“Poesia, poesia sembra che non ci sia, poi l’incontri per caso tra le mani di un bimbo perché…lui cammina cantando, ride e gioca coi sassi, sogna che può volare,
tutto questo è poesia
Poesia, poesia sembra che non ci sia, poi ti prende la mano e ti porta lontano con lei
E non sei più il bambino che giocava coi sassi, scopri di essere un uomo e tutto questo è poesia… (Cocciante)
Venerdì 11 dell’11…dico a Martina, una bambina stupenda: “Oggi è il tuo onomastico!” Lei mi guarda con i suoi grandi occhi interrogativi.
“È San Martino!” Eh già, ai miei tempi si imparava la poesia di Carducci:
“La nebbia a gl'irti colli
piovigginando sale,
e sotto il maestrale
urla e biancheggia il mar;
ma per le vie del borgo
dal ribollir de' tini
va l'aspro odor dei vini
l'anime a rallegrar.
Gira su' ceppi accesi
lo spiedo scoppiettando
sta il cacciator fischiando
su l'uscio a rimirar
tra le rossastre nubi
stormi d'uccelli neri,
com'esuli pensieri,
nel vespero migrar.”
Un bambino esclama: “È la canzone di Fiorello!” Sorrido sotto i baffi che non ho.
Grazie, grande Fiorello, che col tuo karaoke hai diffuso la poesia classica.
La poesia di Carducci era facile da imparare a memoria, era gioiosa, si parlava di vino, di spiedo scoppiettante…e quegli stormi d’uccelli neri non facevano paura, anche se poi è arrivato il film di Alfred Hitchcock a inquietarci non poco…
"Fare San Martino" è anche un modo per indicare il trasloco.
Questa data segnava la fine dell'anno agrario e quindi il contratto di lavoro, che era annuale e che poteva essere rinnovato oppure no.
Per il contadino al quale non veniva rinnovato, significava perdere non solo il lavoro, ma anche la casa.
Sul carro venivano poste le poche proprietà: i mobili, le scorte di viveri, il legname, le gabbie dei polli, il maiale, i bambini ed i vecchi.
Mi viene in mente il bellissimo e commovente film di Ermanno Olmi “L’albero degli zoccoli”.
In una cascina Mènec (Domenico), un bimbo di 6 anni sveglio e intelligente, deve fare 6 chilometri per andare a scuola. Un giorno torna a casa con uno zoccolo rotto. Non avendo soldi per comprare un nuovo paio di scarpe, il padre Batistì decide di tagliare di nascosto un albero per fare un nuovo paio di zoccoli al figlio. Il padrone però viene a saperlo e la famiglia del Batistì, moglie Battistina e tre figli (di cui uno ancora in fasce), caricate le povere cose sul carro, viene cacciata dalla cascina.
Mentre scorrono le immagini del film, si sente la splendida “Sonata per organo” di Bach: “Qualcuno ha detto che Bach è forse un tocco eccessivamente aristocratico per un film sui contadini. Non sono d'accordo.
Credo che la grandezza di Bach, come la poesia, non sia né aristocratica né popolaresca ma semplice ed essenziale come la verità.” Così Ermanno Olmi. E sono pienamente d’accordo.
E allora parliamo di poesia.
Molti su di età come me ricordano ancora le classiche poesie, da “Pianto antico” a “Davanti a San Guido” (sempre Carducci), da “La mia sera” (Pascoli) a “La pioggia nel pineto” (D’Annunzio), da “Alla sera” (Foscolo) fino al “Cinque maggio” del Manzoni (entrata nella storia calcistica…).
Leopardi è stato studiato in tutte le salse, da “A Silvia” a “Il sabato del villaggio” a “Il passero solitario”…ma il top resta (per me) “L’infinito”…
“Sempre caro mi fu quest'ermo colle,
e questa siepe, che da tanta parte
dell'ultimo orizzonte il guardo esclude.
Ma sedendo e mirando, interminati
spazi di là da quella, e sovrumani
silenzi, e profondissima quiete
io nel pensier mi fingo; ove per poco
il cor non si spaura. E come il vento
odo stormir tra queste piante, io quello
infinito silenzio a questa voce
vo comparando: e mi sovvien l'eterno,
e le morte stagioni, e la presente
e viva, e il suon di lei. Così tra questa
Immensità s'annega il pensier mio:
E il naufragar m'è dolce in questo mare.”
Mamma mia che bella! Un tempo i bambini erano “invitati” a suon di cioccolatini a salire su una sedia ed a recitare qualche poesia di Buone Feste, davanti a tutta la famiglia adorante.
Qualcuno penserà che fossero poesie sdolcinate, ma provate a vedere le facce dei nonni, quando il loro nipotino declama qualche verso in rima: annegano nelle proprie lacrime! A scuola tante maestre propongono ai bambini bellissime poesie.
Alcune li invitano a scriverle, come la maestra Fiammetta Segala che ha pubblicato il libro "Il bosco degli alberi incantati" fatto dai piccoli ragazzi-poeti.
“Qual è la differenza tra un poeta, una nuvola e un bambino? Nessuna. Tutti e tre sanno volare senza ali.”
La poesia per i bambini può essere un luogo incantato in cui i pensieri diventano parole e le parole, inaspettatamente, si liberano dalle regole del linguaggio convenzionale.
Ognuno scopre che con i vocaboli è possibile giocare, sperimentare, scoprire effetti sorprendenti. La poesia offre l’opportunità di avvicinarsi alla lingua attraverso un percorso insolito, creativo, liberatorio e assolutamente personale.
Nel mondo della poesia, la parola scritta è sempre amica.
Come scrive il maestro Mario Lodi: “Fare poesia … è un momento 'magico' in cui i pensieri belli e forti che sono dentro di noi, escono e diventano parole: le parole prendono il loro posto come le note di una musica, secondo regole che non sono quelle del linguaggio comune di tutti i giorni".
Lo scorso anno le attuali classi quinte di Prevalle hanno pubblicato un libro di poesie “Il paesaggio fuori e dentro di me”, incontri “poetici” sul viale dei gelsi All’interno del laboratorio di scrittura autobiografica, sotto la guida di Grazia Maccarinelli e Natalia Fantoni.
Partendo da narrazioni di carattere personale riguardanti il vissuto, lo sguardo si è allargato per conoscere gli splendidi gelsi del viale.
Cito una poesia per tutti, quella di Elisa…
IL CANTO DEL VENTO
Ho abbracciato un albero
Dentro gli canta il vento che passa
Il mio cuore si riempie di gioia
Con amicizia
Ho conosciuto un albero.
Dal libro “L’eleganza del riccio” di Barbery Muriel
“Dove si trova la bellezza? Nelle grandi cose che, come le altre sono destinate a morire oppure nelle piccole cose che, senza nessuna pretesa, sanno incastonare nell’attimo una gemma d’infinito? L’eternità ci sfugge….Adesso so quello che dobbiamo vivere prima di morire, posso dirvelo. Prima di morire quello che dobbiamo vivere è una pioggia battente che si trasforma in luce.”
Nei tempi antichi il poeta esprimeva l’anima collettiva di un popolo, era il testimone della continuità della tradizione, allora la poesia apparteneva davvero a tutti… non rimaneva confinata nei libri.
Io ho avuto la fortuna di conoscere molte persone che hanno scritto poesie.
C’è anche la mamma di Mattia, 4^ A, un bambino d’oro con i capelli color del grano.
La signora Maria Teresa è molto dolce e riservata (tutta suo figlio!), è come una “libellula impaurita”, ed ho dovuto faticare non poco per poter pubblicare questa “lode alla poesia”…
SORGERE E RISORGERE
DALLA VITA AL PENSIERO
Vibrando e sciamando
ai lidi della parola
il mio pensiero vola,
pensiero che non ha più
parola.
Sale e scivola in me,
come una calda, fluida
luminosa armonia.
Emerge vibrando,
impulsivo, serpeggiante,
irruente penetra la mente.
Rivestirlo vorrei
di nuovi, accesi colori,
fornace incandescente
fucina di pensieri soli.
Ma anche il mio ex Direttore (che ho la fortuna sfacciata di chiamare amico) Omero Sala ha scritto delle poesie “magistrali”, come questa:
Non è questa la vita che sognavi
quando ascoltavi le canzoni
del mangianastri giallo
sotto il glicine di casa:
quelle canzoni buone a riscaldare il cuore
fatte di parole dolci
e vivide armonie,
quelle canzoni che riconoscevi
dalla prima nota
e che cantavi a mente
nei giorni colorati.
«È del poeta il fin la meraviglia/ parlo dell'eccellente e non del goffo, / chi non sa far stupir, vada alla striglia...», scriveva circa quattrocento anni fa Giambattista Marino.
Quando frequentavo le magistrali a Brescia, facevo il viaggio in pullman insieme al mio amico Deni, cioè Andrea Giustacchini. Eravamo nella stessa classe e nel pomeriggio andavo spesso a trovarlo.
Deni amava il mondo degli insetti, amava leggere e scrivere poesie ed io ero lì ed osservavo ed ero quindi influenzato da tutto ciò: mi ha aperto gli occhi su questo mondo, quello della scrittura, appunto.
Con lui ho condiviso la passione per il teatro, passione che perdura ancora oggi. Passavamo ore e ore a chiacchierare, fantasticando davanti ai cartelloni del cinema Salone. La sera, spesso, andavo da lui a parlare di poesia…
Non eravamo un club di poeti maledetti, semplicemente lui mi leggeva i suoi bellissimi componimenti oppure le poesie dei poeti francesi, ed io ascoltavo incantato. Poi tornavo a casa verso le 10-10 e mezza (a quei tempi era orario da sballo), mia mamma mi aspettava sulla porta e mi diceva “Fa piano che el papà l’è envers”…Allora mio papà mi compariva, con le mutande di lana, e mi diceva “Mè dise nient…mé dise nient!” e si andava a dormire…
Alle magistrali ho conosciuto Renzo Mosca da Chiari, che poi è diventato scrittore, che mi aveva dedicato questo sonetto:
“Giovanni, certo il riso tuo non rende più allegri gli altri uomini, e nol vuole.
Ma chi un giorno, caduto nella fossa, per la disgrazia rise, sua e degli altri,
non come gli altri risalir potea, ché per le risa più non si reggea”
Agli esami si doveva “portare” un poeta, io avevo scelto Quasimodo, perché aveva una poesia molto breve…
“Ognuno sta solo sul cuor della terra
trafitto da un raggio di sole:
ed è subito sera”
Ma poi ho scoperto che Ungaretti (chiedo scusa e mi cospargo il capo di cenere…) era più corto:
“M’illumino
d’immenso”.
Come quando vinceva il Brescia!
Ho provato anch’io a scrivere poesie, “poesie nella scatola”: erano fogli dentro una scatola (i miei vendevano scarpe, ed avevo scarpe anche sotto il letto, da qui il motto “Scarpe diem”) e mi ricordo che il mio amico Deni mi ha abbracciato, e ne vado fiero ancora adesso.
Poi le poesie le ho bruciate in un momento di rabbia: il caminetto non ha mai bruciato così bene!
“Son forse un poeta?
No, certo.
Non scrive che una parola, ben strana,
la penna dell’anima mia:
«follia».
Son dunque un pittore?
Neanche.
Non ha che un colore
la tavolozza dell’anima mia:
«malinconia».
Un musico, allora?
Nemmeno.
Non c’è che una nota
nella tastiera dell’anima mia:
«nostalgia».
Son dunque... che cosa?
Io metto una lente
davanti al mio cuore
per farlo vedere alla gente.
Chi sono?
Il saltimbanco dell’anima mia.” (Aldo Palazzeschi)
Ma, si sa, come scrive San Giovanni "Il vento soffia dove vuole e ne senti la voce, ma non sai da dove viene e dove va…"
Permettetemi di citare una poesia della mia amica Antonella Pialorsi di Vestone, dedicata alla madre.
Quando
ritornavi
dalla Messa
profumata
di freddo
e di arance
ci preparavi
torta di noci
e thè:
sapevi
riaccendere
con un sorriso
la speranza.
Mi ha commosso leggere queste parole di Izet Sarahijc scritte sotto il bombardamento a Sarajevo (dove ha perso le sorelle e gli amici):
“Quei due abbracciati sulla riva del Reno
potevamo essere anche tu e io.
Ma noi non passeggeremo mai più in nessuna riva abbracciati.
Vieni, passeggiamo almeno in questa poesia.”
Vorrei ricordare un grande cantante e poeta, Leonard Cohen:
“La strada è troppo lunga, il cielo è troppo vasto, il cuore errante è finalmente senza dimora".
Questa la dedico a mia moglie, sperando che non arrossisca troppo…
“Se avessi il drappo ricamato del cielo
intessuto dell’oro, dell’argento e della luce,
i drappi dai colori chiari e scuri del giorno e della notte
dai mezzi colori dell’alba e del tramonto,
stenderei quei drappi sotto i tuoi piedi.
Invece essendo povero ho soltanto sogni
e i miei sogni ho steso sotto i tuoi piedi.
Cammina leggera, perché cammini sui miei sogni. (Yeats)
Ci sentiamo la settimana prossima, a Dio piacendo.
maestro John Comini
(Le foto sono di Sara Ragnoli, una persona che è una piccola poesia…)
ID69417 - 13/11/2016 11:41:25 - (Dru) - La poesia
Tocca le corde dell'animo, poiché lo descrive con parole che lasciano sempre aperto il significato, o senso ultimo del poetare, per quell'attimo della poesia sull'anima. Se dico che il mondo appare in contesa tra la volontà e la realtà della volontà dove la volontà è volontà di trasformazione della realtà e realtà è realtà, dico diversamente dal dire che "non scrive che una parola, ben strana, la penna dell'anima mia: "follia"". Mentre il primo è linguaggio filosofico, il secondo è poetico, ma di una cosa stanno raccontando entrambi, del senso (ultimo, cioè primo) di questo nostro esistere.