Odolo inaugurerà a primavera la fucina-museo

Per arrivare al «prodotto finito» è stato necessario affrontare lunghi e complessi lavori che, per di più, sono stati ritardati da problemi inattesi (e ora risolti). Ma adesso, finalmente, anche Odolo ha saputo salvare un importante esempio di archeologia industriale per trasformarlo, col «Progetto Pamparane» ormai concluso, in un Museo del ferro. In sintesi, una antica officina metallurgica sta per diventare un sito museale di grande interesse.Odolo, inutile sottolinearlo, ha un anima di ferro. Le sue radici sono tutte nel faticoso lavoro delle fucine, diventate poi il motore di tutta l’elettrosiderurgia moderna, che esplose durante il boom economico.

Gli antichi magli (ad eccezione di «Butighe», che ha chiuso i battenti solo a ottobre 2003), hanno smesso di battere ferro già dagli anni Cinquanta del secolo scorso. E l’antica produzione di zappe, vanghe e badili è stata sostituita dalle verghe per il cemento armato.

«L’apertura al pubblico del Museo del ferro - spiega l’assessore odolese ai Lavori pubblici Giovanni Costanzi - avverrà a primavera. Per arrivarci abbiamo dovuto restaurare a fondo la fucina di Pamparane. Si è ricostruito l’originario canale di deflusso delle acque e sono state deviate, con la costruzione di un nuovo tronco fognario, le acque nere che prima confluivano qui. Sono poi stati restaurati a regola d’arte e rimessi in funzione, i magli e le relative attrezzature, ed è stata ricostruita anche la tromba idroeolica. Il tutto con l’esperto gruppo di lavoro creato appositamente, costituito da ex maestranze di fucina guidate dall’ultimo "maester" di Odolo, Renato Zola, che ha lavorato al maglio fino al 2003».

Col completamento delle passerelle interne destinate ai visitatori, con le finiture e gli allestimenti, l’operazione è ora conclusa. È costata circa 450 mila euro, un terzo circa dei quali coperto da contributi vari. «Col primo lotto di lavori si era ripulita la fucina dal fango e dal degrado dovuti a 20 anni di abbandono; ed è stato messo in sicurezza lo stabile. Ora, con l’approntamento degli impianti tecnici e di illuminazione, il Museo del ferro si può dire pronto».

Il progetto prevedeva la realizzazione di un percorso sopraelevato che consenta di percorrere dall’alto l’intera officina: dai magli (piccolo e grande: uno rimarrà statico, mentre l’altro funzionerà regolarmente) alla tromba idroeolica: uno strumento che permetteva di produrre energia con l’azione combinata di acqua e vento. Dal «bollitore» (nel quale era riscaldato il metallo da fondere) alla mola.

Insomma, si è dato vita a un percorso capace di raccontare la storia delle lavorazioni minerarie e metallurgiche di Odolo (una località che nell’800 commerciava materiali ferrosi con tutta l’Italia), ma anche di ricordare il grande sviluppo verificatosi dopo la Seconda guerra mondiale. Una esplosione che ha fatto di questa cittadina un caso di portata nazionale.

Massimo Pasinetti
Da Bresciaoggi