31 Gennaio 2010, 12.00
Odolo O
Racconti di viaggio

Nello Yemen: fra gente armata e foglie di qat

Pubblichiamo volentieri il racconto di Nicola Bianco Speroni, nel quale riassume alcune sensazioni vissute in occasione di un recente viaggio in medio oriente.

 
Era stato il mio autista incontrandomi la mattina presto all'uscita dall'hotel ad informarmi che tre ragazzi italiani cercavano un posto dove poter consumare la colazione.
La curiosità di sapere cosa ci facessero tre giovani italiani a Sana'a, antica città della Regina di Saba e attuale capitale della Repubblica dello Yemen, mi spinse a raggiungerli all'interno del locale indicato, ma fu sufficiente uno sguardo da lontano per rendermi conto che vi era qualcosa di sospetto: il fisico imponente, la carnagione eccessivamente chiara come i capelli non rivelavano certo una origine latina.
 
In effetti fu presto chiaro che si trattava di giovani americani, studenti di una università del mid-west, appassionati di cultura e storia araba, in viaggio di studio.
Erano giunti in Yemen passando dall'Egitto per evitare il divieto imposto dalla madrepatria ai propri cittadini di recarsi nel Paese arabico e di buon grado avevano accolto il suggerimento di dichiararsi italiani per maggiore garanzia di sicurezza e ospitalità.
 
Contrariamente agli altri cittadini europei che hanno da tempo escluso lo Yemen dalle proprie destinazioni di viaggio, gli italiani infatti, notoriamente meno rispettosi delle indicazioni date dal proprio Paese, rappresentano la presenza turistica occidentale più consistente nello Yemen.
Non è raro quindi incontrare per le strade di Sana'a persone che ti rivolgono alcune parole in italiano: saluti, espressione di benvenuto e di buona ospitalità.
Espressioni apprese certamente dai turisti ma corrette poi grazie alla cospicua presenza in città di lavoratori somali - fuggiti dal vicino Paese che da oltre vent'anni è senza Governo ed in preda ad una guerra fratricida - e che possono vantare una buona conoscenza dell'idioma del Bel Paese.

Sgraditi gli americani, grande rispetto per la Cina
Gli americani no, non sono i benvenuti e tutti sono concordi nell’inchiodare la potenza USA alle proprie responsabilità vere o presunte: imperialismo, uso della forza, furto di petrolio e di risorse naturali, ingerenza politica, proselitismo religioso e lotta all'islam.
Una ostilità quella dello Yemen nei confronti degli Stati Uniti che ha radici lontane, come da lontano viene la diffusa cultura di sospetto e rifiuto della miscredente modernità occidentale, ma che ha trovato un'occasione di scontro diretto nella prima guerra del Golfo, quando lo Yemen, invocando la solidarietà islamica prevista dal Corano in caso di attacco a un paese mussulmano da parte di un paese non mussulmano, si schierò a fianco dell'Iraq.
Un’ostilità ancora fortemente radicata tra la popolazione anche se il Governo, obtorto collo, ha aderito da qualche tempo alla strategia di lotta al terrorismo proposta dagli americani, una adesione ottenuta a suon di miliardi di investimenti americani e solo dopo l’espulsione di circa 1 milione di lavoratori yemeniti dall’Arabia Saudita, alleato forte degli Stati Uniti.
 
Grande rispetto si respira invece per la potenza antagonista degli States, la Cina che a fronte del “modesto” permesso a commerciare i propri prodotti nel Paese offre ogni poco un nuovo viadotto per il congestionato traffico della capitale in espansione. Sana’a, con un tasso del 3,5% è infatti la prima capitale al Mondo per incremento demografico.
Lo Yemen è il Paese della famiglia Benladen, un Paese grande quanto la Francia ed abitato da poco più di 20 milioni di abitanti sparsi in villaggi arroccati nelle valli e sulle montagne dove spesso non esiste neppure una strada di accesso.
 
Soprattutto petrolio
Il petrolio estratto dai pozzi yemeniti, certamente non confrontabile con i quantitativi dei ben più ricchi cugini degli emirati, è sufficiente però per occupare circa il 75 per cento della popolazione attiva (degli uomini cioè, poiché le donne non sono considerate forza lavoro al di fuori delle attività famigliari) nell’esercito e sostenere la settima spesa militare al Mondo, subito dopo le grandi potenze.
Una scelta che rappresenta una garanzia di continuità di mandato per il Governo: il Presidente Ali Abdullah Saleh è in carica da trent’anni ed il figlio poco più che trentenne è già Generale comandante delle Forze Armate, ma che dovrebbe garantire anche l’unità del Paese.
Lo Yemen è infatti una repubblica di recente costituzione, nata nel 1990, dall’unione dello Yemen del Nord, più ricco e sviluppato e dallo Yemen del Sud, più povero e meno sviluppato, unico Paese arabo ad aver sperimentato il socialismo reale supportato dall’Unione Sovietica.

Figli della propria storia
Una divisione che affonda le radici nella notte dei tempi quando il Nord era governato dall’ Imam, Ahmad fu l’ultimo potente regnante, assassinato nel 1962 e dal Sud dove regnava il Sultano di Aden.
Oggi questa unione è ancora motivo di scontri violentissimi, in particolare da parte delle tribù del Nord che non accettano l’invadenza del potere governativo centrale.
Per il Governo è sempre più difficile sostenere il conflitto poiché anche i soldati inviati sul fronte del Nord sono più propensi a solidarizzare con i ribelli piuttosto che contrastarli, tant’è che da oltre 20 giorni sul far della sera il cielo è rotto ogni mezz’ora dal rombo di coppie di caccia sauditi che partendo dall’aeroporto civile di Sana’a, dalla stessa pista dove atterrano gli aerei passeggeri, sono stati ingaggiati per bombardare i villaggi del Nord.
 
Quali siano i risultati di queste incursioni non è dato sapere ma tra la gente in città si racconta di molti morti, intere famiglie, donne e bambini.
Il nostro Ambasciatore Mario Boffo che incontro in hotel dove è in compagnia dei famigliari che gli hanno fatto visita per le feste natalizie mi confida che sono molto preoccupati per le possibili ritorsioni. E’ quasi certo infatti che i ribelli del Nord cercheranno la vendetta in città con qualche azione destabilizzante.
Anche i quattro carabinieri di scorta all’Ambasciatore sono particolarmente tesi, la situazione va sempre peggiorando e gli spostamenti cercano di ridurli all’indispensabile.

Ogni casa un arsenale
Di armi in giro se ne vedono molte, è profondamente insito nella cultura yemenita il loro culto e non vi è Paese al Mondo in cui sia più libero e normale il commercio anche dei pezzi pesanti.
Ogni famiglia custodisce in casa un piccolo arsenale anche di esplosivi e non vi è uomo di livello sociale appena riconoscibile che non esibisca il vistoso pugnale jambiya, la pistola o il classico kalashnikov a tracolla.
I villaggi arroccati sulle montagne e protetti da possenti mura di roccia rendono ragione di una storia travagliata fatta da scontri tribali perpetuatisi nei secoli e da una convivenza impostata sulla forza.
 
Non è possibile attraversare le suggestive vallate dello Yemen senza immaginare che per secoli e forse ancora oggi, dietro ogni roccia può essere appostato un uomo armato pronto a colpire.
Ma agli occhi del turista italiano gli yemeniti appaiono tutt’altro che bellicosi, più propensi al dialogo, curiosi e affascinati dalle nostre rappresentati femminili per le quali nutrono sentimenti entusiastici anche se non propriamente cavallereschi.
La diffusa emancipazione e l’abbigliamento disinvolto delle nostre donne sono tutto sommato piuttosto accettate, trattandosi di non mussulmane, ma lasciano loro comunque intendere e immaginare una certa facilità di costumi.
 
Percezioni pomeridiane
Nel primo pomeriggio poi per ogni uomo, ragazzo e bambino (e mi dicono privatamente anche per molte donne) comincia il quotidiano rituale del qat, le foglie che masticate e ruminate in bocca fino a sera producono uno stato di relax, una distensione delle percezioni spazio temporali riducendo le necessità fisiche a tutto vantaggio di un diffuso stato di benessere.
La coltivazione di questa pianta negli ultimi trent’anni si è diffusa rapidamente nella regione della capitale fino a scardinare del tutto la tradizionale coltivazione del caffè, un danno economico rilevante per l’economia yemenita al quale si aggiunge il danno grave rappresentato dal commercio delle preziose foglie sul bilancio famigliare poiché per l’uso quotidiano si arriva a bruciare anche il 70% del salario mensile.
 
Per il resto non si ha notizia, neppure tra i connazionali, di reati compiuti a danno degli stranieri.
Il controllo del territorio è fatto direttamente anche dagli abitanti stessi, che non esitano a scatenare la crudele punizione islamica contro coloro che vengono colti a compiere un furto.
In città poi la raccomandazione in caso di bisogno è quella di rivolgersi direttamente ai tassisti, piuttosto numerosi, che sono tutti poliziotti in borghese.
 
 
Nicola Bianco Speroni
 
 


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