02 Dicembre 2013, 07.34
Società

La cruna dell'ago

di Leretico

"È più facile che un cammello passi dalla cruna di un ago che un ricco entri nel regno dei cieli" (Matteo 19:24). Così parlava Gesù riferendosi ad una porta che si apriva in antichità nelle mura di Gerusalemme e si chiamava proprio "la cruna dell'ago".

 
Quando qualche cammello carico di merci giungeva a quella porta, il cammelliere era costretto a scaricare faticosamente l'animale che altrimenti non sarebbe passato attraverso quella strettissima entrata.
La difficoltà del cammello divenne famosa come quella di chi deve liberarsi da pesanti fardelli se vuole ottenere la salvezza.
 
Secondo una semplice e immediata interpretazione, la difficoltà del ricco è quasi disumana nel momento in cui deve liberarsi di ciò che gli impedisce la salvezza, ossia della ricchezza.
Forse potremmo tentare un'altra ermeneutica associando, per estensione, alla ricchezza il potere.
Così facendo le parole di Gesù suonerebbero molto più sottili: è difficile che un uomo potente sia disposto a rinunciare alle sue prerogative, al suo potere appunto, tanto quanto per il cammello evangelico passare per la cruna dell'ago.
 
Scopriamo in questi giorni che per l'uomo ricco e potente è altrettanto difficile accettare la decadenza.
E non è soltanto una questione di cessazione dalla titolarità di una carica, ma anche e soprattutto di progressiva diminuzione di forza, di autorevolezza, di creatività tipiche del più giovane, e potremmo continuare con questo tono sia sul lato fisico che morale.
La decadenza non è solo riferibile alle persone potenti che hanno fatto il loro tempo, ma anche al nostro bel paese a cui, se lo si guarda con gli occhi dei giovani, poco è rimasto di bello.
 
La decadenza è una condizione dell'anima, è fatta di rassegnazione e di sfiducia, di senso di disfacimento, di olezzo di cadavere.
Quando tocca i giovani diventa disperazione, e ci riporta drammaticamente agli anni dell'emigrazione di fine Ottocento e di inizio Novecento.
Come se niente fosse, il teatrino della politica va avanti ogni sera in televisione, cercando di convincerci che c'è qualcosa ancora da difendere, qualcosa da salvaguardare.
Sono tutti presi a giustificare o attaccare la decadenza da senatore di un ultrasettantenne tristemente azzimato e furente, e dimenticano che la vera decadenza, di cui dovrebbero parlare, è quella del sistema sociale, politico ed economico dell'intera nazione.
 
Liberarsi di Berlusconi per via giudiziaria avrà certamente fatto stappare molte bottiglie ma non ci libererà dal berlusconismo.
La polarizzazione che ha fatto da sfondo a questa lotta senza esclusione di colpi, durerà per molto tempo a venire.
L'epilogo mediatico-carnevalesco della dichiarazione di decadenza del senatore Berlusconi nasconderà purtroppo, agli occhi degli elettori di centro destra, il fallimento sociale ed economico della sua politica, la sua comprovata incapacità di pianificare e riformare la struttura dello stato pur avendone avuto larga possibilità negli ultimi vent'anni.
Ancora una volta la propaganda sul "martirio" ritarderà la presa di coscienza su questi fallimenti, ne ritarderà colpevolmente l'elaborazione, la consapevolezza.
 
La decadenza dell'Italia non è solo responsabilità del centro destra, ma anche della sinistra: sempre pronta a scaricare sui cittadini, attraverso tasse su benzina e casa, le colpe della propria mancanza di coraggio riformatore.
Nessuno ha dimenticato D'Alema e la sua scaltra politica di finta opposizione mentre sottobanco condivideva l'affarismo più becero (si legga, per farsene seria  opinione, "Il sottobosco" di Claudio Gatti e Ferruccio Sansa - 2012).
 
Né abbiamo dimenticato le intemperanze dell'ex ministro Visco, passato alla storia per la sua creatività micidiale in fatto di imposizioni fiscali.
È meglio non continuare, l'elenco sarebbe davvero lungo e impietoso e non potrebbe che confermare l'assoluta incapacità genetica della sinistra di capire chi crea veramente ricchezza in Italia, che andrebbe aiutato, rispetto a chi invece questa ricchezza è capace solo di consumarla o di sprecarla, casta politica per prima, burocrazia arrogante per seconda.
 
Il problema allora non sta nelle chiacchiere di questi giorni, ma nella "cruna dell'ago", la porta per la salvezza che si fa sempre più stretta.
Eppure la possibilità di fare qualcosa di incisivo, con l'entrata nell'euro e con la drastica riduzione degli interessi sul debito pubblico, l'abbiamo avuta a suo tempo, ma l'abbiamo gettata alle ortiche.
 
Ed è successo perché fondamentalmente non crediamo negli elementi e nelle idee che fanno civile una nazione.
Non crediamo nella scienza, preferiamo gli astrologi e suoi derivati.
Non crediamo nella formazione, tanto che non investiamo nel modo giusto nella scuola.
Non crediamo nei giovani, abbiamo infatti la classe dirigente più vecchia d'Europa se non del mondo.
Non crediamo nell'etica in politica che consideriamo debolezza, infatti la facciamo gestire a chi è dotato di carisma personale, di cinismo e di opportunismo scambiandoli per capacità di leadership.
Infine, e soprattutto, non crediamo nella comunità che consideriamo come campo da razziare, valendo per noi solo l'eterno egoistico refrain del "tengo famiglia".
 
Se gli italiani hanno queste idee del mondo, non possiamo pretendere che la classe politica sia molto diversa.
Essa è l'espressione diretta dei nostri modelli mentali, effetto non causa dei nostri mali. I nostri rappresentanti cambieranno solo quando cambieremo modo di pensare.

I modelli mentali si creano in gioventù, sono legati strettamente alla formazione scolastica.
Volere il cambiamento di una società significa prima di tutto riformare il luogo e le attività della scuola.
Sfortunatamente una delle istituzioni più bistrattate è proprio quella scolastica, struttura progettata per i professori e non per gli studenti, spesso infestata di mediocri senza arte né parte, carrozzone in cui regna incontrastato il nepotismo, la mancanza di produttività, l'insofferenza per l'innovazione, l'impreparazione alla didattica, dove non si forgiano le nuove leve ma si progettano le loro future frustrazioni e dove quei pochi professori che si impegnano si sentono tutti i giorni presi in giro dai colleghi che sottovoce, insinuando, dicono loro: "ma chi te lo fa fare".
 
Per liberarci di questi fardelli dovremmo allora avere il coraggio di salvare almeno i nostri figli, investendo concretamente sulle generazioni future per cercare di farle passare, almeno loro, per la cruna dell'ago.

Leretico
 


Commenti:
ID38502 - 02/12/2013 09:25:21 - (Giacomino) - Ho letto e riletto

l'analisi di Leretico che mi ha fatto amaramente riflettere e convincere (se ce ne fosse ancora stato bisogno) la situazione di crisi nel nostro paese é soppratutto di tipo morale. Servirà a farci riflettere? Gli insegnamenti di Gesù sono soppratutto utili all'uomo alla sua vita sociale e coincidono con la prospettiva di salvezza eterna. Comunque bravo Leretico non ti conosco di persona ma sento che saresti un buon insegnante di filosofia e di etica.

ID38503 - 02/12/2013 09:45:41 - (Dolcestilnovo) - Cammello?

A me risulta che Gesu' si riferisse a una grossa gomena (greco kamilos) appunto impossibilitata a passare dalla cruna di un ago, quindi il cammello-animale non c'entra. Un po' come la storia del 'piantare in asso' che in realta' e' "piantare in Nasso", derivante dall'abbandono di Arianna da parte di quel cuore di pietra di Teseo sull'isola di Nasso.Non che queste cose facciano crescere il PIL...

ID38504 - 02/12/2013 09:55:00 - (Aldo Vaglia) -

Nel tuo bell'articolo riponi speranze in chi non ti puo' accontentare: la scuola riformata. La scuola marxianamente parlando puo' solo attingere dalla societa'. Una societa' in fermento e democratica fa bene alla scuola. Una societa' stagnante e pseudo dittatoriale non puo' che fare della scuola lo strumento di sudditanza per riproporsi uguale a se stessa. La scuola del ventennio ha formato la gioventu' fascista. La controriforma del post 68 ha contribuito a ricreare quei valori che sembravano spariti. Per capire meglio la portata di quanto e' accaduto non e' con l'ironia di Dario Fo' che ci si riesce, ma e' proprio cogliendo nel significato piu' profondo la frase di Tremonti : 'con la cultura non si mangia' che si capisce chi sta sopra e chi sta sotto tra economia e scuola. Solo da modelli economici diversi si puo' sperare in scuole diverse. Anche se il credere ai politici e' sempre un'impresa rischiosa, i due che oggi propongono modelli diversi sono Renzi e Grillo. Io non mi

ID38505 - 02/12/2013 09:59:31 - (Aldo Vaglia) -

appassiono ne' all'uno ne' all'altro, ma questo e' quanto passa il convento in tema di cambiamento. Chi ha coraggio e speranza giovane e a tempo per ricredersi li puo' votare.

ID38507 - 02/12/2013 10:33:26 - (sonia.c) - leggere questo articolo de leretico..

è come respirare aria pura...le parole chiare ,smascherano la malafede, del confuso (ad arte)cicaleccio politico- ( già! leretico è una gran persona! qualcosa mi dice che non è un caso..ma il frutto di una buona pianta...ma và?)

ID38511 - 02/12/2013 11:26:44 - (il grigio) - Gomena o cammello?

Apprezzo e condivido le riflessioni non aggiungendo altro. Potremmo comunque aprire un dibattito sul cammello che io credo fosse una gomena ... :-)

ID38512 - 02/12/2013 11:38:23 - (sonia.c) - forse ,dire cammello..

aveva un impatto maggiore,sull'immaginario?...in fabula...

ID38513 - 02/12/2013 11:40:23 - (sonia.c) - però ..

io preferisco discussioni sul messaggio..hihih (non mi piacciono questi segni "criptici"di simpatia-antipatia ..e se poi mi "sbalio" e capiscono fischi per fiaschi??

ID38514 - 02/12/2013 11:52:26 - (Dru) - Aforisma di Emanuele Severino

L'etica è una delle forme estreme della violenza, perché è l'amministrazione del divenire, in vista della realizzazione degli scopi che sono ritenuti adatti alla piena realizzazione dell'uomo.

ID38515 - 02/12/2013 12:12:37 - (Aldo Vaglia) - Correggo i miei errori

Due errori in due parole la frase e' : chi ha coraggio e speranza ed e' giovane, ha tempo per ricredersi , e li puo' votare.

ID38518 - 02/12/2013 13:16:57 - (sonia.c) - ok tutto è violenza..

e allora chi stabilisce che la mia violenza vale la pena di fermarla e la tua no? chi tira una bomba ,uccide. chi ferma quello che vuole tirare la bomba gli "usa "violenza.che 'famo? se non posso quantificare o fare differenze fra una sofferenza?(chi muore dilaniato chi vive dilaniato nell'anima)bè! quello che lancia la bomba può curarsi e non soffrire più. per l'altro:non c'è più niente da fare o violenza da rimediare..se questa è etica violenta",nel dubbio,preferisco questa violenza.se ho detto corbellerie "dicetemelo" prego.

ID38521 - 02/12/2013 14:28:26 - (sonia.c) - perchè? non si può applicare l'etica alla politica?

perchè l'etica è violenta e vuole "amministrare" il divenire con lo stesso sistema sbagliato della violenza ,uguale a quella violenta volontà di potenza della politica?

ID38522 - 02/12/2013 15:20:37 - (sonia.c) - Max Weber

parla di :politica "eticamente" responsabile..che i politici ci pensino bene ! ecco! dovrebbero essere più responsabili !hanno in mano il presente e il futuro di una nazione ,invece ,quando si dimettono ,lasciano le macerie e se ne vanno con gli elicotteri..

ID38524 - 02/12/2013 16:36:19 - (Dru) - No

Tutto ciò che si vuole ottenere, secondo ciò che significa ottenere all'interno del significato di volontà di potenza, é violenza, sia che si voglia ottenere il bene, e tutte le attività benefiche e salvifiche, sia che si voglia ottenere il male. Lascio a voi poi il definire bene e male, quale esso sia e soprattutto vi invito a definire etica.

ID38533 - 02/12/2013 18:56:42 - (Capitano) - Aldo Vaglia diamo i consigli giusti.. :)

chi ha coraggio e speranza ed e' giovane............. se ne vada dall'Italia!!!! Avrà tempo per ricredersi ed eventualmente pensare di tornare. E intanto da là li puo' votare.

ID38537 - 02/12/2013 19:49:40 - (Aldo Vaglia) - Gaber e 'la nostra generazione ha perso'

Tu Sonia sei giovane, ma noi che la nostra generazione ha fallito siamo stati capaci di farcelo cantare e suonare da uno di noi, che per la pace in famiglia ha dovuto abiurare, ma che e' sempre rimasto nei nostri cuori. Noi sappiamo fino dagli anni '80 che quel movimento rivoluzionario che e' stato il '68 aveva perso per opera di chi, come direbbe Renzi, ha la puzza sotto il naso e che Pasolini aveva gia' battezzato con: i figli del popolo stanno da un'altra parte. Queste cose ce le possiamo raccontare noi che c'eravamo e che ci abbiamo provato. Il farcele rinfacciare da bamboccioni o nuovi figli della lupa, che dalle sottane non si sono ancora emancipati, e che pretenderebbero di scalzare i vecchi a piagnistei, piu' che ridicolo e' stucchevole. Le condizioni di crisi sono peggiori di quelle che abbiamo trovato noi a 20 anni, la ribellione all'autorita' ha riguardato tutta la societa' dai giovani ai vecchi dai padri ai figli alle donne alla scuola. Tutto dopo il '68 non e' piu' stato

ID38538 - 02/12/2013 19:54:26 - (Aldo Vaglia) -

come prima. Alle rivoluzioni seguono sempre le restaurazioni che riportano il pendolo dall'altra parte, a volte piu' indietro. La restaurazione non e' ancora finita. Cambiare e progredire non e' facile come twittare.

ID38541 - 02/12/2013 20:15:03 - (sonia.c) - cambiare e progredire...già..

...il pendolo dall'altra parte.a volte più indietro..io non ce li ho gli attributi! quindi signori uomini..toccatevi!..baci al signor Vaglia..

ID38542 - 02/12/2013 20:53:33 - (bernardofreddi) -

Quiz: cos'hanno in comune la scuola e la politica?

ID38545 - 02/12/2013 21:56:36 - (sonia.c) - prof.rispondo io..

contribuiscono a formare la società? (azzz iosperiamochemelacavo...)

ID38548 - 03/12/2013 08:28:00 - (Leretico) - La scuola e la politica

Non dovrebbero essere in relazione. Purtroppo non è stato così, e gli studenti di una volta sono diventati i professori di oggi. E la società è diventata quello che è oggi. E l'italia decadente ne è l'aspetto più evidente.

ID38550 - 03/12/2013 09:03:59 - (sonia.c) - una scuola che educhi alla libertà?

si!dovrebbe essere cosi!in uno stato veramente laico. un professore che non influisca con il suo pensiero-orientamento politico è possibile? come si può pensare di non influire anche in minima a parte sugli altri? anche tu influisci! anche tu,indichi con i tuoi argomenti ,con il tuo modo di esporre i tuoi pensieri,il tuo "orientamento"..sbaglio?

ID38552 - 03/12/2013 09:22:18 - (Aldo Vaglia) - Il quiz di Freddi

Il paradosso che i nipotini di Marx non sappiano dare risposte a semplici quesiti di 'vero e falso' e' trattato nel film di Hofer e Ragazzi sulle primarie tra Renzi e Bersani. In 'What is Left' la conduttrice, in tenuta da armata rossa, interroga i due concorrenti con domande secche, che riguardano la societa', senza mai ottenere una risposta. Il paradosso l'aveva gia' spiegato Sciascia: i cretini di sinistra sono quelli che vogliono problematizzare tutto. Eppure la risposta, che non verra' mai data da questa sinistra, su politica e scuola, e' marxianamente semplice: sono entrambe sovrastrutture dell'economia e pertanto una e' complementare all'altra.

ID38554 - 03/12/2013 09:50:19 - (Leretico) - il circuito scuola politica

Sembra che veramente scuola e poltica costituiscano un circuito in cui una influenza l'altra e viceversa. Sta di fatto però che l'evoluzione di questo circuito dinamico ha prodotto risultati negativi. Credo che la tendenza possa essere cambiata, ossia che il circuito possa ritornare a produrre risultati positivi. Bisogna intervenire però su alcuni punti di leva: uno di questi è l'uso delle risorse, il secondo è la valutazione della qualità e della produttività degli insegnanti. Finché l'impostazione sarà quella attuale, ossia che vale il pezzo di carta per definire il ruolo, non si andrà da nessuna parte. Finché si insisterà ad adottare criteri ideologici per rispondere a problemi concreti, non potremo che constatare la decadenza che avanza. Finchè il tutore della scuola, lo stato, sarà gestito dagli stessi che tutelano i professori, i sindacati, gli studenti non potranno che rimetterci.

ID38556 - 03/12/2013 10:28:13 - (Aldo Vaglia) - La scuola e la politica

Condivido quasi totalmente quello che spiega Leretico a cui manca pero' l'ultimo tassello. Vogliamo una scuola del popolo, che elevi il popolo, una scuola dell'uguaglianza che metta tutti sullo stesso piano di partenza e giudichi secondo i meriti che si acqusiscono e non sui privilegi di classe? (se non piace la parola classe si usi: corporazione, casta, reddito...) O una scuola di serie A per chi dovra' comandare e una di serie B per chi dovra' lavorare e che non crei ascensori sociali che disturbino lo 'Status Quo'? Questa e' la risposta che solo il modello economico puo' dare. Sono le strutture che contano, abbellire gli edifici e' esteticamente importante, ma lascia invariato il problema di fondo.

ID38568 - 03/12/2013 12:05:13 - (Dru) - Mezzo e scopo

Se nella scuola il fine é l'istruzione, allora lo stipendio ai professori é il mezzo che consente la realizzazione di una scuola dell'istruzione. Se nella scuola il fine é lo stipendio ai professori, allora l'istruzione é il mezzo che consente la realizzazione di una scuola degli stipendi. Ai più l'azione scuola e il suo significato, il suo essere , nell'ambiguità del rapporto tra mezzo e fine, potrà sembrare il medesimo, ma ciò che definisce un'azione é lo scopo prefisso e se lo scopo non é l'istruzione ma é lo stipendio, allora la scuola non é dell'istruzione, ma dello stipendio. Come intelligentemente Aldo faceva notare sui rifiuti che, cambiato nome, cambiano d'aspetto, con la scuola dell'istruzione veniamo ingannati. Se dovessimo chiamarla, definirla per quello che é effettivamente, se la chiamassimo "scuola dello stipendio", faremmo verità, che è il bene sommo.

ID38569 - 03/12/2013 12:16:49 - (Dru) - Se il fine...

... è quello di stipendiare il laureati in francese allora la lingua ritenuta ormai inutile rimane nel programma scolastico; se il fine è quello di rendere le nuove generazioni competitive per ciò che concerne lo strumento più potente e vicino alla verità,e cioè la lingua, allora, la lingua ormai inutile come il francese viene soppressa dal programma. Certe evidenze ci sfuggono, rimanendo nell'ambiguità, terreno fertile per ogni credo, perché non siamo allenati a vederne i fondamenti.

ID38570 - 03/12/2013 13:06:18 - (Aldo Vaglia) -

La semantica, come ci indicava Leretico in un suo commento, non e' un palloncino da gonfiare di belle parole. 'Le parole sono pietre' di Carlo Levi o 'le parole sono importanti' di Nanni Moretti a cui abbiamo fatto riferimento in un articolo sul giornale, ci spingono alla ricerca del loro significato. Ed e' cosi' soprattutto per la scuola. Insegnare, educare, istruire, formare, pur non essendo terminologie contrapposte, sottendono ideologie diverse. A seconda di come si calchi la mano su uno o sull'altro dei termini, si hanno modalit diverse anche nell'apprendimento.

ID38574 - 03/12/2013 14:01:04 - (Leretico) - Il rapporto scuola politca

Negli anni settanta del secolo scorso vigeva questo pensiero lineare: la formazione scolastica dà accesso al lavoro, l'istruito fa certi lavori con alte retribuzioni, il non istruito l'operaio o il contadino. La mobilità sociale, ossia il passaggio da una classe reddituale e sociale all'altra derivava dall'accesso all'istruzione. Da questo concetto ne è derivata una strategia precisa da parte della sinistra di quegli anni e da lì in poi. Oggi l'equazione studi elevati stipendi elevati non funziona più. Quindi tutto il concetto di mobilità sociale attraverso lo studio non è più valido. Una certa politica che aveva intravisto nel dare a tutti la possibilità di accedere agli studi indipendentemente dal censo il mezzo di trasformazione positiva della società, si è trasformata in seguito in mezzo per dominare la società attraverso l'indottrinamento. Oggi si insegna con gli stessi modelli ormai superati, ma

ID38575 - 03/12/2013 14:11:54 - (Leretico) - continua

con uno svantaggio in più, la scuola, come dice Dru, è diventata un luogo dove dare uno stipendio socialmente utile, ossia dove abbassare la tensione sociale che la disoccupazione potrebbe creare. Il reddito di cittadinanza si sta già pagando attraverso la scuola. Invece si dovrebbe tornare al concetto di formazione non per uno scopo politico, industriale, tecnico definito, ma per dare una forma, appunto, alle menti aperte dei giovani, coltivare il loro senso critico così come fa la filosofia per chi cerca la verità. Facciamo un esempio: la storia. Fino a qualche tempo fa i libri di storia venivano riscritti in relazione al potere dominante. Fatti storici incontestabili non trovavano menzione mentre altri inventati ne prendevano il posto. Questo metodo è contro la scuola, il senso critico, la ricerca della verità. È contro lo sviluppo della società. Stesso valga per la letteratura. Alcuni autori emarginati nonostante il

ID38576 - 03/12/2013 14:15:34 - (Leretico) - continua

loro valore. E non parliamo della scienza, sempre bistrattata e vituperata, tanto che in italia oggi qualsiasi progresso tecnico, attuato in opere di impatto pubblico, viene puntualmente osteggiato dagli anti-qualcosa di turno. Insomma auspico un ritorno alla formazione indipendente, soprattutto dalla politica.

ID38577 - 03/12/2013 14:45:48 - (Dolcestilnovo) -

Tutto giusto Leretico, ma non si parli di "produttivita'" dei professori per cortesia. Mi sembra un concetto lontano da quello che i professori devono fare.

ID38584 - 03/12/2013 16:55:05 - (Dru) - che brutta parola, "produttività"

Eppure ogni nostro "fare", "dire", "consumare" ne deriva a tal punto che Marx deve trovarne un posto d'onore nell'olimpo delle categorie interne al fluire storico degli enti, la parte che necessariamente è unita al tutto sincronico, un suo elemento dirimente. Per quale motivo gli insegnanti non dovrebbero mostrarsi produttivi ? Poiesis i greci definivano la produttività, solo la mollezza creata (produzione appunto) dal tempo ha trasformato la potente Poiesis nella sdolcinata poesia.

ID38632 - 04/12/2013 15:31:56 - (bernardofreddi) -

Tutti esperti di pubblica istruzione qui ...

ID38634 - 04/12/2013 19:09:45 - (Dru) - Quale pubblica istruzione?

ah, si, lei vuol dire pubblica distruzione.

ID38648 - 05/12/2013 12:26:49 - (Dru) - A proposito di produzione Bernardofreddi lei voleva escluderene gli insegnanti ?

ID37911 - 15/11/2013 14:22:33 (Dru) ll realismo pone come inessenziale all'esistenza (=produzione) del mondo il pensiero che é parte del mondo ma è parte inessenziale di esso. il Razionalismo mostra che nell'esistenza del pensiero vi é essenza e come tale il pensiero da passivo diventa attivo nella produzione oggettiva del mondo.L'idealismo sostiene, come dici tu, che il mondo è pensato (= prodotto).Quello che critica Severino, e che io accetto come critica, é il senso proprio della produzione all'interno di queste correnti di pensiero metafisiche. La Tecnica é strumento per l'uomo all'interno del senso che la metafisica pone del prodotto come voluto, cioé come il divenire altro delle cose che dalla vita divengono morte, cioé del mortale e il suo di senso, il senso nichilista appunto. (da Tolleranza zero di Aldo Vaglia)

ID38649 - 05/12/2013 13:38:16 - (Dru) - Se vuole davvero guardare all'errore, allora

...deve scavarne il fondamento e, solamente dopo vedere che, se ogni oggetto é il prodotto di qualche altro oggetto ( divenire altro o semplicemente il divenire), cercare di escluderne l'oggetto " insegnante" è un atto metafisico degli immutabili dell'episteme alla stregua del super ente Dio. Sarebbe, l'insegnante, quel super ente che, isolato, è l'eterno, è il non coinvolto dalle faccende terrene, quelle faccende che sono il divenire di ogni sua cosa (poiché eterno significa non diveniente dal nulla e non andante nel nulla come d'altra parte vorrebbe il significato di produzione ne contesto metafisico appunto).Quando lei supplica Leretico a che non coinvolga anche la categoria degli insegnanti nella parola "produzione", vuole qualche cosa che nella volontà di potenza originaria, la volontà che vuole che l'ente oscilli tra l'essere e il niente, gli si oppone, la nega, il suo è un richiamo ai valori di un tempo.

ID38651 - 05/12/2013 13:51:26 - (Dru) - Ma per opporvisi realmente, per essere davvero negazione e non autonegazione

l'errore va visto per quello che è e non per quello che si vorrebbe che fosse.Ogni volere, dato che violenza è volontà che vuole l'impossibile e ogni volontà che vuole l'impossibile è ogni volontà che vuole le cose altro da sé, l'impossibile appunto, è volontà di violenza. Ogni atto (anche quello caritatevole)che vuole l'impossibile è violenza, anche il suo, che cercava, all'interno della coerenza nichilista, di fermare e affermare il significato insegnate come eterno perché non produce e quindi fuori dal contesto storico in cui si trova, è violenza.

ID38653 - 05/12/2013 14:19:39 - (Dru) - Allora, se vogliamo guardare negli occhi l'errore,...

ogni insegnante è chiamato, all'interno della logica moderna, a produrre. Gli insegnanti non produttivi sono insegnanti privi di significato, cioè privi di quell'essere che appunto è originato dal nulla e diviene nulla, la produzione di enti appunto. Questo argomentare intorno al termine produzione è qui suscitato da Dolcestinovo e non da Bernardofreddi.

ID38655 - 05/12/2013 15:29:36 - (Aldo Vaglia) - Per Bernardo Freddi

Non so che lavoro tu faccia, credo pero' che nel tuo campo ti puoi considerare un esperto. Ho insegnato 36 anni, forse qualche competenza l'ho acquisita anch'io.

ID38657 - 05/12/2013 18:23:05 - (Dru) - Beh, Aldo e freddi

O chi come alunno o chi come insegnante, la scuola non è come il calcio per cui si possa dire che è falso chi si definisce un esperto anche se non lo abbia praticato

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16/09/2022

Elezioni: il fattore C e il fattore R

Due fattori saranno determinanti nelle elezioni politiche italiane in programma il prossimo 25 settembre: la credibilità (fattore C) e l’influenza della Russia (fattore R).

12/04/2022

L'anatra e il coniglio

La guerra in Ucraina dura ormai da molte settimane e dopo un primo attimo di sbandamento, l’Europa, per la prima volta dopo molto tempo, con determinazione e unità, ha agito contro l’invasore

14/02/2022

Ucraina: venti di guerra

La sensazione, in Occidente, è che la guerra in Ucraina ci sarà. E come al solito la verità è un po’ più complicata di quella dipinta dai media e dalla propaganda

23/11/2021

Il Grande Semplificatore

Nella letteratura ci sono due figure a cui possiamo guardare con una sottile inquietudine. Si tratta del Grande Inquisitore, che compare proprio all’inizio de “I fratelli Karamazov” di Dostoevskij e del Grande Fratello, enigmatico e terribile personaggio di “1984” di George Orwell