«… Il 22 Giugno 1974, al settantottesimo minuto di una partita di calcio, sono diventato comunista…il risultato non contava, la questione di principio era battere quegli altri per dimostrare una volta per tutte chi fosse il più forte…»
Non che in questi anni ci sia stata una grande scelta. Destra e sinistra si sono giocate tutte le elezioni, non sulla politica, ma sulle contrapposizioni personali. Sulla demonizzazione degli avversari. Una sinistra, incapace di capire il nuovo, si e' resa antipatica proprio per quel suo atteggiamento di supponenza in cui le colpe sono sempre dei cittadini che non sanno dove stanno i buoni e i cattivi. Una lotta tra "puri e onesti" e "impuri ed opportunisti". Tutto, come conclude l'autore, s'e' giocato sull'etica che e' diventata l'unico spazio, l'unico mezzo, l'unico fine della vita pubblica. La politica ha cosi' smesso di fare il proprio mestiere, lasciandolo ai giornalisti "gossippari" e alla magistratura. Il ruolo di formare le classi dirigenti e la pubblica opinione e' passato di mano, forse con non tutte conseguenze negative, perche' i giovani dell'antipolitica e dei partiti hanno avuto la possibilit di scalzare dinosauri che della casta avevano fatto la ragione d'essere.Il futu
Il futuro ci riservera' sorprese, se vincera' la resistenza navigheremo nella palude per molti anni. Ci sono comunque molti segnali che le cose possano cambiare.
Quando l'autore di questo libro,che non ho letto, dice che è tornata l'idea che l'etica sia l'unico spazio, l'unico mezzo, l'unico fine della vita pubblica, farebbe bene a spigarsi sul termine etica in riferimento al soggetto e cioè alla "vita pubblica". Cioè non c'é vita pubblica senza etica, l'etica condiziona la vita pubblica. Che l'etica condizioni la vita pubblica sia un giudizio analitico e cioè che nella "vita pubblica" come soggetto sia già predicato ciò che dice il significato del predicato "l'etica" può essere vero. "La vita pubblica è etica" equivale al giudizio " è tornata l'idea che l'etica sia l'unico spazio (...) della vita pubblica". Ma cosa è l'etica ? È forse l'etica ciò che la sapienza filosofica ha mostrato in origine del senso della Polis ? vediamo se qualcuno mi sa rispondere...
Si costituisce, in seno alla nascita della ragionevolezza, come resistenza della "ragione" alla "prevaricazione": le norme sono la relazione che determinano il senso della "verità", la verità è la garanzia di "salvezza". La ragione è il "tutto" la prevaricazione è la "parte". Fin da Eraclito, ma anche con Eschilo, questo è il senso delle leggi della Polis, leggi che garantiscono la salvezza, questa è l'etica della sapienza antica. Quest'etica, l'etica che sembrerebbe echeggiare nelle parole scritte da Aldo, presuppongono il "vincolo" (ragionevolezza appunto). Il Vincolo è la garanzia o "Verità". Ma se oggi le "Verità" sono al tramonto, e poiché sono al loro tramonto, cosa è "etica" ?
L'Episteme, oggi la scienza si definisce epistemica a torto(ma serve anche per specificarne il contenuto di potenza), è la conoscenza del vincolo che definisce il criterio di Verità nella tradizione filosofica. Ogni vincolo o norma o ragione è questo sguardo che l'episteme getta nei confronti del mondo diveniente. Ma il mondo diveniente non si fa gardare, perché se diviene allora viene dal nulla e questo nulla è inguardabile, che nulla lo può penetrare. il futuro è nulla e ogni teoria non lo penetra, la Verità epistemica, che appunto, come dall'oggetto, è la conoscenza del vincolo, muore.
...muore con essa.
... a questo punto è il senso che diamo del "divenire" delle cose che va messo sotto i nostri riflettori, il pensiero appunto. Per chi crede nell'impossibile divenire delle cose l'altro da sé, il credere impossibile che domina il pensiero occidentale, questo è pensiero è originario di ogni "violenza", perché è pensare l'impossibile appunto(il pensiero violento), il pensiero che crede di potere sull'essere, sull'incontrovertibile esser sé dell'essente e del suo non esser l'altro da sé. Lo stesso pensiero che crede l'impossibile, quando guarda al senso del suo divenire delle cose, vede che queste non divengono l'altro se vogliono essere l'incominciamento (sé) del divenire il risultato (l'altro da sé), ma allo stesso tempo vede che questo lo diviene , vede appunto il contraddittorio, cioè l'impossibile, non vede o vede male, interpreta il divenire come l'uscire e l'entrare delle cose dal nulla e nel nulla.
se conosciamo la cosa come un divenire altro da sé, sappiamo essere mortali. Allora ogni azione che si vuole innocente è, in questo, nocente, perché prevede che questa, l'azione, o conduca o riduca l'essere al niente e la violenza è sempre l'azione di chi crede di potere quando "in verità" non può. In questo solco, nel solco del pensiero che vede l'impossibilità del divenire altro delle cose, l'etica che Aldo richiama, o l'autore, è la massima violenza.
ogni pensiero che dice che "l'essere non è".Lo dice, e nel dire è mortale, lo pensa e nel pensarlo è mortale, ma dice e pensa il Nulla. CHi dice e chi pensa il Nulla, dice e pensa l'essere, questa è la Verità.
...del Mortale, è l'etica che più si libera da quel concetto di etica che i primi filosofi e la tradizione di pensiero ha fondato. Se per essere potente il diveniente, come pensiero del divenire altro da sé di ogni essente, deve liberare e liberarsi della relazione tra l'incominciamento e il risultato del divenire, perché questa relazione soffoca il divenire che dell'incominciante prevede il risultato, allora questa morte della relazione è ciò che di più lontano è il pensiero originario di quell'etica che da Aldo non è vista per quello che è.
...è stata essa a fondare, metafisicamente poi ed ontologicamente prima, questo divenire altro come l'esplicito della costante, ancora implicita nel Mito, dell'uomo Mortale nel divenire altro delle cose.
Quel "come sono diventato comunista" del titolo prende tutta la sua virulenta violenza che gli compete e Giacomino, anche se implicitamente, sta esponendo la Verità.
E' sempre l'autore che parla. In una conferenza ormai famosa tenuta nel 1919, dal titolo : " La politica come professione", Max Weber distingue due mmodi di agire nella pratica politica: 'l'etica dei principi' e 'l'etica della responsabilita''. Nella sostanza chi si comporta secondo l'etica dei principi non tiene conto delle conseguenze delle proprie idee. Cioe': fa delle scelte secondo i suoi ideali, agisce in modo che ritiene giusto, e questo puo' bastare: le conseguenze che ne derivano non interessano. Non rigurdano colui che agisce, riguardano il mondo e la possibile stupidita' degli esseri umani. Riguardano gli altri. Chi agisce secondo l'etica dei principi non si occupa del fatto che a seguito di una decisione giusta le circostanze possano peggiorare; l'importante e' aver preso la decisione giusta in sintonia con i propri ideali. L'etica delle responsabilita', invece, per ogni decisione da prendere tiene conto delle conseguenze prevedibili. Ingloba , nell'idea di giustizia,
anche le conseguenze...Chi fa politica secondo l'etica dei principi, segue le sue idee e tiene conto solo di quelle- in pratica si sottrae a un vero e proprio atto politico; chi fa politica secondo l'etica della responsabilita', si pone ogni volta il problema di cio' che accadra' in seguito alla sua decisione- in pratica mette in atto un'azione politica.
Sono sovrastrutture della struttura originaria di etica o suoi aspetti formali. Ma amici dell'etica dei principi o amici dell'etica della responsabilità, che sta alla base è appunto il discorso indirimente sopra esposto che fa dell'etica la vera violenza.
sempre se è in quest'articolo che ho parlato del "futuro come nulla" (perché non rileggendo potrei confondermi con le risposte date nell'articolo di Seccamani, comunque..), come fa la responsabilità ad esistere se il futuro è nulla ? come può un'etica dirsi responsabile ? responsabile verso un futuro nullo ? come può prendersi ed arrogarsi il diritto di definirsi responsabile ? responsabile di "che cosa"? di una cosa nulla ? di qulche cosa che non c'è ? come può allora dirsi responsabile un'azione che "vuole" vedere il risultato che non può essere visto ?
sia che si tratti di un'etica del principio, che guarda quindi all'origine, sia che si tratti di un'etica della responsabilità, che quindi guarda al futuro, e il passato e il futuro, delle cose che sono,non erano e non saranno. E un'etica così, che vuol essere ciò che non sarà e ciò che non era, è il massimo della violenza se la violenza è volere che le cose divengano altro da sé.
Se si crede nel causalità, ossia che da alcune cause derivino certi effetti in modo necessario, allora l'etica della responsabilità ha senso. Non farei la discussione se l'etica è o non è violenza perché ne andrebbe del rimanere a tema. Qui il tema non è dunque se l'etica è violenza, ma se essa è l'unico argomento o spazio della decisione politica. Ebbene, una vera scelta politica non può essere solo ispirata a certi principi (tutte le decisioni infatti hanno dei presupposti altrimenti non sarebbero decisioni), ma deve prevedere (sistemicamente)anche le conseguenze, almeno deve porsi il problema delle conseguenze. Ogni scelta infatti non può che avere una componente etica dalla doppia faccia, una rivolta ai principi, l'altra alle conseguenze. E questo sempre. Altro discorso è su quale etica ci si voglia basare. E qui dovrebbe valere il valore della vita a dirimere il campo. E' maggiormente etico ciò
che tutela maggiormente la vita. Questo sia come principio che come conseguenze. Allora, è l'etica l'unico spazio di azione politica? No, ma è impossibile che ogni scelta, ogni azione non la comprenda.
Dire di non mettere a tema ciò che sta alla base di ogni tema e che non posto (non mettere significa appunto non porre)diventa quello che si vorrebbe porre inutile o contraddittorio appunto perchè non è tema ogni altro tema che da quello è sorretto ma da quello vuole prescindere, dire appunto che l'etica a prescindere dal mio discorso sulla "violenza" è lo spazio della decisione politica, dove al principio si contrappone la scelta di responsabilità, è dire il nulla, è fare violenza senza nemmeno rendersene conto, proprio perché prescindendo dal mio discorso sul nulla-futuro (responsabilità) o nulla-passato (principio), si può credere di dire Qualcosa, mentre invece si sta "raccontando" il Nulla.
Per l'onda di probabilità o per il principio di Heisemberg, preso uno stato S nessuna teoria può prevedere la conseguente disposizione dello stato in S 1 (dove S 1 è il tempo o futuro dello stato S) e questo per un fondamentale teorema ontologico, il futuro è nulla e il nulla è appunto imprevedibile per sé.Cosa ne consegue ? Ne consegue che un futuro in cui l'etica di responsabilità vuole porre il suo sguardo per dirci cosa oggi fare è un futuro che non sottostà a questa legge ontologica fondamentale. Ma nessuno Scienziato oggi e men che meno nessun filosofo sarebbe disposto a dar ragione a Max Weber su questo punto. Mentre il Max ancora sarebbe stato ascoltato da Einstein.
Ho scritto altre volte che quando si usa la parola violenza è bene specificare cosa si intende. Per il senso comune violenza significa uso della forza fisica contro il prossimo, non importa per quale motivo. Nell'ambito filosofico severiniano il significato è più ampio e comprende la volontà, la fede, il credere che le cose stiano in un certo modo. Quando si scrive, allora, bisogna usare il termine tenendo distinti i due significati, senza ambiguità. Non bisogna nominare una intendendo l'altra. Bisogna quindi avvertire sempre se si intende riferirsi al concetto più ampio altrimenti si confondono le idee invece di chiarirle. Or dunque, se l'articolo parla di etica, definire l'etica come violenza senza fare tutto il discorso filosofico severiniano alla base di tale affermazione, è un tentativo fuorviante oltre che fuori tema. Sia perché si equivoca sulla parola violenza sia perché l'ambito della discussione era all'interno
del concetto di etica non dei suoi fondamenti.
...mi toccherà imparare a cantare per i bambini. Nessun discorso che non specificasse e chiarisse appunto il "Vero termine di Violenza". Bisognerebbe però leggere.Poi si può fare a meno di capire che vicino alle gabbie dell'orso non si va anche se si è imparato a vedere l'Orso Yoghi in televisione. Dire che si equivoca quando il guardiano delle gabbie dice di non avvicinarsi alla gabbia dell'Orso, consentimi è quanto di più fuorviante ci possa stare per la vittima dell'Orso.La tua difesa dell'indifendibile rasenta il patetico.
...di sminuire un argomento indicandone l'origine in una persona, seppur delle dimensioni di Severino, è un altro giochetto antico come la retorica.Che si tratti di Severino, che ha visto per primo quanto sia violenta la nostra conoscenza o si tratti di Pincopallino, la violenza resta tale e se vogliamo parlare di Severino e dei suoi gatti facciamolo pure, mentre se vuoi entrare in argomento è quello che devi espugnare se vuoi obiettare, lasciando in pace i gatti e il loro padrone.
.., questo è un problema tuo. Perché oggi l'insipienza della politica è allora qualcosa che non derubrichi sotto la voce di "violenza" solo per il fatto che non si usi il manganello? Capisci forse meglio così che l'astrazione della voce "violenza" a cui demandi il "tuo" significato di Violenza è il presupposto a ciò che di più violento possa esistere.
Abbiamo gia' affrontato piu' di una volta il tema tra etica e politica: l'istanza etica che riguarda il "bene individuale" e l'istanza politica che riguarda "il bene comune". La domanda da farsi e' allora un'altra: il mondo moderno e il mondo antico affrontano questo tema nello stesso modo? Machiavelli lo affronta come Aristotele? La politica e' una parte dell'etica e l'etica e' il tutto? Se a queste domande si risponde con il Si! come vuole Alessandro, la discussione segue i suoi binari e lui ha ragione di continuare a voler educarci all'antinichilismo. Se la risposta e' invece: tra etica e politica esiste una relazione? E lo Stato come si intromette? Il discorso prende un'altra piega; ed anche alle parole si dovra' dare il significato che gli viene attribuito dall'uso comune.
Le guerre, ogni tipo di guerra, è il minimum della Violenza e nel caso delle guerre non è neppure il cominciamento ma è il risultato. Voler combattere le guerre significa fargli guerra, ogni pacifista sulla terra è un guerrafondaio. Quando parli della forza bruta come Violenza, parli di una parte, seppur evidente, del significato "Violenza". Insistere che su questi fogli è di questo che si tratta, si tratta della Violenza casalinga del padre bruto sulla moglie indifesa significa dire della Violenza quell'aspetto che dell'Orso è l'Orso Yoghi. Forse così ci possiamo capire.
...significa credere che la violenza, quella bruta, sia il "tutto" della Violenza. Questa separazione astratta dell'astratto è l'errore e come tale è il Nulla. Il Nulla per principio è inguardabile intoccabile e insignificante, non è la Violenza. Non vedere della violenza la Violenza può indurci a scrivere pagine e pagine di insignificanza.
Parlare di relazione tra etica e politica è fare filosofia tradizionale, è cercare di "contestualizzare". Ma se le nuove filosofie, cominciando per certi versi dallo stesso Weber, anche se sotto traccia, decontestualizzano, capisci Aldo che cercare una relazione in un mondo frantumato è cercare di violentare (violare) la decontestualizzazione, cosa impossibile.Questa é la "vera" violenza che non riesce, questo tentativo di relazione dove relazione manca è un tentativo destinato all'insuccesso ma è un tentativo che ha il carattere della "vera" violenza. Comunque ascolto volentieri anche la versione del "Senso Comune".
Ascolto anch'io volentieri le versioni della folle vanita'.
Per il Senso comune tutto ciò che per lui non ha senso è folle vanità, lo era per la serva di Talete e lo fu per quella dello Hegel, ma pensa cosa ci hanno svelato del mondo quelle due serve e cos'altro Talete e lo Hegel. Possiamo sempre adeguarci alle serve, ma perché non aspirare alle vette?
Non e' solo una questione di serve! Aristotele dira' che Parmenide e' folle. Forse anche Aristotele nel suo intimo rimaneva una serva.
Questo giudizio è destino e quindi inattaccabile. ;-)
...che l'Ontologia si apre con quel passo di Parmenide "l'Essere è" e lì si chiude anche, poi per altre vie critiche a Parmenide si giungerà alla stessa conclusione sia da parte di Platone che da parte di Aristotele, ma l'immediato esser sé dell'essente o che l'essere è è per sé noto e non per altro è aperto e concluso in quelle due parole. Che Aristotele consideri folle Parmenide ci sta e in questo Aristotele è la serva, ma la sua filosofia è una grandiosa conferma di quel dettato, pur cercando e, in certo qual modo, riuscendo a giustificare l'esistenza delle cose tutte.
Non mi sembra di aver mai negato che sia la volontà come fede è violenza sia la forza bruta. Quindi la tua replica sfonda una porta aperta, caro Dru. La mia critica invece è rivolta al fatto che si gioca con i due significati, uno più ristretto (quello del senso comune) ed uno più ampio (quello filosofico severiniano) che comprende sì il primo, ma la cui comprensione prevede un approfondimento che non sempre è dell'interlocutore a cui ti rivolgi. Quindi il dire l'uno mentre si intende l'altro è fuorviante per differenza di codici interpretativi, l'uno del senso comune, l'altro di chi ha approfondito, tanto che pensano di parlare della stessa cosa ma in concreto non lo fanno e non si capiscono. Ora, la questione dell'articolo di Aldo è sottile e tocca, lo riconosco, il tema della debolezza, in un mondo tecnico e tecnologico, di chi si rifugia nell'etica, come mondo a sé dove affermare comunque la propria
superiorità morale. Fare questa operazione significa ignorare che le basi del pensiero occidentale, quelle inconsce, prevedono la distruzione di tutti quegli appigli, derivanti dagli immutabili, che si esprimono poi nel senso etico e morale del mondo. Ecco allora che emerge la consapevolezza di aver combattuto con i mezzi sbagliati, una guerra in cui il voler far prevalere i propri valori è sempre e comunque una guerra. Strano e irrimediabile destino.
È una tua interpretazione appunto. Per questo dico, come Anassimandro,"ora mi tocca imparare a cantare per i bambini".
E quindi inattaccabile.
Così mi rendete felice, grazie.
e nacessario. critico,umile(ma come piace a mè)ma pieno di speranza e di tenacia.niente è mai veramente perduto se abbiamo la capacità-umiltà di guardare "i cocci" di spazzarli via e di ricominciare..tenendo da conto il buono e integro che si è salvato.. grazie signor Vaglia..
ti piacerà molto la parte che ,in un certo senso,chiede scusa al berlu. soprattutto che ne parla come avremmo sempre dovuto parlarne..anche io.ovvio. è questo che mi piace della sinistra nonostante il suo "senso di superiorità":"forma "persone sensibili ,che chiedono scusa, perchè "si riconoscono" nelle debolezze dei loro "nemici".. quando racconta (e critica nel modo giusto)la "porcata" di essersi intrufolato in una festa di AN,ha continuato a frullarmi in testa l'aforisma di pontiggia..
enfatizzati negli altri i difetti che temiamo di avere..saluti..
Mi fa piacere che l'articolo ti abbia stuzzicato la lettura del libro; una buona lettura non e' mai tempo sprecato. Ciao
accidenti alla mia memoria inaffidabile! la frase giusta è:riluttiamo ad accettare,ingigantiti negli altri,i difetti che temiamo di avere..baci ciao ...buon ferragosto
Destra e sinistra sono scatole vuote Nei prossimi mesi un’overdose di dichiarazioni su destra e sinistra, su ladri e comunisti, conservatori e riformisti,liberisti e statalisti, ingorgherà il dibattito politico e sarà tanto più urlata quanto meno gli schieramenti politici avranno da proporre discussioni sensate
La politica tra rottamazione e restauro Non una questione di destra o sinistra e nemmeno di antichit e modernit, un buon restauro a volte migliore della sostituzione con prodotti di bassa qualit
Che cosè la destra che cosè la sinistra Beppe Grillo parafrasando Gaber, confonde il suo credo con le parole dissacranti del grande esistenzialista, deluso da una sinistra entrata in politica per non differenziarsi affatto dalla destra
La social democrazia italiana Mi stimola sviluppare un argomento che vede la sinistra italiana ingarbugliarsi in una ricerca infruttuosa di formule da altri sperimentate con successo e che per lei sono sempre state un fallimento
Europa Sì! Europa No! Ciò che si può nascondere in Italia diventa evidente quando si esce dai confini nazionali.
Quali compagni di strada si troveranno i populismi nel parlamento europeo è facile da prevedere ed immaginare.
La famiglia di Aldo Vaglia ringrazia tutte le persone che hanno voluto testimoniare il loro affetto e vicinanza con i loro interventi e commenti su Vallesabbianews
(2)Da alcuni anni Aldo Vaglia curava una sua seguitissima rubrica con la quale si era ritagliato uno spazio di opinionista. Ma il gusto per il confronto serrato delle diverse idee erano nel suo Dna
(9)Negli anni tra le due guerre un astronomo dilettante Bresciano, Giovanni Paneroni nato a Rudiano, percorreva la città e la provincia, con il suo carretto da gelataio, al grido: “la terra non gira o bestie!”
(11)Può definirsi storico e il preludio di altri trattati sulle emissioni di gas serra quanto è accaduto a Pechino in questi giorni tra Obama e Xi Jinping
(3)Tre casi esemplari quelli che in nome della difesa dell’ambiente e del territorio hanno visto trionfare l’immobilismo e condannare la ricerca di fonti energetiche alternative e rinnovabili..
(55)Vanta titoli che non possiede, spaccia Master per Dottorati, è laureata in filosofia e non in fisica; è il duro attacco del giornale americano “New Yorker” alla passionaria indiana della lotta agli OGM. Dipinta come una ciarlatana non scientifica
(10)Su serie questioni di risparmi e di produzione di energie alternative, che non dovrebbero vedere fronti contrapposti, si innescano polemiche strumentali sull’uso disinvolto di due parole: biologico ed ecologico
(10)Entrambi i termini dovrebbero avere connotazioni negative, tanto da essere il più delle volte assimilati, ma Claudio Magris sul “Corriere della Sera” salva gli egoisti e condanna gli egocentrici
(20)Fare bene le cose senza pretendere l’ottimo e la perfezione è la morale di questo aforisma di Voltaire. Perché e’ impossibile vivere nel migliore dei mondi, si può solo “coltivare il nostro giardino”
(9)Spianare le montagne è stata nei secoli l’aspirazione dell’uomo. Poeti e bambini sono di parere diverso: “sempre caro mi fu quest’ermo colle…” è l’incipit del poeta; favole e ricordi più belli dei bambini, hanno sempre a protagonisti boschi e montagne
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ID47246 - 16/07/2014 07:59:48 - (Giacomino) - Pure io in quell'anno
mi stavo avvicinando troppo alla sinistra che credevo depositaria dell'unico modo possibile di fare una politica che andasse bene sopratutto alle classi più in basso, mi fermò mio padre che aveva fatto la terza elementare con una frase che mi illuminò, ricordati mi disse, che le idee possono tutte essere buone ma le ideologie sono tutte cattive. In seguito abbastanza presto scoprii che anche il mondo della cosidetta sinistra era pieno di impostori solo capaci a fare delle chiacchiere.