04 Febbraio 2015, 08.00
Pertica Alta
Carnevale

Le maschere alla conquista di Livemmo

di Redazione

Sabato e domenica il primo assaggio con la tradizione con le tipiche maschere "doppie" dello storico Carnevale di Livemmo


A Livemmo di Pertica Alta i preparativi fremono, i "Maschèr" già scalpitano all'idea di scatenarsi in infinite "matulade". Stiamo parlando dell'evento più atteso di tutto l'anno solare per i livemmesi. Non è solo una tradizione da conservare, ma è molto di più: un sentimento popolare che si tramanda di generazione in generazione.

Finalmente anche quest'anno il tempo di carnevale è giunto e il 7 e l'8 febbraio l'Omasì dal Zerlo e la Vècia dal Val, le tipiche maschere doppie, scorrazzeranno vorticosamente per le vie del paese, facendo ritornare indietro nel tempo i paesani e tutti i convenuti. Quella del borgo perticarolo è una festa secolare che affonda le proprie radici in un mondo antico, semplice ed essenzialità, che nella goliardica riproposizione vede le maschere ispirarsi alla vita contadina, fatta di povertà, di abbandono e di esclusione sociale, condizioni che affliggevano le zone non sviluppate socio-economicamente. I primi festeggiamenti si svolgevano nelle cascine del luogo, nel passato infatti, le stalle fungevano da veri e propri centri di aggregazione. Proprio questo spirito è alla della nascita delle maschere.

Come in ogni carnevale, è importante salvaguardare l'identità della persona che interpreta il travestimento, anche a Livemmo questo segreto è celato dietro il mistero dello schema portato-portatore. Le maschere tradizionali, principalmente tre, portano in piazza la ribellione verso uno stato generazionale a classi sociali chiuse prive di una prospettiva futura, costituite da umili rapporti servili di totale sottomissione, come quella femminile. Tale ultima circostanza è rappresentata dalla "Vècia del Val", la vecchia con il cesto per il setaccio delle graminacee; la donna, porta, comodamente seduto nel detto cesto, il suo uomo. L'uomo privilegiato, la donna asservita; l'uno dedito alla vita sociale, l'altra dedita al lavoro.

Nei giorni carnevaleschi va in scena la "ribellione" promossa dall'uomo, che si traveste da donna riconoscendo la contraddittorietà di questa vita quotidiana. Lo spettatore viene ingannato dall'ingegnoso sistema di travestimento dei due individui, una persona e un fantoccio? Oppure due persone? La medesima peculiarità riappare nelle altre due maschere, il "Doppio" gigante dal doppio volto e dalle scarpe ("sgalber") doppie, uguali sia davanti che dietro, con il suo ambiguo e uniforme incedere evidenzia la contraddizione che è in ognuno. esso rappresenta lo smarrimento delle persone e soprattutto dei giovani disorientati e privi di entusiasmo, negli anni '60, in seguito all'evoluzione economica. Mentre la terza maschera è "l'Omasì dal Zérlo" (l'uomo dal gerlo), è di stretta origine contadina. Anche qui le due "maschere-individui" si compenetrano fino all'indecifrabile, ponendo all'attenzione degli spettatori sempre due figure d'uomo: un contadino trasporta nel gerlo un altro contadino.

Nelle antiche comunità agricole montane, il contadino era chi lavorava la terra per produrre graminacee per uso familiare e una ridotta quantità di fieno che poi avrebbe venduto al contadino che possedeva la mandria, il mandriano. In base dell'annata abbondante o meno di fieno (con la conseguenza dell'oscillazione del prezzo dello stesso) l'uno sentiva di prevalere sull'altro, determinando anche la sudditanza tra i due, nella carnevalesca finzione, il perdente annuale "trasportava" nella "gerla" il temporaneo vincitore. Lo zerlo e il val, inoltre, non erano utilizzati unicamente per i lavori dei campi, ma anche per trasportare il minerale di ferro, la lavorazione del ferro nel medioevo era l'attività più significativa praticata in paese. Attorno a queste tre maschere, pullulano una serie di personaggi della vita quotidiana: il dottore, le suore molto irriverenti, il diavolo, "l'osèladur", il prete, la strega; donne e uomini vestiti con abiti della tradizione: scialli, panciotti, camicette in pizzo, mutandoni, mantelli, vecchi foulard.

Così, fra zufoli e zoccoli, il carnevale livemmese con tutto il suo gruppo di commedianti, anche per il 2015, vi attende numerosi, sabato 7 febbraio alle 19, nella piazza centrale con la sfilata dei Maschèr e domenica 8 febbraio alle 14.30, sempre nella piazza centrale, con la sfilata delle maschere tipiche, per trascorrere insieme indimenticabili giornate di travolgente divertimento. All'allegro ricorrenza viene affiancata la rievocazione di mestieri artigianali e manuali che vanno scomparendo; spazi dedicati ai prodotti tipici della zona.




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