13 Giugno 2011, 08.38
Pillole di Psicologia

Adolescenti e alcol

di red.

In pochi anni è più che raddoppiato il consumo di alcol nella fascia più giovane, quella dai 14 ai 17 anni. Alcune possibili risposte al fenomeno.

L'alcol sta diventando sempre di più il grande protagonista del sabato sera dei ragazzini.
E le cifre sono preoccupanti.
Il 13% dei quindicenni dichiara di essersi sbronzato almeno 20 volte nella sua vita.
Le ragazze sono in forte rimonta in questa preoccupante classifica, e le quindicenni femmine bevono più dei coetanei maschi.
Il dottor Paolo Marzorati, medico e psicoterapeuta, esperto in medicina delle dipendenze risponde alle domande sul rapporto tra alcol e adolescenti.
 
- Perché è esplosa l'emergenza-alcol degli adolescenti? Cosa è cambiato rispetto alle generazioni precedenti?
Ci sono tre elementi preoccupanti nel bere degli adolescenti.
In primo luogo il fatto che lo considerino un comportamento normale, non trasgressivo.
Fino a pochi anni fa le persone che bevevano abitualmente erano viste come emarginati di cui avere pena, oggi, per i giovani, il bere si è accreditato come fenomeno di moda, ricercato, immagine di socialità e successo.
 
Un altro aspetto è il fatto che si beva smodatamente: non c'è il gusto per il singolo bicchiere, ma la ricerca dello sballo.
E il terzo elemento, il più inquietante, è che l'alcol è ormai la sostanza di ingresso nel mondo delle droghe.
Il consumo di alcol si accompagna spesso a quello di ecstasy, cannabis, cocaina e questo avviene più facilmente nei luoghi di aggregazione, come le discoteche.
 
- Che cosa cercano gli adolescenti, perché vogliono" sballare"?
Viviamo in una società che non sa cogliere e valorizzare l'energia e la creatività dei giovani.
È l'epoca delle passioni tristi e spente, della mancanza di prospettive.
"Lo sballo" compensa, annullando i pensieri, offrendo sensazioni di socializzazione non raggiungibile in altri modi, aiutando a "perdere il controllo", cosa che rimette in contatto col mondo delle emozioni.
 
- I genitori hanno la possibilità di accorgersene?
I genitori sono spesso gli ultimi a rendersi conto del fenomeno.
I ragazzini che bevono il sabato sera, e il giorno dopo ne portano i segni evidenti, si fermano a dormire a casa di amici, o lo fanno quando i genitori sono via per il week end.
Prendono tutte le precauzioni perché padre e madre non si accorgano di niente.
 
- Eppure ci saranno dei segnali cui fare attenzione...
Uno dei più significativi, e sottovalutato, è proprio il fatto di non dormire a casa il sabato sera.
Se la cosa si ripete costantemente, è indispensabile controllare.
Anche il fatto di dormire troppo a lungo la domenica non va preso sottogamba: i genitori ormai non ci fanno più caso, perché la notte del sabato finisce spesso alle 6 del mattino.
La domenica è bene fare un silenzioso check-up, controllare se mangia, se ha vomito o diarrea, se i gesti sono sicuri o poco coordinati, se l'umore è irritabile,  scontroso, se c'è chiusura e poca voglia di concentrarsi.
 
- C'è un modo per "prevenire" il rischio-alcol?
Sì, è la condivisione dei sentimenti.
I genitori oggi danno molto in termini materiali, offrono oggetti, svaghi, stimoli culturali.
Ma non sempre riescono ad avere vicinanza coi figli.
E i figli oggi ne hanno più bisogno che mai.
Questa generazione è consapevole del fatto che per loro è quasi impossibile costruirsi un futuro senza l'aiuto dei genitori, cosa che fino a pochi anni fa era meno scontata.
L'istinto all'indipendenza dei ragazzi deve fare i conti con l'inevitabile dipendenza.
Per questo hanno bisogno di sentire vicini i genitori.
 
- Cosa significa stare vicino a un figlio?
È la comunicazione di cui si parla tanto, ma spesso se ne fraintendono i termini.
Comunicare con un figlio è dare spazio di ascolto.
Non è subissarlo di parole, ma saperlo ascoltare.
Quando parla e quando tace, perché non solo le parole portano messaggi, ma i comportamenti, i silenzi, gli umori.
 
Da www.riza.it
 


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