17 Giugno 2015, 09.58
Provincia
Oggi avvenne

Tortora, oggi come 32 anni fa

di EnneEmme

Anche allora era il 17 giugno. Enzo Tortora, noto conduttore televisivo, veniva arrestato alle 4 del mattino dai carabinieri per traffico di stupefacenti e associazione per delinquere di stampo camorristico. Cosa è cambiato in 32 anni?


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Quel giorno cominciò il calvario giudiziario di Tortora: dal processo alla condanna a dieci anni di reclusione nel 1985, dall’assoluzione con formula piena del 1986 fino all’assoluzione definitiva della Cassazione nel 1987.

Nessuna prova a suo carico, se non il suo nome sull’agenda di un camorrista che in seguito si scoprirà essere “Tortona”.
E ancora presunte testimonianze di pregiudicati che lo dipinsero spacciatore negli studi televisivi.
Come se non bastasse, oltre alle accuse della Procura di Napoli si sommarono quelle dell’ambiente giornalistico che, attraverso falsi scoop e condanne mediatiche, demolirono la sua integrità morale e professionale.

Celebre a riguardo fu la foto riportata su tutte le copertine dei giornali che lo ritraeva in manette all’uscita della caserma dove fu interrogato prima dell’arresto a Regina Coeli.
Quel carrozzone di fotografi che cercavano con il “primo piano” d’inquadrare il volto e le manette, era stato fatto sostare di proposito affinché il personaggio televisivo comparisse in tutta la sua impietosa evidenza.

L’Italia da sempre considerata “culla del diritto” quel giorno ne fu la bara.
I piatti in perfetto equilibrio della bilancia sorretta da Giustizia, divinità della mitologia romana, quel giorno è come se avessero dato più peso alla parola di un pentito che a quelle di un uomo innocente.
Bastò gettare su uno dei due piatti un’infamia ed ecco la bilancia “sbilanciarsi” a favore di personaggi loschi, e aprirsi per Tortora un tunnel (lungo tre anni) di disperazione e attesa di giustizia.

La pagina peggiore di una magistratura feroce, la vergogna di una certa giustizia, la responsabilità della politica incapace di cambiare i codici e di velocizzare una giustizia troppo lenta.

L’Italia si dimostrò anche in quell’occasione come il paese che per prendere coscienza di un determinato problema si deve nutrire di scandali mediatici. Disse Tortora: “Forse è bene che sia accaduto tutto questo; non per me ma per gli altri, perché questo problema potrebbe riguardare anche voi”.

Furono i Radicali, i soli che proposero con forza un’azione di cambiamento per quella situazione che relegava l’Italia fanalino di coda rispetto alla civiltà giuridica occidentale democratica, che sostennero la battaglia giudiziaria e liberale di Tortora, candidandolo al parlamento europeo.

Da europarlamentare si dimetterà dopo un solo anno d’attività per la condanna a dieci anni, rinunciando all’immunità parlamentare.
L’onore e la dignità guidarono l’azione di Tortora che, nonostante la detenzione domiciliare, si batté per i diritti delle vittime delle prassi giudiziarie, diventando il simbolo di una grande campagna per una giustizia “giusta”.

Violazione del segreto istruttorio, carcerazione preventiva, processi senza prove, uso senza riscontri della parola dei pentiti, tempi lunghi: temi caldi che furono portati alla ribalta.
A questo si sommò il referendum promosso dai Radicali sulla responsabilità civile dei magistrati nel 1987 che passò con l’80% di sì.

Ma la storia ci ha insegnato che l’iter di un referendum non si conclude davanti alle urne.
Di fatto la politica aggirò con la legge Vassalli la volontà popolare, in barba ai risultati del referendum e violando l’art. 28 della costituzione.

Conclusione: i magistrati restano tuttora “irresponsabili”.
Una domanda sorge spontanea allora: in questi 32 anni è cambiato qualcosa?




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