11 Aprile 2007, 00.00
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Energia e Acciaio

I siderugici vogliono la centrale di Offlaga

La centrale di Offlaga s’ha da fare. Lo impongono i costi altissimi dell’energia (i più alti d’Europa) che gli industriali bresciani devono sopportare.

La centrale di Offlaga s’ha da fare. Lo impongono i costi altissimi dell’energia (i più alti d’Europa) che gli industriali bresciani devono sopportare.

E’ l’appello lanciato ieri dall’«ultimo piano» dell’Associazione Industriale Bresciana ai politici regionali (la cui giunta deve decidere sul definitivo «si» o «no» all’impianto dando seguito alla conferenza dei servizi aperta il 27 febbraio a Roma) da Gianpaolo Mora (presidente Seb), da Giuseppe Pasini (presidente Federacciai e Feralpi Lonato) e da Alberto Volpi (vicepresidente settore Ambiente dell’Aib).

I futuri scenari occupazionali per il comparto siderurgico-metallurgico bresciano (il 40% della produzione nazionale) sono citati in modo indiretto: le quindici aziende bresciane più energivore aggregatesi nel 2002 nella Seb (comprende le maggiori acciaierie quali Alfa Acciai, Feralpi, Ori Martin, ma anche tre fonderie di ghisa, la Filartex, la Eredi Gnutti Metalli) danno lavoro ad oltre 12 mila dipendenti.

Queste aziende consumano la bellezza di 4,5 miliardi di kilowattora l’anno. Che ha costi sempre più insostenibili: 65 euro a Mwh (il 30% in più di 4 anni fa), contro i 40 euro della Francia, i 32 della Spagna. «E nei paesi emergenti quali Turchia, Algeria, Tunisia, Iran» il costo è ancora minore. Importala dall’estero non conviene: «Prezzi troppo alti ed elettrodotti insufficienti - aggiunge Mora -. La stessa Terna, gestore della rete elettrica, sottolinea il fatto che il 6,5% dell’energia importata in Italia viene dispersa lungo le reti. L’equivalente di 4 centrali di Offlaga.

Per questo è necessario produrre energia vicino alle fonti di consumo». La Seb, proprio per risolvere i suoi problemi di approvvigionamento energetico, 5 anni fa aveva deciso di realizzare una centrale turbogas da 400 Mw a Calvisano, in una zona industriale da riqualificare. «Eravamo già arrivati alle soglie del Via - aggiunge Mora - poi le indicazioni della politica ci hanno costretto a ripiegare su di un unico progetto, quello di Offlaga».

Ecco allora che nel 2005 il progetto della centrale di Offlaga passa da 1600 a 800Mw: si sfila l’Ansaldo, mentre le quote dei proponenti vengono suddivise tra Seb (40%), International Power (40%) e Asm (20%). Salgono sempre più forti le proteste dei comitati e dei 42 sindaci della Bassa, che vedono minacciate le produzioni agricole di pregio e la salute degli abitanti.

«Ma la Bassa - aggiunge Mora - proprio a causa dell’altissima percentuale di allevamenti suinicoli deve affrontare il problema dell’inquinamento dei nitrati contenuti nei reflui animali. In questo senso la centrale di Offlaga potrebbe rappresentare un’opportunità di disinquinamento notevole, proprio perchè accanto alla centrale siamo disposti a realizzare un impianto a biogas che smaltirebbe milioni di quintali di reflui, provvedendo a garantire l’1 percento del gas necessario ad alimentare la centrale (quindi circa 10 milioni di metri cubi, ndr)».

In quanto al rischio inquinamento paventato da comitati e sindaci, altra replica degli acciaieri: il metano è fonte energetica più pulita del carbone o del gasolio e quindi a livello globale diminuiranno le emissioni nocive e l’effetto serra. La combustione del metano genererebbe ossidi d’azoto e anidride carbonica ma non di polveri sottili. Non ci sarà alcun consumo di acqua, visto che la centrale verrebbe raffreddata ad aria.

Insomma, la centrale di Offlaga come «garanzia di tutela» del comparto industriale bresciano, a partire dall’acciaio (40 percento della produzione nazionale) aggiunge Giuseppe Pasini, presidente Feralpi: «Il maggior capitolo di spesa nella produzione di acciaio è rappresentato proprio dai consumi energetici. Toccano il 40% dei costi. La domanda di energia è in costante aumento, non per colpa dell’industria, ma per gli usi civili. Il deficit energetico della nostra provincia è di 8 miliardi di Kwh, che non può di certo essere coperto solo dal potenziamento delle fonti rinnovabili come il fotovoltaico o l’eolico».

Resta però aperta una delicata questione: l’approvvigionamento di metano che l’Italia è costretta ad importare. Senza rigassificatori anche l’industria italiana (e bresciana) non potrà acquistare e il prezioso combustibile dal Sud America - dove costa meno - ma sarà sempre ostaggio di Russia e Algeria, nostri principali fornitori tramite i gasdotti.

Pietro Gorlani
Da bresciaoggi


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