, sconcezze, violenze verbali, falsità, inesattezze e odio gratuito. Sembra che nascosti dietro alla tastiera del pc, o al display del proprio smartphone, tutti (o quasi tutti) riescano a trovare il coraggio di dire la propria, anche in modo più che esagerato. Spesso però, a giudicare dai responsi, verrebbe voglia di fermare tutto ciò.

Primo perché dire la propria significa avere un’opinione, che in quanto tale, dovrà essere esposta quantomeno in modo decoroso ed educato. Mentre il più delle volte si finisce col condividere idee e slogan altrui, sottoforma di link, falsi ed infondati atti soltanto ad attaccare questo o quell’individuo. Secondo perché i social rappresentano un terreno fertile e per la maggiore frequentato da adolescenti, che di buoni esempi hanno un bisogno enorme, e che non necessitano assolutamente di tali idiozie.

Magari un po’ di tempo addietro, questi cattivi maestri il pessimo esempio lo davano all’ora di pranzo, di cena, o magari al bar, dove però il pubblico era minore e quasi sempre si finiva con l’essere zittiti o derisi. Oggi invece essendo diventati social, costoro hanno delle casse di risonanza enormi, e data pochezza socio-culturale in vigore, rischiano addirittura di influenzare (negativamente) tante piccole menti ancora in formazione, nonché di essere addirittura presi come esempi. Un aggravante in tutto ciò è quando essi esercitano delle cariche pubbliche.

Se lasci che bambini e giovani crescano in un'epoca dove regnano sovrane l'intolleranza e l'ignoranza, non ci si meraviglierà di certo se tra qualche tempo, saranno questi i "valori" dominanti della società che verrà. E le nuove generazioni non avranno colpa alcuna, perché proprio esse saranno il frutto di ciò che è stato loro insegnato.

Ecco perché a mio avviso,
non sarebbe cosa poco buona e giusta istituire il reato di diffamazione anche sui social, alla pari di come avviene nel “mondo reale”. In tal modo molta gente starebbe realmente attenta a ciò che scrive e pubblica, assicurandosi sempre di non diffamare nessuno (pena la querela), evitando oltremodo tutte quelle sciocchezze scritte (per giunta malissimo) e pubblicate quotidianamente da chi aspira a seminare odio in giro.

Perché è dovere degli adulti dare dei buoni esempi ai giovani, e non autorizzarli a dare il là a pessime e malsane abitudini. Perché nessun bambino nasce già impartito di buon senso ed educazione. Quelle sono cose che riceve, e che si ricevevano quando ancora gli adulti erano ancora adulti, e non cattivi maestri.


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