15 Luglio 2012, 09.00
Salute

Meno bisturi grazie a farmaci innovativi

di Redazione

Dai massimi esperti italiani riuniti a Brescia nuove prospettive per il trattamento di malattie come cushing e acromegalia che fino a qualche anno fa avevano come soluzione solo il ricorso alla chirurgia dell'ipofisi, peraltro non possibile in molti casi

 
Crescono le speranze per affrontare la malattia di Cushing, l’acromegalia e il gigantismo, patologie rare che fino a qualche tempo fa potevano essere trattate esclusivamente con l’asportazione dell’adenoma dell’ipofisi (una piccola ghiandola all’interno del cranio) che dà origine agli scompensi ormonali che le caratterizzano.
 
Lo hanno sottolineato gli esperti riuniti lo scorso 5 luglio presso l’aula magna della Facoltà di Medicina e chirurgia dell’Università di Brescia in occasione del Congresso “Clinical Update in Endocrinologia e Metabolismo” organizzato, nel trentennale dell’Università, da Andrea Giustina, Professore Ordinario di Endocrinologia e Direttore Scientifico del centro Studi e Ricerche in Osteoporosi e Malattie Metaboliche Ossee dell’Università cittadina.
 
L’evento, a cui hanno partecipato alcuni dei maggiori esperti mondiali come i professori Sholmo Melmed, Felipe Casanueva e Philippe Bouchard, è realizzato sotto l’egida della Società Italiana di Endocrinologia (SIE).
 
L’attenzione degli esperti si è concentrata su due patologie, la malattia di Cushing e l’acromegalia. Per entrambi i quadri, pur se si parla di malattie rare, la sensazione è innanzitutto che si tratti di patologie sottovalutate e che ancora oggi sono diagnosticate in ritardo, quando invece proprio la diagnosi precoce rappresenta un fattore chiave per ridurre il rischio che si sviluppino complicazioni gravi.
 
“La sindrome di Cushing è caratterizzata dall’eccesso di produzione di cortisolo da parte dell’organismo, e può essere legata a diverse cause – spiega Ezio Ghigo, Professore di Endocrinologia e Malattie del Metabolismo, Università di Torino e Presidente SIE, Società Italiana di Endocrinologia. Ad esempio si può presentare in chi assume per tempi prolungati dosi elevate di cortisonici, come accade in chi soffre di patologie tumorali o reumatiche, oppure essere legata a una patologia del surrene. Ben più frequente di questo secondo caso è comunque una disfunzione causata da un adenoma dell’ipofisi, la ghiandola che guida la secrezione del surrene attraverso l’azione di un particolare ormone, chiamato adrenocorticotropo o ACTH. In questi casi si parla di malattia di Cushing. Trattare questi pazienti è molto difficile, anche perché non sempre è possibile individuare la lesione che causa la condizione patologica e asportare l’adenoma. Per fortuna la ricerca sta per mettere a disposizione un particolare farmaco, pasireotide, che ha dimostrato di essere efficace nel controllare la secrezione di ACTH e quindi potrà consentire in futuro di rispondere a un bisogno di malati che oggi non hanno ancora una terapia mirata”.
 
L’innovativo approccio alla malattia di Cushing rappresenta un passo avanti di rilievo nell’ambito delle malattie endocrine, perché consente di agire efficacemente sulla causa di una patologia che può risultare estremamente grave e apre la strada ad atrofia muscolare, ipertensione, diabete e alterazioni del metabolismo dei lipidi, mettendo il paziente ad elevato rischio di infarto o ictus.
 
Per le sue caratteristiche, comunque, pasireotide è in fase avanzata di studio anche per un’altra patologia ormonale, che colpisce circa 70 persone su un milione: l’acromegalia. La malattia porta progressivamente a un aumento del volume del volto, delle labbra, delle mani e dei piedi. Fino a qualche tempo fa l’asportazione del tumore benigno dell’ipofisi che induce l’eccesso di ormone della crescita era l’unica cura possibile per i malati, ma già oggi il trattamento farmacologico può evitare il ricorso all’intervento chirurgico in un’elevata percentuale di casi. E nel futuro, con pasireotide, si punta a migliorare ancora questi risultati.
 
“Pasireotide è un analogo della somatostatina, che ha dimostrato un’affinità più ampia per i recettori su cui già agiscono farmaci della stessa classe, che hanno consentito di ottenere anche il 50 per cento di riduzione del tumore benigno dell’ipofisi che scatena l’eccesso di produzione di ormone della crescita – afferma Giustina.  La speranza è di poter trattare con la terapia medica un numero sempre più elevato di pazienti perché questa patologia, che viene ancora scoperta quasi per caso anche dopo dieci anni dall’inizio dei sintomi, spesso molto subdoli, può condurre a complicazioni gravi come ipertrofia del tessuto del cuore, diabete, fratture e un maggior rischio di comparsa di alcuni tumori”.  
 
Per gli specialisti, e soprattutto per i pazienti, la ricerca sta quindi offrendo nuove, importanti soluzioni per patologie ancora in cerca di approcci terapeutici innovativi. In questo senso il convegno di Brescia rappresenta un punto di riferimento nel processo di formazione degli endocrinologi, anche perché mette a confronto i massimi esperti sulle tante patologie che questi studiosi si trovano ad affrontare, da quelle della tiroide al diabete.
 
“Per questo la SIE, che ha da poco compiuto 50 anni, mette in prima linea i giovani specialisti attraverso iniziative di formazione come quella in programma – conclude Ghigo. Per noi non è fondamentale solo la scienza – e l’endocrinologia italiana è ai vertici mondiali nella ricerca – ma anche la formazione dei giovani perché lo scopo della società è di rappresentare una “sorgente” di informazioni scientifiche di altissimo livello per gli specialisti del futuro”.
 
L’alleanza tra specialista, pazienti e loro familiari, che passa anche attraverso una maggior conoscenza delle patologie ipofisarie, spiega la presenza nell’ambito del programma congressuale di uno spazio dedicato ad ANIPI ITALIA ONLUS (ASSOCIAZIONE NAZIONALE ITALIANA PATOLOGIE IPOFISARIE).
 
“Avere in un’associazione pazienti per le patologie rare e ancora poco conosciute è estremamente importante per aiutare i pazienti a superare il senso di solitudine e disorientamento. - commenta Vittorino Berti, Presidente di ANIPI – La scarsa informazione e la mancanza di punti di riferimento, come la difficoltà a trovare altre persone con cui condividere la propria esperienza, rendono più arduo il percorso terapeutico”.
 
ANIPI è un’associazione che si prefigge come fine primario la divulgazione tra i pazienti e i loro familiari della conoscenza delle patologie ipofisarie. A tale scopo è stata dedicata l’ultima parte del congresso che apre le porte ai pazienti stessi, mettendo a loro disposizione degli esperti per spiegare queste patologie rare e rispondere alle eventuali domande.
 
L’interesse per queste patologie nasce dalla constatazione dell’alto impatto sociale che queste malattie hanno nell’ alterare in modo significativo la qualità di vita del paziente stesso.


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