30 Gennaio 2020, 07.45
L'opinione

La difesa dei patrii confini

di Valsabbin* Refrattar*

È grazie alla grande abbuffata di retorica degli ultimi anni, in cui si è commemorato il centenario dell’inizio e fine della prima guerra mondiale che abbiamo cominciato a sviluppare alcune riflessioni...

Dossier Storia e Memoria

...sul rapporto stretto tra storia, memoria e loro mistificazioni

Questi ragionamenti, i tanti fatti recenti di cronaca, le ricorrenze istituzionali della giornata della memoria e del giorno del ricordo e, lo scorso 1° settembre, degli ottanta anni dall’inizio della seconda guerra mondiale, ci hanno portato a mettere nero su bianco tutti questi pensieri.

E l’abbiamo fatto attraverso alcuni articoli che hanno l’intento di ristabilire una narrazione di quei fatti non dal punto di vista memonico o evocativo ma da quello storico, e perché no politico, cercando collegamenti con attualità e con alcuni fatti ed eventi dei nostri paesi, con l’obbiettivo forse presuntuoso di mettere il semino del dubbio all’interno dei vostri pensieri.

Questi articoli tratteranno in serie la retorica legata ad alcuni slogan o frasi tipiche di una certa oratoria quali la difesa dei patrii confini, il concetto di patria e patrioti o italiani brava gente, ma tratteranno anche la giornata del ricordo e il tema delle foibe.

Partiamo quindi con il concetto di difesa dei patrii confini
, frase tipica dei discorsi pubblici pronunciati durante le commemorazioni dei caduti delle varie guerre fatti dalle varie forze d’arme e nostalgici vari ma anche della propaganda di tutti i partiti di destra che basano sul fondamento identitario la loro propaganda e le loro speculazioni politiche.

Ma vediamo quali confini l’Italia ha davvero difeso dal 17 marzo 1861 giorno in cui, con atto formale, il Regno di Sardegna e il suo re Vittorio Emanuele II sancì la nascita del Regno d’Italia.

Le prime guerre che l’allora regno italiano intraprese, oltre all’epopea garibaldina del 1866 che a fronte di tanti volontari idealisti vide l’invasione delle terre trentine o tirolesi che storicamente non possono essere considerate italiane, vanno inserite nel fenomeno tipicamente ottocentesco del colonialismo.

Nel 1869 ebbe inizio una lunga serie di guerre volte all’espansione coloniale italiana, con l’occupazione della baia di Assab in Eritrea, proseguendo nel 1889 con la Somalia definita poi colonia nel 1905, e con la ricerca del posto al sole in Libia all’epoca colonia ottomana, con la guerra italo-turca del 1911 e proseguita nel 1912 con la guerra per l’occupazione delle isole del mare Egeo.

La grande mistificazione è stata poi attuata con la prima guerra mondiale, quando a fronte di accordi con gli stati alleati (oggi noti) che avrebbero concesso Trento e Trieste in caso di dichiarazione di neutralità, l’Italia entrò in guerra contro il suo alleato, l’impero austro ungherese.

Questa decisione, oggi sappiamo essere stata fortemente voluta dai poteri economici che vedevano nella guerra una grande occasione di aumentare i propri profitti e di direzionare le energie delle rivendicazioni sociali allora molto pressanti.

E i grandi discorsi retorici particolarmente presenti negli anni del centenario ci hanno veramente nauseati perché sappiamo bene quale fosse il sentimento patriottico che animava le genti dei nostri paesi, ovvero inesistente; forse qualche borghese o commerciante che poteva vedere aumentati i guadagni non certo i contadini, che al tempo erano la maggior parte della popolazione e che erano privi di un qualsiasi sentimento o di nozione concettuale di patria e che, erano ben consci del “guadagno” che avrebbero ottenuto dalla guerra.

Dopo il macello della prima guerra mondiale, l’instaurazione del fascismo ha dato il via ad una serie di politiche nazionaliste che meriterebbero tante riflessioni e alcuni articoli ad hoc e che portarono ad una sequela di invasioni territoriali che descriviamo di seguito.

Verso la fine degli anni 20
venne completata la conquista della Libia e nel 1928 vennero fatte incursioni per la conquista dell’entroterra etiope.
Nel 1936, venne poi inviato un contingente a sostegno delle truppe di Franco nella guerra civile spagnola e tra il 1939-40 le truppe italiane, seguirono le sorti della seconda guerra mondiale, occupando militarmente stati liberi come l’Albania nel 1939, o l’infamia rappresentata dall’invasione delle Francia nel 1940, della Jugoslavia o della Grecia.

Altro aspetto molto importante per il coinvolgimento di valligiani e che ci ha riconsegnato un grande immaginario è rappresentato dall’invio del contingente italiano in Russia a fianco degli alleati germanici e rumeni, invio conseguente all’operazione Barbarossa, che tratteremo in modo più specifico negli altri articoli.
Difficile pensare alla Russia come italico suolo.

Se da un lato possiamo inquadrare storicamente il fenomeno del colonialismo e dare il giusto giudizio politico al ventennio fascista, oggi non possiamo che dare un giudizio di condanna di quel fenomeno e dei presupposti su cui si fonda e pertanto non possiamo considerare “patrio” un territorio occupato per lo sfruttamento delle genti e delle risorse naturali e quindi possiamo certamente dire che nessuna di queste guerre sia stata condotta in difesa ma tutte in offesa.

Pertanto, quando l’Italia ha difeso i propri confini?

Possiamo certamente dire che siano stati difesi dai Partigiani sia prima che dopo l’8 settembre del 1943 durante l’occupazione nazista supportata dagli alleati fascisti dello stato fantoccio chiamato repubblica sociale italiana.
Idea stessa di confine ben superata da una buona parte dei Partigiani, con l'esperienza della guerra di Spagna ma anche dei 20 anni di politiche nazionaliste e identitarie.

Possiamo dire che
siano stati difesi dai disertori renitenti, sabotatori che forse nemmeno avevano il concetto di patria nelle proprie teste e che, con grande sacrificio, si opposero nei mezzi e nei modi alle guerre sopracitate e anche alle altre.

E inserendoci temporaneamente in questa logica di patrie e confini, vogliamo aggiungere che ci furono altri, oggi italiani, che una volta difesero i propri confini da truppe invasori.
Furono le genti trentine, triestine e tirolesi, che a seguito del tradimento italiano e della conseguente dichiarazione di guerra all’impero austro ungarico nel 1915, (già chiamati alle armi sui fronti galiziani e russi nel 1914), per effetto del Landlibell stipulato nel 1511 da Massimiliano I d’Asburgo furono richiamate a difendere i propri paesi, o forse meglio il proprio Heimat, fino alla fine della guerra.
Popoli assoggettati poi al regno italiano con tutti i soprusi e le contraddizioni conseguenti. Ma anche questa è un’altra storia.

Come conclusione possiamo dire che la difesa dei patrii confini o forse meglio la difesa della propria libertà, storicamente è stata attuata verso quel cancro chiamato nazionalismo che divora e divide genti uguali fomentando l’odio basato su supposte diversità e verso i poteri economici che da sempre hanno visto nella guerra e nella propaganda nazionalista un’occasione per aumentare i propri profitti.

E consci di ciò non possiamo che augurarci un mondo senza confini, patrie e frontiere dove nessuno è straniero.

Al prossimo articolo.

Valsabbin* Refrattar*
Dossier Storia e Memoria




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